Fra Sforza e Gonzaga, non fu sempre idillio
Sommario
ToggleL’antefatto
Siamo nel 1431. Francesco Sforza, a quei tempi, era un valido capitano di ventura trentenne, al soldo del Duca di Milano Filippo Maria Visconti. Essensosi fatto notare per le sue capacità e volendo continuare a tenerlo legato a sé, il Duca pensò di offrirgli in sposa la figlia Bianca Maria, che allora aveva soli 6 anni. Trattandosi di figlia naturale, era comunque estromessa dalla successione al ducato, nonostante fosse stata ufficialmente legittimata da Sigismondo, imperatore del Sacro romano impero.
Probabilmente allettato dal cospicuo anticipo di dote (le terre di Cremona e il titolo di conte), che l’accettazione di simile proposta avrebbe comportato, Francesco accettò, stipulando col Duca, una “promessa di matrimonio”, secondo cui si sarebbe impegnato a sposarne la figlia , quando Bianca Maria, sarebbe stata in età da marito. Infatti, tenendo fede a quel contratto, Francesco e Bianca Maria si sposarono a Cremona nel 1441, quando lei aveva appena compiuto i sedici anni.
Nel 1447, il duca di Milano Filippo Maria Visconti morì, senza lasciare legittimi eredi alla successione. La Repubblica Ambrosiana, creata in seguito al vuoto di potere, per potersi difendere dai tentativi di conquista degli Stati confinanti, (soprattutto di Venezia), chiese aiuto al condottiero Francesco Sforza, signore di Cremona. Questi adottò una politica ambigua, prima sostenendo i Milanesi contro i Veneziani, poi aprendo le ostilità contro la stessa Milano, avanzando pure la pretesa al titolo ducale. Nel 1450, la Repubblica, dopo un duro assedio, si arrese e così Francesco Sforza divenne il nuovo Duca di Milano.
Uno dei suoi primi compiti, fu quello d’instaurare subito buoni rapporti con gli Stati confinanti e nel contempo, quello di rinsaldare vecchi legami politico militari con le Casate storicamente vicine, amicizie sempre utili, in caso di necessità.
Promessa di matrimonio
Fedele a questo progetto, quello stesso anno (1450), Francesco Sforza, sempre nell’ottica di rafforzamento dei rapporti in chiave politico-militare, aveva stipulato col marchese Ludovico III Gonzaga di Mantova, pure un accordo di legame parentale mediante una ‘promessa di matrimonio’ fra il suo primogenito Galeazzo Maria di 6 anni, con Susanna la prima figlia femmina di Ludovico III, che ne aveva solo tre. Del resto, si trattava solo di una promessa, anche se stilata fra le parti alla presenza degli arcivescovi delle due città, o dei loro legati, che fungevano da testimoni. Il rito si sarebbe comunque celebrato non prima del compimento dei 16 anni per Susanna.
Si trattava di un patto che poteva andar bene ad entrambi i firmatari. Da un lato, per i Gonzaga, oltre al prestigio di avere, un domani, una figlia duchessa di Milano, aveva un indubbio valore politico, dall’altro per lo Sforza, il legame con una dinastia antica come quella, radicata nel suo Stato, poteva essere di sicura utilità sia diplomatica che militare.
[ ndr. – Nessuno gridava allo scandalo per la pratica delle promesse di matrimonio operate dai genitori nei confronti dei figli ignari, ancora in tenera età! Allora questa era una prassi molto comune che si praticava da generazioni specialmente fra la nobiltà.
