Ettore Conti
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Sono pronto a scommettere che la maggior parte degli allievi dell’Ettore Conti, l’istituto tecnico industriale statale di via A. de Vincenti (e la succursale – liceo scientifico di via Ugo Betti) che portano il suo nome, non si sia mai posto il problema di sapere chi fosse questo ignoto personaggio.
(TRATTO DALLA STORIA DELL’ISTITUTO)
“L’origine risale al 1922, quando l’industriale milanese Ettore Conti istituisce presso la Scuola di Incoraggiamento d’Arti e Mestieri di via S. Marta, una scuola superiore serale, destinata alla formazione di capi-tecnici, capi-reparto, aiuto-ingegneri e simili. Il 1° ottobre 1942 nasce, presso la stessa sede e con le stesse specializzazioni, l’Istituto diurno statale “Ettore Conti”; il Decreto Legge del 12 aprile 1946 ne sancisce definitivamente l’esistenza.” ……. “La storica sede di Via Santa Marta, non più adatta ad accogliere il crescente numero di studenti, negli anni ’60 viene sostituita con la costruzione di un nuovo imponente complesso in una zona della città in quegli anni in pieno sviluppo e, quasi a sottolineare la vocazione dell’Istituto, vicina sia a grandi complessi aziendali, come l’Alfa Romeo e, più tardi, l’Italtel, sia a quella straordinaria vetrina di innovazioni tecniche che fu per anni la Fiera Campionaria di Milano. La nuova sede permette di ampliare tutti i laboratori, attrezzandoli con strumenti all’avanguardia, spesso donati dalle stesse aziende con cui la scuola collabora, come avviene dopo la morte del fondatore, quando, per onorarne la memoria e per espressa volontà degli eredi, la ditta ICAR fornisce all’Istituto sofisticate apparecchiature elettrotecniche”. …..[rif. www.ettoreconti.edu.it]
A parte l’intestazione dell’istituto tecnico e del liceo, Ettore Conti è uno dei tanti milanesi, un tempo illustri, e oggi ingiustamente dimenticato anche dalle stesse istituzioni cittadine. Il suo nome non risulta fra i personaggi illustri della città, iscritti cioè al Famedio, né sembra che Milano gli abbia mai voluto dedicare una strada (nemmeno in periferia), quasi a voler volutamente cancellare dalla memoria, qualunque riferimento al soggetto. Ed è tutto dire perché, come vedremo, non pare proprio essere una figura di secondo piano, se non altro per il suo mecenatismo. Ignoranza o colpevole dimenticanza? Probabilmente nessuna delle due, la motivazione, probabilmente, al solito, è solo politica!
Eppure quella di Ettore Conti, conte di Verampio (Val d’Ossola), nonché ingegnere, politico, imprenditore, dirigente d’azienda e mecenate, non è stata una vita qualunque, non degna di menzione, anzi, direi esattamente il contrario! Basta scorrere le note in fondo a questo articolo, per rendersi conto di chi sto parlando. Purtroppo, nel fare queste ricerche sul suo conto, io stesso ho avuto parecchie difficoltà a reperire le informazioni (spesso molto frammentarie), sia perché sono davvero pochi i siti internet che parlano di lui, sia perché oggi è praticamente impossibile trovare in libreria biografie che lo riguardino, nonostante ricorra proprio quest’anno il cinquantesimo anniversario della sua morte! Anche cercando informazioni su di lui nelle varie biblioteche di Milano, esiste una sola copia di una sua biografia datata 1971, disponibile presso il deposito Deledda (naturalmente già prenotata e attualmente già in prestito a qualche lettore).
Perché ne voglio parlare? Beh, almeno per tre motivi: anzitutto perché, pur essendo di modeste origini, è un soggetto che si è fatto da sé, diventando il primo vero magnate dell’industria elettrica italiana; in secondo luogo, perché non è da tutti arrivare al traguardo dei 100 anni (è morto infatti che ne aveva 101 suonati); ed infine. perché il suo cenotafio è nella basilica di Santa Maria delle Grazie, a pochi passi dall’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, in una Cappella, che porta proprio il suo nome! Penso che queste tre motivazioni, e in particolare l’ultima, siano elementi più che sufficienti per stimolare la curiosità di chiunque!
Ma vediamo di conoscere un po’ la sua storia (per quanto mi è stato possibile ricostruirla):
I suoi primi anni
Ettore nacque a Milano il 24 aprile 1871 da Carlo Conti, modesto negoziante, tappezziere e fabbricante di mobili e da Giuseppina Palazzoli, casalinga. Aveva sicuramente almeno due sorelle ed un fratello probabilmente più giovani di lui (le informazioni al riguardo, sono molto scarse). La sua famiglia, in quegli anni, abitava non lontano dai Giardini Pubblici, in una casa di Corso Venezia, ove, probabilmente, il padre aveva anche il suo laboratorio.
