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Il ‘Gamba de Legn’

Premessa

Se non fosse per l’ampia documentazione fotografica disponibile, agli occhi dei giovani d’oggi, sarebbe inimmaginabile la Milano di solo centocinquant’anni fa. Non mi riferisco soltanto alle case basse, alle strade irriconoscibili, o all’intrico di canali e di ponti che la facevano somigliare a Venezia, mi riferisco alla modo di vivere della gente comune … in un mondo in cui l’ elettricità non esisteva ancora. Oggi, a pensarci, se, a causa di un guasto in centrale, ci viene a mancare la corrente elettrica per dieci minuti, andiamo tutti nel panico più totale. Il nostro mondo crolla di colpo: come si fa a vivere senza poter comunicare col telefono, senza poter ascoltare le notizie alla radio o vederle alla TV, senza poter usare il computer, senza elettrodomestici o ascensori, senza tram o metropolitane? Davvero impensabile cosa possiamo fare con l’elettricità, al giorno d’oggi! La verità è che non siamo più capaci di vivere senza certe “comodità” che ci ha regalato il progresso! Non ce ne rendiamo conto, ma questo ci ha reso vulnerabili perché siamo totalmente impreparati a trovare soluzioni alternative di emergenza! Eppure i nostri bisnonni e i nostri nonni sono vissuti ugualmente bene anche senza quell’elettricità, che noi oggi riteniamo essere un bene fondamentale. Certamente, erano altri tempi, eppure la vita andava avanti ugualmente. Era sicuramente meno frenetica, meno stressante, anche se molto, molto più faticosa per tutti, e ci si lamentava forse meno di oggi! Prendiamo in considerazione solo uno dei tanti aspetti: quello dei trasporti.

L’esplosione demografica di Milano

Ai tempi dell’Unità d’Italia, Milano, pur essendo una città importante, era una realtà molto più piccola di quanto non lo sia oggi, essendo ancora tutta racchiusa entro la cerchia delle mura spagnole. Il primo censimento della popolazione al 31 dicembre 1861, era di 267.621 abitanti! Vent’anni dopo si era già a 354.045, per arrivare poi a inizio nuovo secolo a raggiungere i 538.483 residenti!

La necessità di collegamenti extra-urbani

Sicuramente, complice il lungo periodo di pace, oltre quarant’anni (fra la fine della terza guerra d’indipendenza e l’inizio della prima guerra mondiale), la città godette, come si legge dai numeri, di un periodo di forte sviluppo. C’era tutto un fervore di progetti, e di realizzazioni in vari campi. Gli studi e le recenti scoperte scientifiche, dettero il via all’era industriale: le fabbriche avevano necessità di ampi spazi che la città non poteva più garantire: quindi trovarono collocazione, a macchia di leopardo, al di fuori dalle mura, preferibilmente in vicinanza dei corsi d’acqua (navigli e fiumi ) e delle poche strade di comunicazione, allora esistenti. La conseguente richiesta di mano d’opera sia generica che specializzata, comportò l’immigrazione di lavoratori dalle terre povere del Triveneto e della Toscana, poi da tutto il Sud Italia, determinando un forte incremento della popolazione, che trovò naturale sistemazione in città o nei paesi del contado dove esistevano i servizi essenziali. Si presentò quindi naturale, la necessità di istituire, col tempo, un servizio di trasporto pubblico “ad hoc” che al mattino portasse i lavoratori alle fabbriche dislocate nel territorio, e li riportasse indietro alla fine dei rispettivi turni di lavoro.

Come si viaggiava a quei tempi

Mentre già fra il 1840 e il 1860, in Lombardia, erano state inaugurate le prime linee ferroviarie a lunga percorrenza, tipo la Milano-Monza, la Milano-Venezia, o la Milano-Torino utilizzando delle locomotive a vapore, [leggi l’articolo sulla Ferdinandea], il traffico locale nei centri urbani, e quindi anche a Milano, continuava a restare a trazione animale.

Mezzi pubblici inesistenti

Fino all’unità d’Italia, Milano non ebbe alcun servizio di trasporto pubblico urbano, eccezion fatta per pochi carrozzoni trainati da cavalli, decisamente insufficienti per i crescenti bisogni dei cittadini, che pertanto si arrangiavano, laddove le finanze lo permettevano, con mezzi propri o con le vetture di piazza, queste ultime decisamente costose.