A pensarci bene, proprio per il fatto che questi legami erano imposti, come si poteva pretendere che i ragazzi si amassero, senza essersi mai visti prima? Obbligare due giovani a sposarsi per compiacere un contratto sottoscritto dai genitori quando loro erano ancora in tenera età, svilisce totalmente il significato della parola “amore”. Come non giustificare l’adulterio da entrambe le parti, oltre naturalmente il così alto numero di figli illegittimi? E non avevano difficoltà a legittimarli perchè cosi erano “un mezzo utile” (quasi merce di scambio) per siglare accordi di nuove parentele, allo scopo di proteggere i propri confini territoriali o magari estenderli stipulando alleanze, o patti di non belligeranza fra i potenti dell’epoca.]
Rinuncia da parte del marchese
Nel 1457 la giovane Susanna manifestò i primi sintomi della deformazione ereditaria della colonna vertebrale, trasmessa in famiglia dalla nonna Paola Malatesta, madre di Ludovico III.
Preso atto dell’incresciosa situazione, nel 1458 il marchese mandò, per correttezza, una missiva a Francesco informandolo ‘dolorosamente’ che la povera ragazza (che alla data, aveva già 11 anni), non dava ancora alcun segno di maturazione sessuale e che, purtroppo, appariva anche menomata fisicamente per il comparire di una vistosa gibbosità non evidenziata precedentemente. Per questi motivi, riteneva quindi, con suo enorme rammarico, sciolta la “promessa di matrimonio” fra i due ragazzi.
La risposta non molto elegante
Poiché l’interesse di Francesco, nei confronti dei Gonzaga, tramite il matrimonio fra i figli, mirava in realtà, ad incamerare il territorio di Mantova sotto la propria giurisdizione, propose a Ludovico di scambiare la ‘promessa’ Susanna, con Dorotea, la figlia minore del marchese, di due anni più giovane della sorella (9 anni). In fin dei conti si sarebbe trattato unicamente di attendere, per il matrimonio, ancora un paio d’anni in più..
Il nuovo contratto
Non avendo ancora previsto alcun collocamento della figlia minore, Ludovico III accettò di buon grado la proposta, anche perchè l’idea di avere in prospettiva, una figlia duchessa non gli dispiaceva affatto; rifecero pertanto nuovamente il contratto, questa volta però, con l’aggiunta di una postilla, che la ragazza non presentasse menomazioni fisiche. La nota in calce era stata richiesta cautelativamente da Francesco, temendo per la ragazzina, il ripetersi di una tara ereditaria, ancora a quell’età, non manifesta. Fino ad allora, i “promessi sposi” ovviamente, non si erano mai visti.
Incontro fra i ‘fidanzatini’
Nel novembre 1458 la marchesa Barbara di Brandeburgo e la figlia Dorotea. si recarono a Cremona, ospiti della duchessa Bianca Maria Visconti e del figlio Galeazzo Maria, per un paio settimane. Questa fu l’occasione perchè i ragazzi avessero modo di conoscersi, lui 14. lei 9 anni.
Ne seguì, fra loro, un lungo periodo di rapporti epistolari, dapprima saltuari, poi via via più regolari, con invio di doni e messaggi da parte di lui. Il tutto era visto con occhio benevolo da parte di entrambi le famiglie.
Nel 1462, ci fu persino l’invito formale dei Gonzaga affinché Galeazzo Maria, ormai quasi diciottenne, potesse passare qualche giorno con la fidanzatina, presto tredicenne, in previsione dell’ormai vicino matrimonio.
Francesco accondiscese mandando il figlio a Mantova perché questi avesse modo di familiarizzare con la futura sposina, dimostrandosi carino con lei.
Contrariamente alle previsioni, non scoppiò comunque alcuna scintilla particolare fra i due ragazzi, al di fuori di un normale rapporto di amicizia fra giovani. Lui aveva ben altro per la testa e fremeva ….! Galeazzo Maria si era naturalmente ben guardato dal raccontare a Dorotea che, a Milano già da un paio d’anni, aveva instaurato relazione fissa con la bellissima Lucrezia Landriani, di quattro anni più vecchia di lui e sposata con il conte Gian Piero Landriani, cortigiano della corte ducale e suo amico fidato.