Completati gli studi liceali, a conclusione dei quali, aveva fatto, nel 1888, anche un anno di volontariato nel reggimento Nizza Cavalleria, si iscrisse all’Istituto tecnico superiore di Milano (poi Politecnico), conseguendo nel 1894, a soli 23 anni, la laurea in ingegneria civile. Fra i suoi compagni di studi, ebbe alcuni fra i maggiori futuri protagonisti dell’industria elettrica italiana, tutti giovani brillanti che, a vario titolo, avrebbero, soprattutto nei primi anni, collaborato con lui alla realizzazione di importanti società tecnico-commerciali. Fra questi:
- Giuseppe Gadda, (che, sposando Matilde, sorella di Ettore, sarebbe poi diventato anche suo cognato) laureato in ingegneria industriale (sezione elettricisti);
- Giacinto Motta, ingegnere elettricista (oggi diremmo ingegnere elettrotecnico), passato dall’insegnamento al Politecnico, ai vertici della Società Edison;
- Carlo Clerici, pure lui ingegnere elettricista, futuro presidente dell’OSRAM.
Studiando al Politecnico, Ettore Conti aveva avuto modo di frequentare l’istituto di elettrotecnica “Carlo Erba”, settore di punta della scuola politecnica milanese e di conoscere personalmente l’ing. Giuseppe Colombo, (futuro direttore dell’istituto dal 1897), uno dei maggiori pionieri dell’elettrotecnica e dell’industria elettrica italiana. Questi, dopo aver promosso nel 1881, un Comitato per l’applicazione dell’elettricità sistema Edison in Italia, nel giugno 1883, aveva creato a Milano, la centrale termoelettrica di via Santa Radegonda (la prima dell’Europa continentale), unitamente alla prima piccola rete di distribuzione dell’energia elettrica, a scopo di illuminazione, limitata ad alcuni esercizi commerciali e teatri del centro , istituendo poi, nel gennaio 1884, la Edison come società anonima.
Ndr. – Con il sistema Edison a corrente continua, la centrale di via Santa Radegonda prevedeva 4 dinamo “Jumbo” – capaci ognuna di erogare fra i 120 ed i 140 Cv di potenza pari a 1000-1200 lampade a incandescenza da 16 candele alimentate a circa 100 volt. La centrale dava energia per l’illuminazione elettrica di esercizi commerciali nelle vicinanze di Piazza del Duomo – tra i quali il Caffè Biffi ed i magazzini Bocconi (oggi La Rinascente) – del Teatro Manzoni in piazza San Fedele e, dalla fine del 1883, del Teatro alla Scala.
E fu proprio a partire dalla Edison, che Conti iniziò la sua scalata sociale. Ma, a differenza di quanto si possa immaginare, non si fece assumere direttamente dall’azienda, ma anzi, si trovò, senza volerlo, ad essere in concorrenza con la stessa!
La fondazione della prima Società
Infatti, fresco di laurea, non perse tempo e, oltre ad ottenere subito l’insegnamento di Scienza delle costruzioni al Politecnico (cosa che avrebbe continuato a fare per diversi anni a venire), quello stesso anno (1894), fondò, insieme all’amico Carlo Clerici la “Clerici e Conti”, una società in accomandita per la distribuzione dell’energia elettrica in alcuni quartieri di Milano. All’inizio, (ma solo i primissimi tempi), i due giovani non pensavano minimamente di fare concorrenza alla Edison, ma di lavorare in parallelo, in maniera totalmente indipendente.
ALCUNE PRECISAZIONI
La società in accomandita è una forma giuridica ideale per le piccole imprese. Questo tipo di azienda non richiede capitale minimo. Mediante le varie responsabilità (gli accomandatari rispondono in modo solidale e illimitatamente, gli accomandanti limitatamente), anche gli investitori esterni possono essere coinvolti.
La società in accomandita viene scelta di solito quando una società in nome collettivo necessita di fondi propri supplementari. Allo stesso modo questa forma giuridica si presta per i mutuanti con responsabilità limitata nella gestione amministrativa.
La forma societaria viene scelta in anticipo nel momento in cui la ditta individuale o la società in nome collettivo necessita di mezzi propri supplementari, senza che la direzione aziendale debba essere allargata di un nuovo membro.
Vantaggi
- Per la costituzione di una società in accomandita non è richiesto un capitale minimo.
- In presenza di obbligazioni, la società risponde come prima cosa con il patrimonio societario.
- Gli accomandanti (investitori e fornitori di capitale) rispondono con responsabilità sussidiaria e solidale, ma solo nell’entità del capitale accomandato.
- La direzione operativa si distingue chiaramente dagli investitori finanziari.
Svantaggi
- Gli accomandatari rispondono in modo sussidiario, solidale e illimitato.
- Sia accomandatari che accomandanti, una volta lasciata la società, sono responsabili per altri cinque anni.
- Gli accomandatari sottostanno alla procedura fallimentare.
Non la pensava così evidentemente la Edison, che si preoccupò subito di togliere di mezzo ogni possibile concorrenza. La “Clerici e Conti”, che allora aveva sede in via Principe Umberto, (oggi via Turati), venne infatti, già nel febbraio successivo (1895) acquistata (pare per 81.000 lire) dalla Edison, che, assumendo i suoi accomandatari, cambiò la propria denominazione in “Società Edison, ing. Clerici & C.”.
