“Il Bacio” di Francesco Hayez
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Il Bacio è sicuramente l’opera più famosa di Francesco Hayez considerata il manifesto dell’arte romantica italiana della quale Hayez stesso fece altre TRE versioni tutte realizzate nel suo studio di Milano , città dove scelse di trasferirsi definitivamente nel 1822 e vi rimase fino alla morte (1882).
La lunga vita di Hayez la si può vedere come un interessante percorso artistico ricco di significati che si intrecciano anche con un periodo importante della storia d’Italia .
Il grande genio veneziano del romanticismo italiano Francesco Hayez (Venezia 10 febbraio 1791 – Milano 21 dicembre 1882) lo si può quindi considerare un personaggio milanese per vocazione e un cittadino di adozione di prim’ordine con incarichi prestigiosi nel settore dell’arte principalmente a Brera. Milano ancora oggi ne va fiera.
Milano lo ricorda così
Famedio. Tempio della fama
Alla sua morte, avvenuta all’età di 91 anni, fu sepolto al Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, luogo destinato alla sepoltura o alla memoria di personaggi illustri o benemeriti sia milanesi che di adozione. Nella Cripta (cappella sotterranea) del Famedio è presente un monumento a ricordo di questo nostro illustre cittadino, che insieme a Giuseppe Verdi per la musica, Alessandro Manzoni per la letteratura ha contribuito a rendere Milano un punto di forza nel settore artistico e culturale
Piazzetta Brera
In Piazzetta Brera, di fianco al Palazzo è tuttora presente il monumento in bronzo, realizzato dallo scultore milanese Francesco Barzaghi (1839-1892) e inaugurato nel 1890 alla presenza della figlia adottiva Angiolina Rossi Hayez, delle alte autorità cittadine e da molti amici come Cesare Cantù, nonché della sua più cara amica Giuseppina Morosini Negroni Prati (Lugano 1825-Milano 1909) alla quale Hayez dettò le proprie memorie pubblicate nel 1890 dalla Reale Accademia delle belle Arti di Brera.
Il monumento riporta sul fronte l’epigrafe «FRANCESCO HAYEZ / MDCCCXC». Ai lati del piedistallo ci sono due bassorilievi in bronzo uno dei quali riproduce Il Bacio. Qui Hayez appare già in età avanzata e l’immagine ricorda molto un autoritratto che dipinse più tardi quasi settantenne al quale, con ogni probabilità, il Barzaghi si ispirò.
Nell’insieme si tratta di un pregevole complesso monumentale la cui collocazione è in un posto ideale per ricordare il maestro che proprio all’Accademia di Brera svolse per tanti anni una intensa attività artistica ed accademica occupando incarichi prestigiosi
Autoritratto 1848
Così Hayez si firma “Francesco Hayez italiano della città di Venezia dipinse 1848”.
Non è solo una semplice firma ma è l’orgogliosa dichiarazione di appartenenza ad una Patria, l’Italia che combatteva ancora per la propria indipendenza.
Francesco Hayez era particolarmente affezionato a questo suo autoritratto. Il dipinto infatti rimase nello studio dell’artista fino alla sua morte.
Esposto, con altre sue opere, alla Esposizione Universale di Parigi del 1889 fu l’occasione per considerarlo un grande artista italiano del Romanticismo. Angiolina Rossi Hayez (1841-1902), l’amata figlia adottiva e unica erede, donò il dipinto intitolato ” Autoritratto a 57anni“, all’Accademia di Brera con altre opere del padre. In Pinacoteca arrivò nel 1886 con il legato (disposizioni testamentarie) del conte Alfonso Maria Visconti (1807-1887) che glielo aveva commissionato e che se lo tenne per oltre 25 anni.
Ma quante e quali sono le versioni de “Il Bacio”?
Ufficialmente si conoscono TRE dipinti dello stesso soggetto fatti in epoche diverse più un acquerello. Ma andiamo con ordine
La Mostra
E fu proprio Milano che ebbe il privilegio di ospitare la grande mostra “Hayez” alle Gallerie d’Italia di Piazza della Scala (novembre 2015-febbraio 2016) interamente dedicata al pittore a cura di Ferdinando Mazzocca, uno dei maggiori esperti dell’arte di Hayez, che illustra, attraverso le sue opere, il percorso artistico di questo pittore che ebbe modo, nella sua lunga vita, di essere testimone di rilevanti fatti storici.
L’avvenimento più importante della mostra rimane la presenza delle tre versioni più note de “Il Bacio” accostate per la prima volta su una unica parete, dipinte rispettivamente nel 1859 al centro (in collezione a Brera), nel 1861 a sinistra (in collezione privata) e nel 1867 a destra (in collezione privata). Nonostante le piccole variazioni , rimane inalterata l’immagine straordinaria di un bacio rappresentato con passione, naturalezza e abbandono.