Non solo, ma Lucrezia, l’anno prima (1461), gli aveva già dato un figlio, Carlo. Lui, perso dietro a lei, mentre era a Mantova, non poteva staccare il pensiero dall’ amata che lo attendeva a Milano. Lei gli avrebbe dato, in seguito, ben altri tre figli: Caterina (1463), Alessandro (1465) e Chiara (1467).
Il colpo basso
Nel 1463 Francesco Sforza convocò a palazzo padre Agostino da Cremona, per affidargli una delicatissima missione presso i Gonzaga: in pratica il prelato avrebbe dovuto comunicare, col dovuto tatto, che la promessa di matrimonio di Galeazzo Maria con Dorotea, era da ritenersi annullata, giustificando la cosa con una non meglio specificata malformazione della ragazza, non visibile esteriormente ….
In realtà la motivazione era “leggermente diversa”, ma ovviamente la cosa andava sottaciuta almeno fino a quando non fosse stato annullato il contratto della “promessa di matrimonio” con la figlia dei Gonzaga.
Francesco Sforza aveva segretamente trovato per suo figlio, un partito molto più ambizioso, prestigioso e blasonato, indubbiamente in prospettiva, più utile al Ducato, che non l’apparentamento con i “semplici” marchesi Gonzaga di Mantova.
Si trattava di Bona, fra l’altro a detta di tutti, molto carina. Pure lei, come Dorotea Gonzaga, cinque anni più giovane di Galeazzo Maria, figlia però del conte Ludovico di Savoia e della principessa Anna di Lusignano, figlia del re di Cipro. Bona di Savoia inoltre era la sorella minore di Carlotta, moglie di Luigi XI di Valois-Orléans, re di Francia!
La reazione
Ci si può ben immaginare con quale aria sdegnata Ludovico Gonzaga e consorte avessero appreso da padre Agostino da Cremona, la motivazione della richiesta da parte degli Sforza, di annullamento della “promessa di matrimonio” fra Galeazzo Maria e Dorotea, quando ormai già si stava cominciando a pensare all’organizzazione dei festeggiamenti per le nozze ormai vicine. La richiesta, ovviamente, fu respinta al mittente.
La risposta indelicata
La risposta da parte di Francesco, non tardò ad arrivare. Senza scomporsi minimamente, bluffando, propose a Ludovico, l’invio di una equipe di medici affinché, visitando la ragazza, potesse comprovare le sue asserzioni.
Troppo difficile tenere segreta una notizia simile, pettegolezzo troppo piccante, perché qualche voce indiscreta non la lasciasse trapelare all’esterno. La notizia diventò di dominio pubblico in un baleno, e non solo a Mantova o a Milano, ma pure oltre confine. Per parecchio tempo la notizia tenne banco, nei salotti bene di tutte le corti europee.
Bianca Maria Visconti sicuramente non approvò il comportamento indelicato del marito e l’umiliante e vergognoso affronto fatto ai Gonzaga. Lei, per quanto in suo potere, tentò di ricucire lo strappo da lui creato, invitando la futura consuocera, Barbara di Brandeburgo e la figlia Dorotea, a venire da lei a Cremona. Senza l’umiliante interferenza dell’equipe medica proposta da Francesco, avrebbe provveduto lei personalmente a visitare la ragazza, risparmiandole la cocente umiliazione. Naturalmente, l’invito fu respinto.
Alla fine, per evitare la tremenda umiliazione alla figlia, Ludovico III cedette, acconsentendo all’annullamento del contratto e rinunciando così, a che la figlia potesse diventare duchessa di Milano. Svincolando Galeazzo Maria da ogni ulteriore obbligazione nei confronti dei Gonzaga, il giovane sarebbe stato libero di sposare chi voleva!