Ettore Conti, co-titolare della piccola società assorbita, entrò così fin da subito, già in posizione di rilievo, nella direzione tecnico-amministrativa del nuovo ente. Dovendo reperire la clientela per il collocamento dell’energia (in previsione delle grandi disponibilità conseguenti alla prossima attivazione dell’impianto idroelettrico di Paderno sull’Adda), fu incaricato di disegnare una grande pianta delle industrie presenti in città, per l’individuazione di tutti gli opifici che, sostituendo gli esistenti impianti a vapore o a gas con equivalenti macchinari elettrici, avrebbero tratto vantaggi reali dall’uso della nuova fonte di energia. Iniziò così, le trattative con varie aziende, a caccia di potenziali clienti. Nello svolgere quest’attività, si rese comunque immediatamente conto sia del grande potenziale offerto dall’energia elettrica, che delle enormi inesplorate possibilità di mercato, in questo nuovo settore. Col tempo, probabilmente tutti si sarebbero adeguati all’uso di questa nuova fonte energetica, preferendo al minor costo del gas, la comodità e la sicurezza offerte dall’elettricità.
A suo modo di vedere, la politica di “corteggiamento” della “Società Edison, ing. Clerici & C.” a tutti i grossi utenti, a cominciare dalle aziende, teatri, banche, uffici pubblici, grandi magazzini (nella speranza di farli suoi clienti), stava trascurando tutta la numerosissima clientela degli impianti di piccola entità come le case private, i caffè, i bar, i negozi e le tantissime botteghe artigiane che, grazie proprio all’illuminazione elettrica, avrebbero potuto, ad esempio, prolungare l’orario di apertura degli esercizi commerciali. Ed era proprio su questi ultimi, che lui intendeva puntare, un mercato davvero senza limiti …. Naturalmente, per poter disporre di energia sufficiente per tutti, ci sarebbe stata la necessità di creare tante nuove centrali elettriche, da costruire in zone comunque lontane dalla città, in aree impervie di montagna, per poter pure sfruttare meglio i salti dei corsi d’acqua …. poi i macchinari per la generazione dell’elettricità …. quindi, il trasporto della la corrente generata dalle centrali, dal luogo di produzione, a quella di utilizzo …. ed infine il materiale di consumo (lampade ecc) …. bastava creare, per ognuna di queste realtà, una società distinta …. alla fine sarebbero state l’una al servizio dell’altra.
Molto ambizioso, arguto, indubbiamente brillante, con spiccato spirito imprenditoriale, consapevole delle proprie capacità e del valore delle proprie intuizioni, energico, dotato di eccellenti qualità manageriali, Ettore Conti non rimase a lungo nella “Edison, ing. Clerici & C.”. Limitatamente all’uso dell’energia elettrica per sola illuminazione, c’era il fiorentissimo mercato delle lampadine (che fra l’altro, allora si bruciavano dopo poche ore di funzionamento …. quindi la loro fabbricazione era indubbiamente fonte di enormi guadagni). Già ai primi di aprile del 1897, infatti, sempre con l’amico ing. Carlo Clerici (in unione con la Edison), fondò una nuova società, sempre a Milano: la “Edison per la fabbricazione delle lampade Ing. Clerici & C.”. L’amico Clerici, tecnico molto valido, vantava personali conoscenze con l’inventore statunitense Thomas Edison, dal quale sfruttò il brevetto per la lampada a filamento metallico utilizzando la nuova tecnologia del vuoto nell’ampolla inventata dall’italiano Arturo Malignani. Iniziò proprio così, a Milano, quell’anno, la storia dell’ OSRAM, la notissima fabbrica di lampadine!
CURIOSITA’
OSRAM, è il nome ottenuto dalle prime due lettere di OSmium (osmio) e dalle ultime tre di wolfRAM (wolframio ovvero tungsteno), i due metalli che costituivano il filamento delle lampadine.
In tutto questo turbinio di attività, trovò naturalmente anche il tempo di innamorarsi ed il 19 maggio di quello stesso anno (1897), il ventiseienne Ettore Conti convolò a nozze con Gianna Casati, figlia dei conti Casati, sei anni più giovane di lui. Andò ad abitare con lei, in un appartamento di via Cappuccio.
Soggetto indubbiamente pieno di iniziative, constatata la carenza di produzione di materiali elettrici in Italia, assieme all’amico Clerici e al cognato Giuseppe Gadda (cugino dello scrittore Carlo Emilio Gadda) trasformarono una piccola azienda familiare di Emilio Belloni nell’accomandita Belloni & Gadda. Poco dopo fondò un’altra accomandita, la “Gadda & Conti”, società che avrebbe costruito i macchinari elettrici per le centrali di mezza Italia, e che successivamente, sarebbe stata acquisita dalla Tecnomasio Italiano Brown Boveri (TIBB).