Per chi, non disponendo di un cavallo proprio, doveva recarsi al lavoro lontano da casa, non esistevano molte alternative alle proprie gambe: gli operai si alzavano al mattino ad ore antelucane per recarsi in fabbrica a piedi. Detto tra noi, era, tutto sommato, il mezzo migliore! Il problema, infatti, erano le strade, che, ben lungi dall’essere asfaltate, erano normalmente sterrate, quindi polverose e piene di buche, oppure, nel migliore dei casi, a pavé. Non sempre era un vantaggio il riuscire a rimediare un passaggio da qualche amico o un collega, che si recava al lavoro, col suo ronzino e carretto al seguito. C’era infatti il rischio di arrivare al lavoro già distrutti e con le ossa rotte per i continui sobbalzi su quelle strade dissestate. (Teniamo presente che l’asfalto è una ‘invenzione’ dei primi anni del XX secolo, non prima!).
Le biciclette, come le conosciamo oggi, ai tempi, non esistevano, anche se erano già state inventate. C’era il “penny-farthing” inglese, (assemblato dalla Bianchi), allora molto di moda, ma serviva poco, in mancanza di strade adeguate.

Leggi l’articolo su Edoardo Bianchi

Purtroppo, questo mezzo, montando delle gomme piene ai cerchioni delle ruote, queste non erano in grado di assorbire la benché minima asperità del terreno ghiaioso, per cui, i sobbalzi sui sassi o sulle buche facevano piuttosto male! Bisognerà attendere appena il 1888, per poter usufruire della geniale invenzione di John Boyd Dunlop: quella dei tubolari a camera d’aria (oggi presenti su tutte le biciclette), che, almeno in parte, riuscivano ad ammortizzare i colpi.

I primi omnibus urbani

Il 28 giugno 1861, venne costituita la Società Anonima degli Omnibus per la città di Milano (S.A.O.). Il primo gennaio dell’anno seguente, in piazza del Duomo nella nebbiolina di quella fredda mattinata, facevano bella mostra di sé i nuovissimi e modernissimi omnibus verdi, a quattro ruote, trainati ciascuno da una coppia di cavalli. L’interno di ogni veicolo era illuminato da una grossa lampada ad olio, i posti a sedere erano otto, il costo del biglietto 10 centesimi e la frequenza di dieci minuti.

I primi omnibus extra-urbani

Bisognerà attendere gli anni ’70, prima di cominciare a vedere in circolazione, i primi mezzi pubblici extra-urbani: carrozze da otto, massimo dieci posti, sempre a trazione animale, gestiti da società private. Facevano all’occorrenza, pure servizio postale. Era un primo passo, anche se nulla di eclatante! Pur predisponendo cinque o sei corse giornaliere, la capienza delle vetture era comunque insufficiente a soddisfare la domanda. Per i passeggeri che lo utilizzavano, l’unico effettivo vantaggio consisteva nel fatto che la carrozza chiusa li proteggeva sia dalla polvere che dalle intemperie. Per il resto, quanto a sobbalzi, non c’erano grosse differenze rispetto a prima, e quanto a velocità, raramente si riuscivano a superare i 10 o 15 km/h. Le tratte, che potevano raggiungere lunghezze fino ai 30 km, univano Milano con i paesi della cintura, passando in prossimità delle maggiori fabbriche lungo il percorso. Si andò avanti per qualche anno, con questo sistema.

Per le aziende che avevano le tratte in concessione, il numero di corse giornaliere non si poteva aumentare a piacimento per soddisfare la domanda. Pur disponendo di un parco vetture adeguato, oltre alla gestione dei turni del personale (ovviamente limitato, bisognava fare i conti con l’alternanza lavoro-riposo per i cavalli, visto che non era pensabile far fare loro, più di una o al massimo due corse giornaliere. I costi erano notevoli sia per la manutenzione del parco vetture, sia per la gestione delle stalle per gli animali.

Il salto di qualità nei trasporti pubblici milanesi, era ormai nell’aria. Sulla scia delle esperienze maturate con la ferrovia a lunga percorrenza, ecco nascere l’idea di qualcosa di equivalente, adatto alle esigenze del traffico locale. Non più un omnibus a trazione animale, scarsamente efficiente, bensì un mezzo su rotaie, avente come motore dei ”cavalli d’acciaio’, cioè una locomotiva a vapore! Un mezzo meno impegnativo, sotto il profilo della gestione, di quelli usati per le ferrovie, cioè senza un tender per acqua e carbone. Il tram, che aveva un’autonomia massima di 80-100 chilometri, doveva poter fare rifornimento solo al capolinea. Era il famoso ‘Gamba de Legn’ appunto, un altro pezzo di storia della Milano che non c’è più!

Un tram davvero molto amato, se ricordato ancora adesso, a distanza di così tanti anni, da quando è stato dismesso. Rappresenta il simbolo di un’epoca e come tale è entrato nell’immaginario di tutti noi. Addirittura gli sono state dedicate delle simpaticissime poesie ovviamente in milanese . Questa che segue, è una di quelle, trovata su internet.