C’è anche un altro aspetto importante che giustifica l’ammirazione di tanti osservatori. Pochi infatti sono quelli che rimangono insensibili di fronte all’attrazione che esercita il bacio dei due giovani protagonisti. Un bacio così sensuale, passionale e naturale da non lasciare indifferente nemmeno il regista Luchino Visconti (1906-1976) che decise di rievocare l’opera nella scena del film Senso del 1955 nell’attimo in cui si consuma l’ultimo bacio tra i due protagonisti una scelta che, innegabilmente, ha contribuito a rendere famosa l’opera.
Analisi delle opere
L’ambientazione
La scena, per le tre versioni (tutte olio su tela) ha la stessa ambientazione medievale. Si pensa si tratti dell’androne di un castello, a destra della tela sono messi in rilievo tre gradini, lo sfondo del dipinto è quasi tutto occupato da una parete in pietra interrotta solo da un varco ad arco in cui si intravede una figura in penombra che si presta a diverse e libere interpretazioni. Si può intravedere in alto a destra una piccola bifora (finestra divisa da una piccola colonna al centro) più evidente nella terza versione del 1867.
1859 Prima versione
Considerato il capostipite risulta essere il più noto e il più importante. Fu commissionato da un nobile, il conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto (1807-1887), ed esposto per la prima volta il 9 settembre del 1859 in occasione di una mostra all’Accademia di Brera che celebrava la fine della seconda guerra di Indipendenza (11 luglio 1859). Esattamente tre mesi prima l’8 giugno 1859 fecero il loro l’ingresso a Milano Vittorio Emanuele II e Napoleone III .
Il titolo dell’opera, originariamente più lungo rispetto a quello che conosciamo oggi, era “ Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV”, un titolo sicuramente enigmatico. Si fa riferimento a una “giovinezza”: ma di chi, non è dato sapere. Altrettanto vaga è l’allusione al “secolo XIV”. L’unica cosa chiara a tutti è l’azione svolta dai due protagonisti: un bacio appassionato e audace che suscitò l’entusiasmo del pubblico.
In questo primo dipinto, alcuni esperti intravedono un richiamo, non troppo velato, alla bandiera francese individuabili nelle sfumature bianche e blu della veste della donna e il rosso nella calzamaglia dell’uomo. Hayez, pare voglia rendere omaggio alla nazione d’Oltralpe, alleata con l’Italia in seguito alla stipula degli accordi di Plombières tra Napoleone III e Camillo Benso Conte di Cavour del 21 luglio 1858
Per più di 25 anni il dipinto rimase in casa del conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto che gli aveva commissionato l’opera, e solo nel 1886 poco prima di morire, lo destinò alla Pinacoteca di Brera, con altre opere, dove è tuttora esposto.
1861 seconda versione
In questa versione del 1861, anno della proclamazione del Regno d’Italia, la veste della fanciulla è di un bianco brillante , in segno di omaggio verso l’unificazione italiana attesa così ardentemente. Fu realizzata per la famiglia Mylius Vigoni, ricchi imprenditori tedeschi trasferitisi a Milano nel primo ottocento. Nella loro villa sul Lago di Como ospitavano artisti italiani, fra i quali Hayez, e tedeschi diventando un luogo d’incontro tra collezionisti d’arte, e uomini di cultura. Questa seconda opera nel 2008 venne battuta all’asta londinese da Sotheby’s per la somma di 780,450 sterline. Ora in collezione privata.
1867 terza versione
La terza copia, infine, si discosta dalle altre due per il drappo bianco steso sui gradini , il verde che compone una parte del manto dell’uomo che con la solita calzamaglia di colore rosso, pare simboleggiare i colori della bandiera nazionale italiana (collezione privata) .
La bandiera italiana Il 17 marzo 1861 venne proclamato il Regno d’Italia e la sua bandiera continuò ad essere, per consuetudine, quella della prima guerra d’indipendenza del 1848. Ma la mancanza di una apposita legge al riguardo – emanata soltanto per gli stendardi militari – portò alla realizzazione di vessilli di foggia diversa dall’originaria, spesso addirittura arbitrarie. Dopo la nascita della Repubblica, 2 giugno 1946, un decreto legislativo presidenziale il 19 dello stesso anno, stabilì la foggia provvisoria della nuova bandiera . Successivamente nell’Assemblea Costituente del 24 marzo 1947 nell’articolo 12 della nostra Carta Istituzionale viene confermata la formula proposta in precedenza dalla Commissione : ” La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di uguali dimensioni”. L’Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi tra commozione e prolungati applausi. (Quirinale.it)
Acquerello
Presentato nel 1859 all’Esposizione all’Accademia delle belle Arti a Brera è l’unica immagine trasportata su carta in un formato ovoidale firmata “Hayez Fran.co” sul lato destro. Non si tratta di uno studio preparatorio, come si potrebbe pensare, ma di un’opera ad acquerello vera e propria ricavata successivamente a breve distanza dal dipinto originale del 1859 . Hayez lo donò alla sua grande amica Giuseppina Negroni Prati Morosini , nobildonna attivissima a Milano nell’assistere i combattenti delle Cinque Giornate di Milano La sua casa milanese fu un vero salotto anti-asburgico frequentato anche da Giuseppe Verdi. L’acquerello, parte del legato (disposizione testamentaria ), entrò in collezione all’Ambrosiana nel 1962 , dove è tuttora presente con quattro ritratti dei componenti della famiglia, compreso quello dell’amica Giuseppina.