Sempre con l’amico Carlo Clerici, fondò nel 1901, la Società per Imprese Elettriche Conti & C., che diresse fino al 1926. Questa fu la prima impresa in Italia, a realizzare il trasporto di energia elettrica a grandi distanze, ad utilizzare grandi cadute d’acqua e ad attuare lo sfruttamento completo di un bacino, collaborando, per la realizzazione dei vari impianti, con le migliori aziende allora presenti sul mercato (la TIBB per i macchinari elettrici, la Riva per le turbine, e la Umberto Girola per le opere civili).
Nel 1905 fonda altre società elettriche: l’Orobia (1905), la Riviera di Ponente R. Negri (24 marzo 1905), l’Adamello (1907), l’Idroelettrica ligure.
Nel 1908, la Conti & C. costruì la sua nuova sede societaria in corso Magenta 84, nel terreno attiguo alla casa della famiglia Conti, che nel frattempo si era trasferita (come abitazione) in via Aurelio Saffi 25. L’edificio di Corso Magenta, progettato da Gian Battista Bossi, fu completato nel 1913.
Fedele al suo motto “Agere, non loqui” (cioè Fare e non parlare), con le sue imprese, nel primo Novecento, Ettore Conti costruì molte centrali idroelettriche nelle valli alpine, dalla val d’Ossola all’Adamello. Per il progetto di quasi tutte le sue centrali, si avvalse della collaborazione del giovane architetto Piero Portaluppi (1888 – 1967), che, laureatosi a Milano nel 1910, tre anni dopo, sarebbe diventato pure suo genero sposandone la nipote, Lia Baglia (che Conti avrebbe adottato come figlia ex sorore, nel 1939). Dopo i primi piccoli lavori – decorazioni di facciate e alcune tombe – nel 1912, Portaluppi cominciò la sua lunga collaborazione con Ettore Conti, diventato nel frattempo, figura decisamente di primo piano dell’imprenditoria elettrica italiana.
L’architetto, tra il 1912 e il 1930, progettò per conto delle Imprese elettriche Conti, o per le società ad essa collegate, numerose centrali idroelettriche, localizzate soprattutto nella val Formazza. Tra queste, le più famose a Verampio (1912-1917), Valdo (1920-1923), Crevoladossola (1923-1924), Cadarese (1925-1929). Per la Azienda Elettrica Municipale di Milano, realizzò pure la centrale di Grosio (1918-1920).
Conti, Senatore del Regno
Nel 1919, Ettore Conti, ormai quarantottenne, venne eletto Senatore del Regno d’Italia, andandosi a sedere fra le fila dei conservatori. Fu proprio quella nomina che, in previsione di cene e feste di rappresentanza dovute al suo nuovo importante ruolo, lo spinse a cercare una casa più grande di quella di via Aurelio Saffi 25, dove si era trasferito con Gianna Casati, da qualche anno. La scelta ricadde proprio a pochi passi da casa sua: era la casa degli Atellani, in Corso Magenta 65, edificio di tradizione pluri-secolare, a due passi dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie, casa che, affonda le sue radici nella Milano ai tempi di Ludovico il Moro. Pur essendo un po’ malandata, con una opportuna ristrutturazione, sarebbe diventata la nuova abitazione per la sua famiglia e sicuramente più adeguata per le sue nuove esigenze.
QUATTROCENTOQUARANT’ANNI PRIMA …..
Siamo nel 1480: Ludovico il Moro, allora reggente a Milano, sognava di creare un quartiere residenziale, non lontano dal Castello, dove tutti i suoi uomini più fedeli, potessero trovare un adeguato alloggio.
Nel 1490, dopo aver acquistato un terreno con due case vicine, una grande e l’altra più piccola, pensò di regalarle con una parte di giardino al nobile cavaliere Giacometto della Tela, suo fidato scudiero, capostipite di una lunga dinastia. Le case erano situate lungo il Borgo delle Grazie, l’attuale Corso Magenta. I Della Tela, originari del Comune di Atella, in Basilicata, giunti a Milano come diplomatici nel tardo 400, erano diventati cortigiani di Ludovico il Moro.
Le novelle di Matteo Bandello, e alcuni affreschi ritrovati, durante i restauri, ci parlano di queste case e del bellissimo giardino di quel tempo, come uno dei luoghi preferiti di ritrovo della mondanità di quel periodo di dominio del casato degli Sforza.
Leonardo da Vinci che dal 1482 era a Milano, lavorando all’Ultima Cena per conto di Ludovico il Moro, ebbe da lui in regalo nel 1498, una vigna nell’area attigua al terreno ove sorgevano le due case che il Moro aveva donato a Giacometto della Tela. Si trattava di un terreno di quasi sedici pertiche, oltre un ettaro. In punto di morte Leonardo, nel 1519, lasciò metà della stessa a un servitore e l’altra metà al suo allievo prediletto Giacomo Caprotti, detto il Salaì. Mentre, successivamente il servitore cedette il suo terreno a un monastero lì vicino, alla morte del Salai, dopo vari passaggi di proprietà la parte della vigna di sua spettanza finì ad un erede di Giacometto della Tela, rimanendo quindi incluso nel perimetro dell’attuale giardino di casa degli Atellani.