AL GAMBA DE LÈGN (inedita)

Tant ann fa,
a Milaa sa pudiva indà
soeul nivili cui barcon
o soeu strada cul gamba de legn.
‘l gamba de legn l’indava e ‘l vigniva
da Milaa a Caravas
ma l’era un spass
vidèll a vignè soeu dal punt
ga vuriva di homm fort
per daga ‘na maa a rüsal soeu
perché daperlü ga la fava nò.
Po’ ‘l dueva pasà in cuntrada magjura
ma l’era püsee strencia alura
e sa pasava i carr da fee
o i carr pie da lègn
curiva danans ‘l tranviroeu
cunt la bandierina o la paleta a fai spustà
perché ‘l gamba de legn
‘l dueva pasà.
Per i bagaj che divertiment
tacàss soeu dadree eran cuntent
da fass menà per ‘l paees.

tradotta dal milanese in simil-italiano, dovrebbe suonare più o meno così:

Tanti anni fa,
a Milano si poteva andare
sui navigli col barcone
o sulla strada col Gamba di legno.
Il gamba di legno andava e veniva
da Milano a Caravaggio
ma era uno spasso
vederlo venir su dal ponte
che ci volevano uomini forti
per dargli una mano a salire su
perché lui da solo non ce l’avrebbe fatta..
Poi doveva passare per la strada maggiore
ma era così stretta, allora
se passava il carro di fieno
o il carro pieno di legna
correva davanti il tranviere
con la bandierina e la paletta a farli spostare
perché il gamba de legn
doveva passare. Per i ragazzi che divertimento
attaccarsi sul retro, erano contenti
di farsi menare per il paese.

Per raccontare la storia di questo tram extra-urbano, lasciatemi partire dal fondo !

1957 – 31 Agosto (La fine di un’epoca)

Come vedremo, il ‘Gamba de Legn’, grande protagonista della storia del trasporto pubblico milanese, venne utilizzato su varie tratte, toccando quasi tutti i principali centri dell’hinterland, nel raggio di 30-40 km. Tuttavia, mentre dopo tanti anni di onorato servizio, quelli delle altre linee, fra gli anni ’30 e ’50, passando sotto la gestione unificata ATM, erano stati man mano sostituiti da nuovi tram a trazione elettrica, oppure da autobus articolati, restava ancora un’ultima linea da dismettere, la Milano-Vittuone, gestita dalla società MMC (Milano Magenta Castano)

La sera di quel 31 agosto 1957, nel piazzale del deposito carrozze di Corso Vercelli 33, il fuochista Enrico Fagnani, dipendente della M.M.C., stava addobbando con mazzi di fiori, consegnatigli da alcuni cittadini, la locomotiva del ‘suo’ tram. Era l’ultima volta che quel tram sarebbe uscito dalla rimessa ed avrebbe percorso quella strada!

Pochi minuti dopo, alle 19.15, il convoglio, tra sbuffi, cigolii, ed una nuvola di fumo, si metteva lentamente in movimento, per la sua ultima corsa! Stava dando il suo definitivo addio alla città! Le sue quattro carrozze erano stipate all’inverosimile, di gente festante. Conduceva il convoglio, il macchinista Luigi Marmonti, suo collega da tantissimi anni. “El Luisin”, lo chiamavano tutti. Chi non lo  conosceva? Aveva passato praticamente tutta la sua vita sul “Gamba de Legn”!

Mazzi di fiori poer l'ultimo viaggio del Gamba de Legn
Mazzi di fiori per l’ultimo viaggio del Gamba de Legn

 C’erano davvero tutti, giornalisti, fotografi, persino i primi operatori della neonata televisione, proprio come nelle grandi occasioni. Nulla, meglio di questa vecchia foto (fatta quel pomeriggio in corso Vercelli), rende l’idea dell’affetto che migliaia di cittadini, vollero tributare, con la loro presenza, all’ultimo convoglio ‘Gamba de Legn’ ancora in circolazione a Milano, salutando festosi, la sua uscita dal deposito per l’ultimo viaggio verso Vittuone, prima del suo pensionamento definitivo.

Come mai, dico io da non milanese, tutto questo amore della gente per questo tram vecchio, obsoleto, inquinante e, non si offenda qualcuno, direi anche esteticamente davvero bruttino? Lo vedremo fra poco!

Per i trasporti milanesi, quel giorno memorabile, rappresenta ancora oggi, (a 63 anni di distanza), una data ‘miliare’, che ha indubbiamente segnato la conclusione di un’epoca. L’era del vapore era finita!

31 Agosto 1957 - Corso Vercelli (MIano)
31 Agosto 1957 – Corso Vercelli (Milano)

In effetti, a voler essere precisi, questo fu l’ultimo treno avente come capolinea la città di Milano. In realtà, qualche Gamba de Legn continuò ad operare ancora per qualche mese, in singole, piccole tratte della cintura milanese, non ancora del tutto dismesse. L’ultimo di questi convogli, tra Monza e Trezzo, cessò il servizio l’anno successivo (1958).