Conclusione
Inutile ribadire che lo sgarbo del Duca di Milano nei confronti dei Gonzaga, provocò un serio incidente diplomatico, gelando di fatto per quattro anni (cioé fino alla morte di Francesco Sforza), i rapporti tra le due Casate. Quando nel 1466, Galeazzo Maria diventò Duca al posto del padre, la tensione fra le due famiglie, andò con gli anni, allentandosi, fino alla rinormalizzazione dei rapporti.
Susanna Gonzaga
Susanna, indubbiamente sfortunata a causa della sua deformità, visto che comunque nessuno l’avrebbe presa per moglie, si fece monaca e finì rinchiusa nel monastero, annesso alla chiesa di di Santa Paola, Pantheon dei Gonzaga a Mantova. Il monastero era stato fondato dalla sua nonna, Paola Malatesta (sepolta nel Pantheon), affinché ospitasse le Clarisse Francescane. Finì i suoi giorni nel 1481, all’età di soli trentaquattro anni.
Dorotea Gonzaga
Dorotea, andata a monte la promessa di matrimonio con Galeazzo Maria, non si sposò mai: la vita non le riservò molte gioie. Morì molto probabilmente per un attacco di malaria, nel 1467. La poverina aveva solo diciotto anni! Era evidentemente destino che la giovane non vivesse a lungo. Forse questo fatto convinse i genitori a riprendere lentamente i rapporti con gli eredi di Francesco Sforza.
Bianca Maria Visconti e Galeazzo Maria Sforza
La morte del Duca Francesco Sforza, nel 1466, a parte rallentare le trattative matrimoniali in corso per far convolare a nozze Galeazzo Maria con Bona di Savoia, evidenziò fin da subito i frequenti motivi di attrito, per non dire scontro. fra madre e figlio.
Bianca Maria dava per scontata, all’indomani della morte del marito, una sua reggenza del Ducato assieme al figlio, dato che lui era un ventiduenne senza alcuna esperienza. Lei viceversa sapeva destreggiarsi bene, avendo già maturato esperienze di governo al posto del marito, tutte le volte che lui si assentava per le varie spedizioni militari, e pure in occasione di una lunga malattia che lo portò nel 1461 a due passi dalla morte.
Il figlio, legittimo erede alla successione alla guida del Ducato, mal sopportava le ingerenze della madre, dal carattere troppo diverso dal suo. Lei calma, saggia, riflessiva, determinata, lui ambizioso, irruento, impulsivo, cinico: i due non potevano andare d’accordo.
Nel 1468, Galeazzo Maria sposò finalmente Bona di Savoia (mal vista dalla madre di lui). La giovane sposa. molto ambiziosa e gelosa del potere della suocera, non tardò a renderle pan per focaccia, istigando subito il marito perchè la facesse allontanare da Milano. Lui non ci pensò due volte, forse da solo non l’avrebbe fatto … Assolutamente ingrato per quanto la madre aveva fatto per lui, la sfrattò dal Castello, relegandola a Cremona. Lei, poverina, non riuscì nemmeno ad arrivarci … Durante il viaggio di trasferimento da Milano, si sentì male e morì a Melegnano il 23 ottobre 1468. Aveva 43 anni. Corse voce che la sua morte fosse dovuta ad avvelenamento.
Galeazzo Maria, non fu un pessimo duca solo perché supportato dal validissimo cancelliere di suo padre, Cicco Simonetta: gli si devono riconoscere diversi meriti sia in ambito politico che amministrativo. Lati negativi la sua smodata passione per il lusso sfrenato, e la condotta immorale. Di atteggiamento altezzoso e scostante, mai pago delle sue favorite, si attirò gli odii di nobili e di famiglie offese dalla sua dissolutezza e dai suoi gratuiti atti di crudeltà. Il 26 dicembre del 1476, qualcuno di loro lo ripagò dei torti subiti, assassinandolo a pugnalate sull’ingresso della chiesa di Santo Stefano in Brolo. Aveva 32 anni.
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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