Le case, rimasero di proprietà della famiglia Atellani fino al XVII secolo. Successivamente, vennero acquistate dai Conti Taverna, poi dai Pianca (che nel 1823 operarono la ristrutturazione della facciata in stile neoclassico), e per ultimo, dai marchesi Martini di Cigala. Col passare del tempo e la mancanza di manutenzone, le case finirono presto nello stato di più totale abbandono.
Gianna Casati, non parve particolarmente entusiasta all’idea, quando il marito la portò, la prima volta a visitare quella casa, proponendole di andare ad abitare lì. “Non vorrai che noi si venga a vivere in questa topaia…” pare lo abbia così apostrofato sua moglie, decisamente indispettita, frase questa che resterà celebre negli anni a venire. Lei cercava, poverina, di dissuadere il marito da quel progetto, senza immaginare che lui, a sua insaputa, aveva già firmato l’acquisto di quell’immobile! Ettore, in quell’occasione, fece orecchio da mercante … quello era un segreto, glielo avrebbe svelato in seguito ….. poi come sempre accade, ….. per amore, lei pur riluttante, alla fine accettò.
Ettore Conti, aveva deciso di affidare al genero, Piero Portaluppi, allora ancora all’inizio della sua carriera, l’incarico del progetto di restauro. Fu quindi l’architetto a trasformare quelle, che inizialmente erano due case, in una unica dimora di sua assoluta invenzione, abbattendo il muro che separava le corti preesistenti. Una corte era quattrocentesca e l’altra, “bramantesca”, del primo cinquecento! Le unì, grazie ad un nuovo atrio porticato, sotto il quale previde l’ingresso all’appartamento padronale. In fondo al primo cortile, vennero riportati alla luce affreschi, probabilmente realizzati nel 1533, in occasione del matrimonio fra Francesco II Sforza e Cristina di Danimarca. Man mano che, procedendo i lavori di restauro, riaffioravano gli affreschi degli ambienti rinascimentali ed i magnifici soffitti cinquecenteschi dei saloni, pareva quasi di tornare a rivivere le festose atmosfere di balli e banchetti di un tempo, tanto decantati dal Matteo Bandello. Una residenza patrizia quella, di tutto rispetto, assiduamente frequentata dal duca Ludovico Maria Sforza in persona, dalle sue giovani amanti, da nobili, cortigiani, letterati, artisti, musici e tante altre belle donne. Naturale quindi che, seguendo il procedere dei lavori, i Conti stessi si appassionassero alla storia di quella casa e a quella degli Atellani, la famiglia che vi aveva abitato fino a tutto il Seicento, al punto da fare loro stessi delle ricerche e scrivere di loro pugno delle note di carattere storico-artistico su quella casa ed i suoi proprietari di un tempo. Dato il rapporto di parentela instauratosi fra i Conti ed i Portaluppi, a partire dal 1921, entrambe le famiglie, andarono ad abitare sotto lo stesso tetto, nella Casa degli Atellani (ancora in restauro).
Dopo due anni di cantiere, nel 1922, l’architetto riuscì a completare magistralmente la ristrutturazione della nuova casa, in tempo perché Ettore Conti e Gianna Casati potessero inaugurarla ufficialmente in occasione delle loro nozze d’argento. Durante i festeggiamenti per i due eventi, loro stessi vollero donare agli amici intervenuti, i loro appunti sulla storia di quella casa, pubblicati a mo’ di libro, curato dallo stesso Portaluppi.
La sistemazione della Casa degli Atellani riscosse una grande eco nell’ambiente milanese. La sapiente miscelazione degli stili in un contesto dall’elevato valore storico, valse a Portaluppi, la stima dei colleghi e alcuni riconoscimenti pubblici.
Questa ristrutturazione in effetti, fu forse uno dei migliori lavori, se non addirittura il capolavoro assoluto dell’architetto, autentico vulcano di idee. Questa casa risulta essere ancora oggi, nonostante gli ulteriori pesanti rimaneggiamenti seguiti alle distruzioni dell’ultima guerra, uno dei più preziosi tesori della Milano rinascimentale.
Il primo nucleo della scuola tecnica superiore serale
Nel novembre del 1921, Ettore Conti venne nominato presidente della Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri, ruolo che avrebbe poi mantenuto fino al 1965 (restando presidente onorario dal 1966, alla sua morte nel 1972).
Nel 1922, come già detto sopra, istituì presso la Scuola di Incoraggiamento d’Arti e Mestieri di via Santa Marta, una Scuola tecnica superiore serale, destinata alla formazione di capi-tecnici, capi-reparto, aiuto-ingegneri e simili. Questa scuola, primo nucleo del futuro ITIS “Ettore Conti”, sarebbe poi stata inaugurata ufficialmente il 18 ottobre 1925.