Come mai questo nome singolare?

Veri ‘maestri’ nell’affibbiare soprannomi, i milanesi non hanno perso molto tempo, da quando è entrato in servizio questo tram, a chiamarlo bonariamente, ‘Gamba de Legn’

Nessuno sa spiegare in modo univoco, il perché di questo nome. Chi esprime una motivazione, chi un’altra, tutte ugualmente accettabili:

  • C’è chi asserisce trattarsi del soprannome attribuito al treno a causa dell’usanza di farsi precedere a piedi, in città o nei paesi che il convoglio attraversava, da un addetto segnalatore che, dotato di bandiera rossa e tromba, segnalava al traffico, l’imminente pericolo. Nelle giornate di nebbia, per farsi notare , l’addetto suonava il corno e agitava una lanterna. Era stato un incidente capitato “al scior Romildo” [pron. “al sciùr Romìldo”], dipendente della Società anonima Tramway, uno di questi addetti segnalatori appunto, a suggerire ai milanesi l’attribuzione di questo nome al treno. Il poverino infatti, al rientro nel deposito di Corso Vercelli, proprio in una giornata di forte nebbia, inciampò malamente sulle rotaie, davanti al treno in movimento. Il macchinista non se ne accorse in tempo e lui ebbe una gamba maciullata. Avevano dovuto amputargli l’arto e gli avevano sistemato una protesi di legno, in sostituzione. Ripreso il posto di lavoro dopo la lunga riabilitazione, continuò l’attività di addetto segnalatore, camminando, come prima, davanti al treno, con un’andatura caracollante, supportato da un bastone artigianale.
  • Qualcun altro invece asserisce che la gente usava chiamare così quel treno, perché, sicuramente a causa del non perfetto allineamento nella posa delle rotaie sulla massicciata, caracollava vistosamente durante la marcia e quindi lo assimilava alla caratteristica camminata di un claudicante. Infatti il ‘Gamba de Legn’ veniva anche chiamato s’gich o s’giccherlìn, termine che in dialetto dava proprio l’idea onomatopeica di un qualcosa che si muove traballando
  • La maggioranza comunque dice che ‘Gamba de Legn’ come appellativo, era dovuto ral caratteristico to-toc, to-toc , che cadenzava il tempo agli annoiati passeggeri, durante il suo lento incedere ondeggiante. Sferragliando sulla strada ferrata, fiancheggiante per chilometri, le polverose strade della campagna lombarda, quel monotono to-toc, to-toc, ripetuto infinite volte, ricordava tanto il rumore sul selciato, fatto usualmente da chi, suo malgrado, è costretto a camminare con una stampella perché zoppo.

Storia dei trasporti extra-urbani

Come si è visto, fu proprio per venire incontro ai lavoratori pendolari, che nacquero le prime linee tranviarie extraurbane della città. Linee che comunque partivano tutte, da distinti capolinea all’esterno della mura spagnole, in prossimità delle porte principali.

1876 – La Milano-Monza (ippovia)

La prima linea, inaugurata l’8 luglio 1876, alla presenza del principe Umberto di Savoia, fu la Milano-Monza (della SAO – Società Anonima Omnibus). servita da omnibus (tram a cavalli), aveva il capolinea all’altezza dei caselli daziari, fuori Porta Orientale (oggi Porta Venezia), all’inizio di via Loreto, (l’attuale corso Buenos Aires).

Capolinea omnibus linea Milano-Monza a porta Venezia
Capolinea omnibus linea Milano-Monza a porta Venezia

1877 – La Milano-Saronno (ippovia)

L’anno successivo, il 24 giugno 1877 venne inaugurata una seconda linea, l’ippovia Milano-Saronno, servita pure questa da omnibus, con capolinea, questa volta, all’Arco della Pace, all’inizio di Corso Sempione.

Omnibus - Museo della Scienza e della Tecnica
Omnibus – Museo della Scienza e della Tecnica

Erano questi, anni di attività frenetica per l’attivazione della rete di trasporti extra-urbani. Erano da poco entrate in esercizio le prime due linee, che ecco arrivare il primo tram ‘vero’, molto più tecnologico degli omnibus: era un tram a vapore, quello che i milanesi chiameranno ‘Gamba de Legn’. Venne introdotto in parte per potenziare, quando necessario, le ippovie extraurbane già esistenti, ma soprattutto per servire tutte le nuove vie utilizzate dai pendolari, che, fino allora, in mancanza di altri mezzi, erano costretti a muoversi a piedi o con mezzi di fortuna.

Una decina di linee extra-urbane

Nell’arco di solo quattro anni, fra omnibus e tram a vapore, nacquero almeno una decina di linee extra-urbane. Si riuscì ad ottenere questo risultato, solo grazie al fatto che il tutto fu dato in mano ai privati; gruppi di capitale, spesso stranieri, una volta chieste ed ottenute le concessioni alla Provincia, riuscivano ad aprire nuove tratte, nel volgere di pochi mesi di forsennato lavoro.

1878 – Milano-Gorgonzola

La prima linea in assoluto, a sperimentare il ‘Gamba de Legn’, fu il 6 giugno 1878, la tratta Milano-Gorgonzola con prolungamento, l’anno successivo, per Vaprio d’Adda e diramazioni per Vimercate e Treviglio. A ruota poi, seguirono tutte le altre.

Nello stesso anno, venne completata la posa delle rotaie ed inaugurata la Milano-Saronno, ad integrazione dell’ippovia già esistente.

1879 – 1881

Nel 1879, vennero inaugurate la linea Milano-Sedriano, la Milano-Gallarate, la Milano-Gorgonzola, la Milano-Corsico, tutte servite dal ‘Gamba de Legn’.

Il suo successo fu tale che in quegli anni furono posate ben 12 linee di binari, per una rete di oltre 300 chilometri: lavori colossali, eseguiti davvero a tempi di record. 
Nel 1880 fu la volta della linea Milano-Magenta, poi la Milano-Lodi , quindi la Milano-Pavia.
nel 1881 la Milano-Giussano, la Milano-Vimercate e altre ancora.

da: http://www.mondotram.it/milano-gambadelegn/

Tali linee tuttavia, non formavano una rete unitaria, ma risultavano tronconi indipendenti, ognuno col proprio capolinea a Milano, gestiti da società differenti. A volte addirittura capitava che la diramazione della linea fosse gestita da ente diverso da quello che gestiva il troncone principale, con ovvi problemi per l’utenza. In poco tempo comunque furono in servizio più di 150 motrici con oltre 900 vetture.

Era un tram a vapore che, dal 1878 (data in cui entrò in esercizio) al 1957 (data di dismissione), almeno tre generazioni di milanesi videro circolare lungo i percorsi extraurbani dell’hinterland.

La regina Margherita sul “Gamba de Legn”

Pure la regina Margherita, volle provare l’ebbrezza di un viaggio su un ‘Gamba de Legn’ (ovviamente speciale), da MonzaTrezzo sull’Adda: Il pretesto per provarlo, fu l’inaugurazione di un asilo laico a Trezzo. Era il 7 novembre 1894!

Regina Margherita di Savoia
Regina Margherita di Savoia

Un “concentrato” di tecnologia

Perché questo ‘Gamba de legn’ è così famoso e amato dai nostalgici? Il termine di ‘mezzo super-tecnologico’. riferito a quel tram, oggi ci fa sorridere, ma ai tempi rappresentava un netto ‘salto di qualità’ rispetto al passato, sia in termini di volume di traffico che di qualità di servizio prestato. In pratica, questo tram consentiva di trasportare con un solo viaggio, l’equivalente dei viaggiatori di almeno cinque omnibus: inoltre garantiva la possibilità di offrire servizi qualitativamente diversi, mettendo in circolazione carrozze a terrazzini, oppure totalmente chiuse, sia di 1a che di 2a classe.

Pregi a parte, una ‘piccola’ pecca ce l’aveva anche lui …. Era sicuramente il fumo misto a scorie di carbone bruciato che sprigionava, e che, durante la corsa, rischiava d’intossicare i poveri passeggeri, senza contare poi, come venivano ridotti i loro abiti … A proposito, proprio per preservare i vestiti, coloro che, usuali utilizzatori di questo mezzo per i loro spostamenti, se lo potevano permettere, usavano indossare sopra gli stessi, una sorta di soprabito leggerissimo, il famoso ‘spolverino’!

Limiti di velocità

Il consiglio provinciale di Milano stabilì inizialmente il limite di velocità  massima al quale dovevano attenersi tassativamente i conducenti; in campagna doveva essere al massimo di 15 km/h, mentre all’interno dell’area urbana (in città o nei paesi), scendeva a 10 km/h.
In caso di nebbia, il limite di velocità del tram d scendeva a 5 km/h. con l’obbligo, bei centri abitati, di far precedere il convoglio da un addetto, a piedi, dotato di lanterna, bandierina e tromba o corno, per segnalare al traffico, l’imminente pericolo.
[Nota: Il fischietto, allora, era usato unicamente nelle ferrovie].

A partire dal 1890, venne aumentata a 18km/h, la velocità massima in campagna, mentre rimase invariata la velocità nei centri abitati.

Dal 1921 poi, la velocità, nei tratti extra-urbani, fu ulteriormente incrementata a 40km/h, riducendo notevolmente, in tal modo, i tempi di percorrenza delle varie tratte.