Industriale affermato
Con tutte le aziende che aveva creato prima della Grande Guerra, i successi economici conseguiti, e la posizione di rilievo che aveva assunto, Ettore Conti era naturalmente considerato come uno dei più importanti industriali di quel periodo. Nella sua qualità di Senatore del Regno, non gli fu difficile ottenere incarichi diplomatici: nel 1922, prima ancora che salisse al potere Mussolini, su incarico del presidente del Consiglio Luigi Facta (PLI), negoziò con successo un accordo commerciale con i Sovietici, alla Conferenza internazionale economica di Genova.
Nel ventennio del fascismo
Pur senza eccessiva convinzione, per poter continuare a lavorare senza problemi, aderì al nuovo regime. Nel 1925, ad esempio, votò contro i pieni poteri a Mussolini, ma non per questo si distaccò dal fascismo; pure sotto il regime, ottenne incarichi di prestigio. Senza voler scendere in eccessivi dettagli (vedi in proposito le note in fondo a questo articolo), nel 1926, lasciò la conduzione della sua Società (assorbita dalla Edison), per assumere, in aprile, la presidenza dell’Agip (Azienda Generale Italiana Petroli) appena fondata quell’anno; venne eletto presidente di Confindustria; incaricato di missioni economiche all’estero; dal 1930 al 1945 fu pure presidente della Banca Commerciale Italiana, e, prendendo indubbiamente una posizione politica coraggiosa, fu uno dei rari italiani che riuscì a tenere testa a Mussolini osando dissentire pubblicamente dal suo operato.
Nella primavera del 1927 infatti, fece un discorso al Senato, in difesa dell’industria, contro la rivalutazione ad oltranza della lira, promossa dallo stesso Mussolini l’anno prima, con la famosa “quota 90”, usando come argomentazione efficace, il pericolo di compromettere irreparabilmente il pareggio del bilancio che il fascismo si vantava di aver conseguito. Significativo il fatto che in quell’occasione, il regime manifestò reazioni particolarmente negative a tale intervento, facendo sequestrare tutte le copie de «La Stampa», l’unico giornale nazionale (evidentemente non allineato), che si era “permesso” di pubblicare il testo integrale del discorso di Conti.
QUOTA 90
La lira, che aveva subito una pesante svalutazione nel periodo successivo alla Prima guerra mondiale, arrivando a toccare la punta di 153 lire per sterlina, fu portata a un cambio di 90 lire per una sterlina. Mussolini fu spinto a fare simile operazione dagli attacchi speculativi ai danni della lira dei primi mesi del 1926 e dall’accentuata inflazione, che minacciava di erodere le basi del consenso al regime presso le classi medie.
In concomitanza con l’instaurazione del nuovo livello di cambio, il governo adottò misure che dovevano contribuire alla stabilità finanziaria: consolidamento dei buoni del Tesoro, riduzione di salari e prezzi interni, rafforzamento dei poteri della Banca d’Italia a scapito degli altri istituti (Banco di Napoli e Banco di Sicilia) che avevano il diritto di emettere moneta.
La rivalutazione della lira contribuì, da un lato, a consolidare in alcuni ceti sociali la popolarità del regime, ma dall’altro, penalizzò le industrie, in particolare quelle che dipendevano dall’esportazione dei propri prodotti sui mercati internazionali. [rif Treccani]
A parte questo strappo, Conti seppe giocare bene le sue carte, se nel decennio successivo, sempre per conto del regime, venne mandato in giro per il mondo in missione ufficiale, fino all’ultima trasferta, nel 1938, per le trattative per accordi economici, con il Giappone e il Manciukuò (cosa quest’ultima, che gli valse la nomina a ministro plenipotenziario).
Ndr. – Il Manciukuò o impero di Manciuria – Stato fantoccio creato dall’Impero giapponese nel 1932 in collaborazione con gli ufficiali della deposta dinastia Qing. Fu soppresso nel 1945 in seguito alla fine della Seconda guerra mondiale. [rif. Wikipedia].
Il ministro plenipotenziario, nel diritto internazionale (la denominazione completa usata nella prassi è inviato straordinario e ministro plenipotenziario), è un agente diplomatico di rango immediatamente inferiore all’ambasciatore.
Mecenatismo
Nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, di fronte alla loro casa, gli Atellani si erano fatti costruire una Cappella loro dedicata. A partire dal 1929, Ettore Conti decise di finanziare il restauro della Cappella degli Atellani, oggi dedicata a San Vincenzo Ferreri (penultima Cappella a destra, per chi entra in chiesa). Finito il restauro della Atellani, procedette a fare restaurare nel 1931, la Cappella attigua, la Sauli, dedicata alla moglie, e via via poi alcune altre fra cui quella dei Bolla (la prima cappella nella navata di sinistra).