Motrici di fabbricazione tedesca o belga

Le 150 motrici del ‘Gamba de Legn’ , erano veicoli a due assi, quasi tutte di fabbricazione tedesca, della Lokomotivenfabrik Krauß, o della Borsig, e solo poche della belga Ateliers Metallurgique de Tubize. Sembra che sulla scelta delle motrici di queste case, abbia pesato il fatto che emettessero un fumo meno denso delle locomotive di altri costruttori.

A differenza delle locomotive usate dalle ferrovie, queste avevano il posto di manovra, sistemato anteriormente al mezzo, in modo da avere una più ampia visuale, cosa questa,particolarmente utile in città e quando il tram doveva entrare o uscire dalla rimessa. Queste motrici avevano una struttura completamente diversa da quelle ferroviarie: caldaia e apparato motore dovevano essere completamente avvolti da una carrozzeria per la sicurezza sia del personale, che dei viaggiatori. Per proteggere inoltre passanti e cavalli da accidentali sbuffi di vapore e dal pietrisco sollevato durante il loro passaggio, avevano una “grembiulatura”, che li racchiudeva da tutti i lati.

Le carrozze

Le carrozze passeggeri erano costituite da struttura a due assi, offrendo uno scarso comfort ai viaggiatori, scarso al punto che, in giornate di pioggia, era opportuno tenere aperto l’ombrello in vettura, come eloquentemente dimostra la vignetta!. Sembra infatti che il soffitto delle vetture avesse qualche ‘piccolo’ problema di tenuta!

Vignetta a parte, le carrozze erano in due versioni: o totalmente chiuse, oppure avevano delle piattaforme aperte alle estremità, i cosiddetti terrazzini con chiusura costituita solo da un cancelletto manovrato a mano. La costruzione delle nuove carrozze e il loro arredo interno sempre molto spartano, seguì un po’ la moda del tempo, ispirandosi nell’aspetto, all’evoluzione ferroviaria dell’epoca.

La progressiva dismissione delle linee

Il primo a soccombere fu il Milano-Saronno, nel 1925. «Fu soffocato dalle Ferrovie Nord», disse Francesco Ogliari storico milanese. Poi, via via, tra il 1930 e il 1935, morirono un po’ tutti gli altri eccetto uno, il più longevo in assolluto: il Milano-Magenta.

Proprio perché fu l’ultima linea ad andare in pensione nel 1957, ed una delle prime ad essere stata attivata nel 1879, farò di seguito riferimento al ‘Gamba de Legn’ che faceva servizio fra Milano Magenta e Càstano Primo. Dalle origini, fino agli anni a ridosso della prima guerra mondiale, il servizio era gestito dalla Società del Tramway Milano Magenta Càstano, solo in seguito venne gestita in proprio, dalla M.M.C .

La linea della M.M.C.

La concessione per la costruzione della tranvia a vapore tra Milano e Magenta, risale al 7 settembre del 1878. Il progetto prevedeva una tratta di circa 23 km di lunghezza, quasi tutta su sede propria, con diramazione, all’altezza di Sedriano, per Càstano Primo, per.ulteriori 19 km.

 Questa fu la prima linea interamente progettata e commisurata al peso delle vaporiere, una strada ferrata creata con un armamento in grado di sostenere il transito di una motrice di almeno 5 tonnellate, con almeno 3 carrozze collegate.  I lavori partirono subito e procedettero senza particolari intoppi. Già l’anno successivo infatti, venne inaugurata la prima tratta della linea, da Milano a Sedriano, cui seguì poco tempo dopo, il completamento del percorso.

Il costo del biglietto

Il biglietto singolo costava inizialmente dai 4 ai 7 centesimi a chilometro ,a seconda della classe. Comunque, fin dall’inizio, c’era la possibilità di fare convenienti abbonamenti per i pendolari.

Tariffe corse lungo la tratta Milano-Magenta-Castano Primo
Tariffe corse lungo la tratta Milano-Magenta-Castano Primo

Il prezzo del biglietto era funzione della classe prescelta e dei chilometri effettuati

Le corse giornaliere erano 5 in tutto.

Il percorso

Inizialmente, il capolinea milanese si trovava a Porta Magenta, (l’odierno piazzale Baracca), a ridosso delle mura spagnole,appena fuori la porta (ex Porta Vercellina). Solo nel 1911, a seguito della demolizione nel 1897 di un tratto delle mura e della Porta Magenta stessa, della conseguente estensione della rete tranviaria urbana e della necessità di dare una sistemazione definitiva al nuovo vasto piazzale (Baracca), il capolinea del Gamba de Legn, venne spostato all’interno del deposito carrozze di corso Vercelli 33.

Un ‘Gamba de Legn’, all’uscita dal deposito carrozze di Corso Vercelli 33


Partendo quindi dal deposito di Corso Vercelli, il tram, faceva la sua prima fermata nel sobborgo di San Pietro in Sala (attuale piazza Wagner), poi proseguiva per la Maddalena (piazza De Angeli), il Molinazzo (piazzale Velasquez) fino ad arrivare a Trenno, considerata la prima fermata extraurbana. Raggiungevano il dazio, presso la Bettola di Figino, proseguendo poi in direzione dei comuni di Cascina Olona, San Pietro all’Olmo, Sedriano, Vittuone e Corbetta, fino a giungere a Magenta. Poco dopo Sedriano, c’era la diramazione per Càstano Primo. Il tram, dopo Vittuone, incrociava a raso, la linea ferroviaria Milano-Torino, per poi proseguire, verso i comuni di Ossona, Inveruno, Cuggiono e Buscate, arrivando quindi al capolinea. La tratta per Inveruno e Càstano Primo era indubbiamente la più pittoresca. Attraversava una campagna prosperosa e ricca di alberi di gelso, le cui foglie venivano utilizzate per l’allevamento dei bachi da seta.

Oltre a servire i pendolari. Il ‘Gamba de Legn’ veniva anche usato per trasporto delle merci, su appositi vagoni, come un normale treno.

Il disastro alla Bettola di Figino

Purtroppo, di tanto in tanto succedeva qualche incidente. Uno dei più memorabili, accadde quel maledetto 4 giugno 1925, proprio alla Bettola di Figino, in un punto dove i binari cambiavano lato della strada. Fu anche uno dei più drammatici in assoluto, con 3 morti e diversi feriti. Si trattò della collisione frontale fra due treni. Naturalmente la linea era a binario unico, giustificato anche dal limitato numero di corse giornaliere. C’erano quindi, di tanto in tanto, brevi tratti a doppio binario, destinati alla attesa da parte di un treno, dell’arrivo del convoglio in senso contrario, prima di impegnare il tratto a binario unico. Naturalmente la procedura (cioè l’ordine di attesa o prosecuzione), prevedeva certi standard che il macchinista era tenuto obbligatoriamente a rispettare. L’ordine di attesa veniva dato tramite fonogramma.

Nel caso specifico, il treno per Càstano aveva ricevuto l’ordine di attendere il passaggio del convoglio proveniente da Magenta, che stava portando ritardo.
Il tram per Càstano, quel giorno, non aveva capotreno. Era condotto da un macchinista, che si diceva, fosse dedito all’alcool. L’inchiesta accerterà che questi disattese l’ordine, asserendo che non gli arrivò alcun fonogramma. Di conseguenza proseguì tranquillamente la corsa sul binario unico. Subito dopo la curva della Bettola fatta a normale velocità, si trovò di fronte il convoglio da Magenta, che stava sopraggiungendo. Nonostante le bassa velocità di entrambi i treni (40 km/h), e il tentativo di frenata in extremis, l’impatto fu inevitabile e violento. con le conseguenze visibili nella foto.

Carrozze incidentate alla Bettola di Figino
Carrozze incidentate alla Bettola di Figino

Usi diversi (in periodo bellico)

Il fatto che la motrice del Gamba di Legn fosse a vapore e non elettrica, e che avesse il medesimo scartamento dei tram cittadini, si rivelò utilissimo durante il periodo dei bombardamenti del ’42 e del ’43, come mezzo di soccorso per il recupero dei tram impossibilitati a ritornare in rimessa o perchè bloccati lungo le linee a causa della sospensione dell’energia elettrica o perché danneggiati. Usato talvolta, pure per trasporto truppe, di feriti. di moribondi, si rivelò utilissimo anche per il trasporto di viveri e merci varie per le popolazioni dell’ hinterland.

Come non ricordare quei tragici giorni dell’agosto del ’43, quando, sotto l’incubo dei bombardamenti, moltissimi milanesi tentavano di scappare dalla città semidistrutta, per trovare rifugio in località più sicure. Il Gamba de Legn, funzionando a vapore, era la loro unica ancora di salvezza! Anche in assenza di carbone, andava avanti lo stesso! Nelle sue caldaie si bruciò di tutto, legna, stoppie, pannocchie, per consentire di portare in salvo la popolazione in fuga, stipata nelle carrozze all’inverosimile. La gente aveva preso d’assalto le carrozze, arrampicandosi persino sui tetti, nonostante fosse stato messo a disposizione degli utenti, tutto il parco rotabile disponibile, vagoni merci compresi

Gamba de Legn con carrozze passeggeri e vagoni merci
Gamba de Legn con carrozze passeggeri e vagoni merci

1944 – Treno mitragliato

Nel 1944, mentre stava viaggiando nelle campagne di Cuggiono, il tram fu mitragliato da una postazione tedesca. Era solito raccontarlo tal Delfino Borroni (classe 1898). Lui, era uno dei tanti macchinisti del Gamba de Legn. che fin dal 1921, prestava servizio proprio su quella tratta. Sette passeggeri morirono sotto il fuoco nemico; molti, rimasero feriti e tra questi, anche lui stesso . «I miei colleghi in stazione avevano sentito l’ allarme», raccontava … . «ma nessuno ci raggiunse per avvisarmi. Mi sarei fermato dove c’erano i filari di gelsi, così la gente avrebbe avuto un riparo».
Il suo ultimo viaggio sul Gamba de Legn, fu nel 1954.