Una mattina del dicembre 1934, Conti era alle Grazie per curiosare come procedevano i lavori: guardando la cupola del Bramante in evidente stato di abbandono, si ritrovò a pensare “Ma perché non lo faccio io il restauro?”. Rivolgendosi pertanto al priore gli chiese “Mi lascereste restaurare le Grazie”. Questi, incredulo: “Dice le fondazioni della cupola che ci danno tante preoccupazioni?”, “Si ma anche il resto”. “Ripristinare la cupola dunque?”. “Tutto!”. “Ma lo sa che sono tre navate e altre dodici cappelle malandate?”. “Insomma tutto!”. “Che Dio la benedica!” (Conti 1986, pag. 342)
Tra il 1934 e il 1937, un imponente ciclo di lavori finalizzato al discusso “disvelamento” delle decorazioni interne quattrocentesche, venne intrapreso sotto la direzione del Soprintendente arch. Gino Chierici, dall’arch. Piero Portaluppi, incaricato ad eseguire i lavori dal senatore Ettore Conti che contribuì alla ristrutturazione, con ulteriori ingenti finanziamenti.
In odore di nobiltà
Avrebbe dovuto aspettare fino al 9 maggio 1938, per potersi fregiare del titolo nobiliare di “conte”. Il predicato “di Verampio” da aggiungere al titolo stesso (“conte di Verampio“), gli venne concesso con regio decreto del 2 aprile 1940. [Ndr.- Verampio era il nome della località dove nel 1915 venne costruita la centrale intitolata a suo nome, alla confluenza dei fiumi Toce e Devero]. Sullo stemma, dedicato al suo santo patrono San Giorgio (lui era nato il 24 aprile) figurano anche la “razza” viscontea (il sole raggiante) ed una scacchiera.
Non avendo figli propri, maturò in questo periodo la decisione di adottare come figli, i nipoti Lia Baglia Portaluppi e Piero Gadda Conti (i rispettivi figli delle due sorelle defunte, rimasti orfani entrambi anche di padre).
Il suo iniziale progetto nell’estate 1939 di scrivere un libro per rievocare le fasi iniziali dello sviluppo industriale italiano, fu modificato dietro consiglio dell’amico Giovanni Malagodi, in un racconto autobiografico (pubblicato nel 1946 da Garzanti con il titolo Dal taccuino di un borghese) che lo impegnerà durante tutto il periodo della guerra, e a cui forse contribuì il nipote e figlio adottivo, lo scrittore Piero Gadda Conti.
I bombardamenti del ’43
La casa degli Atellani
Nel bombardamento su Milano, effettuato dagli anglo-americani il 15 Agosto 1943, la Casa degli Atellani subì ingenti danni: in particolare, i saloni di rappresentanza come la cosiddetta sala Omnibus, la sala del biliardo, e il salone degli Specchi, che si trovavano al primo piano, andarono totalmente distrutti.
Di tutti questi ambienti grandiosi, al primo piano oggi sono rimasti solo un elegante studio e la sala da pranzo, uniche memorie dell’antico splendore.
La chiesa di Santa Maria delle Grazie
L’esplosione di una bomba ad alto potenziale al centro del Chiostro dei Morti (di fianco alla chiesa di santa Maria delle Grazie, fece crollare l’intera copertura e il muro orientale del refettorio (affacciato sul chiostro), risparmiando incredibilmente le due testate dipinte (una delle quali è l’Ultima Cena di Leonardo, e l’altra, l’affresco della passione di Cristo sulla croce, di Donato Montorfano) mentre andavano in pezzi gran parte delle costruzioni sugli altri tre lati del cortile con gravi danni anche alla navata settentrionale della chiesa di S. Maria delle Grazie (cioè quella di sinistra entrando), e alle relative cappelle.
La ricostruzione
Dopo la guerra, negli anni 1945- 1947 Conti assegnò al genero Portaluppi i lavori di ripristino risanando i danni della guerra, continuando l’opera di restauro e ristrutturazione della casa Si trattò di un libero rimaneggiamento della casa rinascimentale degli Atellani, di cui restano il cortile e in facciata, i medaglioni, le terrecotte e le volte ad ombrello in alcune sale, alterando così (peraltro mirabilmente) le fasi storiche della struttura, secondo la necessità dell’architetto di mescolare il vero antico, col falso storico.
Nel medesimo periodo, attraverso i finanziamenti sia da parte dello Stato, che da parte di Ettore Conti, venne ricostruita la parte della Basilica di Santa Maria delle Grazie crollata.
Epurato “per errore”
Sottoposto nel 1945, dopo la Liberazione, a procedimento di epurazione per i suoi trascorsi sotto il Fascismo, fu dichiarato decaduto dalla carica di senatore. In seguito a ricorso presentato, Conti venne l’anno successivo riabilitato, e nominato già quell’anno stesso (1946), quasi a mo’ di scusa per il torto subito, “Grande Ufficiale al merito della Repubblica”.
Gli ultimi anni
Il 14 maggio 1967 (lui aveva 96 anni) gli venne a mancare la moglie Gianna Casati (90 anni compiuti a gennaio). Ironia della sorte, mancavano solo 5 giorni al loro 70mo anniversario di matrimonio! Fu sepolta nella Cappella Conti in Santa Maria delle Grazie.