Ma chi era il macchinista di quel treno?

Perché ho nominato Delfino Borroni? Più di uno dovrebbe ricordarsi oggi di questo nome, anche perché la sua morte è abbastanza recente. Parlarono di lui tutti i giornali, come di un mito, per tre primati incredibili. Lui morì nel 2008, alla modesta età di 110 anni! Al momento della morte, Borroni era il più longevo uomo vivente in Italia e l’undicesimo al mondo! Non è tutto! Era pure l’ultimo combattente  della Prima guerra mondiale vivente in Italia e anche l’ultimo macchinista del Gamba de Legn vivente! In ricordo del suo contributo come combattente della Prima Guerra mondiale, gli fecero in Duomo, funerali di Stato, tributandogli gli onori militari!

La dismissione quel 31 Agosto 1957

Come già precedentemente accennato per le altre linee, l’aumento del traffico veicolare in città, la vetustà del materiale rotabile, la difficoltà di guida nei percorsi urbani di un mezzo così ingombrante, consigliarono anche per quest’ultima linea, la sostituzione del ‘Gamba de Legn’ ormai obsoleto, con autobus articolati, molto più agili nel districarsi nel traffico urbano e più veloci.

Con l’elettrificazione delle linee e l’introduzione dei mezzi pubblici su gomma nel 1952, il ramo per Càstano venne dismesso, e le corse per Magenta, ridotte a 5, nei soli orari di punta, affiancate da un servizio di autobus.

Negli stessi anni , iniziarono l’eliminazione graduale delle vecchie strade ferrate usate dai tram e la progressiva pavimentazione con asfalto, delle strade extraurbane dell’hinterland.

Si può ben comprendere ora, dopo quanto detto, perché quel 31 Agosto del 1957, sia rimasto una data indelebile nella memoria dei ‘vecchi’ milanesi. Certamente in tanti, le cronache cittadine parlano di migliaia di persone, si erano riversati in Corso Vercelli, quasi si fossero tutti dati appuntamento a quell’ora . Nessuno aveva loro imposto di essere lì presenti quella sera: era, quello che chiamerei, il bisogno spontaneo di un saluto a un vecchio amico, quasi un sentimento di affetto e di gratitudine di quanti, avendo vissuto gli anni terribili dell’ultima guerra, tentando di scappare dalla città, avevano riposto in quel mezzo, la loro unica speranza di salvezza. Era un simbolo di un’epoca, che spariva per sempre!.

Dov’è visibile oggi un ‘Gamba de Legn’?

Museo della Scienza e della Tecnica

Presso il Museo della Scienza e dellaTecnica “Leonardo da Vinci” di Milano , c’è un padiglione dedicato al settore ferroviario. E’ visibile oggi una di queste motrici e due carrozze. Oltre alla storia di questo mezzo, c’è pure quella dei Macchinisti, dei Capotreni e degli Addetti.

Settimo Milanese

Il ricordo e l’affetto per questo tram a tanti anni dalla sua dismissione, è tale ancora oggi, da aver indotto recentemente, il Sindaco del Comune di Settimo Milanese, a richiedere al direttore del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, nei cui sotterranei c’era una seconda motrice ‘Gamba de Legn’, la presa in gestione di questo ‘cimelio’. Avuto l’ok, per trasferire la motrice a Settimo Milanese, facendola uscire dai sotterranei del Museo, ha dovuto farla smontare e tagliare letteralmente a pezzi grazie all’aiuto prezioso di un gruppo di tecnici specializzati, volontari appassionati e alla sponsorizzazione delle aziende che hanno prestato loro le varie gru e macchine per il sollevamento e lo spostamento del cimelio. Una volta portato nella nuova destinazione. hanno provveduto a rimontarla e a rimetterla a nuovo in maniera totalmente gratuita (lavoro di mesi!). E’ stato collocato alla periferia di Settimo, in una struttura costruita ad hoc, a pochi passi da dove il tram usava transitare per andare a Magenta. Il ‘Gamba de legn’ n. 111, della foto a colori, è proprio il ‘cimelio’ (della Atelier de Tubize), visibile oggi a Settimo Milanese.

Non è escluso che anche qui, dove è stato solo recentemente sistemato ed esposto in via definitiva il mitico treno, venga preparato a breve, un video che illustri tutta la storia dalle sue origini e racconti le leggende che lo hanno, giustamente, reso tanto amato dai milanesi.

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