A distanza di nemmeno due mesi, il 6 luglio 1967 altro lutto eccellente: Piero Portaluppi (79 anni)
Ettore Conti invece, classe di ferro 1871, morirà cinque anni più tardi, il 13 dicembre 1972, all’invidiabile età di 101 anni! Verrà sepolto assieme alla moglie nella Cappella Conti (la quarta cappella della navata di sinistra, entrando in Santa Maria delle Grazie, la basilica di cui per due volte, prima e dopo la guerra, aveva finanziato i pesanti restauri.
Ndr. – Purtroppo non sono riuscito a scoprire dove i Conti siano attualmente sepolti, visto che nella Cappella Conti ci sono soltanto i loro cenotafi, opera di Francesco Wildt (1896-1969).
Per chi fosse interessato a leggere alcuni appunti tratti dal suo diario “Dal taccuino di un borghese”, cliccare sul seguente link: La Storia dal 1895 al 1941 letta attraverso il diario di Ettore Conti (parte 1)
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Note
Cariche amministrative:
- Consigliere comunale di Milano (1902 – 29 gennaio 1905)
Cariche e titoli:
- Consigliere delegato della Società monzese di elettricità (1897-1898)
- Fondatore della Società Imprese elettriche “Conti” (27 novembre 1901-1926)
- Vicepresidente dell’Associazione fra esercenti imprese elettriche italiane AEIE (1905)
- Consigliere della Banca commerciale italiana (9 luglio 1918-28 giugno 1945)
- Vicepresidente della Banca commerciale italiana (30 marzo 1920-1° novembre 1930)
- Presidente della Banca commerciale italiana (1° novembre 1930- 28 giugno 1945)
- Presidente dell’Azienda generale italiana petroli (AGIP) (aprile 1926-1928?)
- Presidente della Società “Chatillon”
- Membro del Consiglio d’amministrazione della Società generale italiana “Edison” di elettricità (Milano) (marzo 1939)
- Presidente della missione in Transcaucasia per avvio rapporti commerciali con Georgia, Azerbaigian e Armenia (6 febbraio 1920)
- Ambasciatore straordinario in Giappone e nella Cina del Nord per negoziare un trattato di commercio e di navigazione (1938)
- Fondatore e presidente della Società idroelettrica ligure
- Fondatore e presidente della Unione esercizi elettrici
- Fondatore e presidente della Società elettrica Riviera di Ponente
- Fondatore e presidente della Società pavese di elettricità “Alessandro Volta”
- Fondatore e presidente delle Officine elettriche di Novara
- Fondatore e presidente della Società Orobia per gas e elettricità
- Fondatore e presidente della Società elettrica Piemonte Orientale
- Fondatore e presidente della Società idroelettrica Piemonte
- Fondatore e presidente della Società nazionale per lo sviluppo delle imprese elettriche
- Fondatore e presidente della Società generale elettrica dell’Adamello (1907)
- Presidente della Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri di Milano (SIAM) (1921-1966)
- Presidente della Confindustria (24 maggio 1920-30 gennaio 1921)
Onorificenze
- Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia 23 aprile 1908
- Grande ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia 4 gennaio 1914
- Gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia 11 dicembre 1919
- Cavaliere del lavoro nel 1931
- Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana 1946
Incarichi di Governo (XXIV Legislatura del Regno d’Italia)
- Governo Orlando Sottosegretario: Ministero del Tesoro, dal 15.12.1918 al 18.01.1919
- Governo Nitti Sottosegretario: Ministero del Tesoro, dal 23.06.1919 al 31.10.1919 Per la Liquidazione dei Servizi delle Armi e Munizioni e dell’Aeronautica
Senato del Regno
- Senatore del Regno d’Italia dal 1919 per 7 legislature (dalla XXIV alla XXX)
- Membro della Commissione di finanze (15 giugno 1921-10 dicembre 1923) (30 maggio 1924-21 gennaio 1929) (2 maggio 1929-19 gennaio 1934) (1° maggio 1934-2 marzo 1939) (17 aprile 1939-28 gennaio 1940)
- Membro della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (5 giugno-21 ottobre 1925)
- Segretario della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (21 ottobre 1925-21 gennaio 1929)
- Membro della Commissione per l’esame del disegno di legge “Costituzione e funzioni delle Corporazioni” (8 gennaio 1934)
- Membro della Commissione per l’esame del disegno di legge “Riforma del Consiglio Nazionale delle Corporazioni” (15 dicembre 1938)
- Membro della Commissione degli affari esteri, degli scambi commerciali e della legislazione doganale (17 aprile 1939-5 agosto 1943)
[rif. – https://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/ ]
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Centrali elettriche
Centrale idroelettrica di Verampio (1912-17, 1930)
Centrale idroelettrica di Crego (1916-19)
Centrale idroelettrica di Grosio (1918-20)
Centrale idroelettrica di Valdo (1920-23)
Centrale idroelettrica di Crevoladossola (1923-24)
Centrale idroelettrica di Cadarese (1925-29)
Centrale termoelettrica “Emilia” di Piacenza (1925-29) – Società Generale Elettrica Adamello
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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