L’acquerello o acquarello è una tecnica pittorica che prevede l’uso di pigmenti finemente macinati e mescolati con un legante, diluiti in acqua. L’acquarello è una tecnica popolare per la sua rapidità e per la facile trasportabilità dei materiali, che lo hanno reso la tecnica per eccellenza di chi dipinge viaggiando e all’aria aperta. Il supporto più usato per questa tecnica è la carta, che viene usata preferibilmente ad alta percentuale di cotone puro, in quanto la fibra lunga di questo vegetale non si modifica a contatto con l’acqua. L’esecuzione è di per sé tecnica assai raffinata, dal momento che errori di esecuzione (quasi sempre dovuti alla scarsa manualità), difficilmente, e diversamente dalle altre tecniche pittoriche, possono essere corretti mediante la semplice sovrapposizione di altro colore. Infatti il colore è trasparente e non nasconde la stesura sottostante. (Wikipedia).
Conclusioni
Dipinti: quanti sono?
Riprendendo la domanda sul numero delle versioni de “Il Bacio” come descritto più sopra si può affermare che il numero delle versioni di cui si conosce l’ubicazione sono i tre dipinti olio su tela presenti alla mostra e come risulta anche nel catalogo Sotheby’s relativo alla vendita all’asta del 2008 della seconda versione del 1861.
C’è però da tenere presente che, oltre alle tre versioni viste in mostra e all’acquerello in collezione all’ Ambrosiana, alcuni studiosi, su base documentata, hanno rintracciato e identificato altre repliche meno conosciute ma eseguite comunque da Hayez.
Una versione, della quale si sono perse le tracce, appartenuta ad un’amante, del pittore, Adele Appiani (nipote di Andrea, celebre pittore milanese del neoclassicismo italiano), finì probabilmente in vendita nel 1926 presso la allora Galleria Scopinich di Milano.
Lo studioso Ferdinando Mazzocca nel suo catalogo delle opere di Hayez , compilato nel 1994, parlava di un’ulteriore versione del 1859, di dimensioni più ridotte (55 x 40 cm) rispetto alle altre note, che sarebbe appartenuta alla famiglia di Carolina Zucchi, modella e anche lei amante del pittore. Questa versione sarebbe ancora in possesso degli eredi della donna (l’opera si troverebbe a Torino).
Riassumendo si può confermare che in tutto le versioni del dipinto sarebbero cinque , che si riducono a quattro se si esclude quella non più rintracciabile messa in vendita nel 1926 alla Galleria Scopinich .
Quanti Acquerelli ?
Alle versioni dei dipinti si può aggiungere l ’acquerello esposto all’Ambrosiana portando così a quattro le versioni accertate. Risulta che, oltre all’acquerello in collezione all’Ambrosiana l’unico visibile al pubblico, ne esiste un altro in collezione privata che appartenne al grande amico di Hayez Andrea Maffei (Molina di Ledro TN ,1798 – Milano ,1885) poeta, librettista e traduttore giunto a Milano nel 1825. Con la moglie Clara nacque il Salotto Maffei, punto d’ incontro di aristocratici, intellettuali ed artisti di cui Hayez era un assiduo frequentatore.
Lo storico dell’arte Sergio Coradeschi, nel suo libro L’opera completa di Hayez (della collana dei classici Rizzoli), fa cenno ad altri acquerelli ma senza indicarne il numero..
L’esposizione dei tre “baci” nella mostra, generò tuttavia (e genera tuttora) un po’ di confusione sul numero esatto delle versioni.
Riepilogo
- 3 dipinti, 1859 – 1861 – 1867 (visti in mostra a Milano, novembre 2015-febbraio 2016)
- 1 acquerello (presente in pinacoteca Ambrosiana )
- 1 acquerello ( in collezione privata, regalo fatto all’amico Andrea Maffei)
- 1 dipinto (collezione privata a Torino, come cita lo storico Ferdinando Mazzocca)
- 1 dipinto (non più rintracciato, dopo la vendita all’asta del 1926, Galleria Scopinich)
Bibliogafia
Elenco
- Finestre sull’Arte
- Ferdinando Mazzocca
- Lombardia Beni Culturali
Classe 1939 nata a Milano.
Ama girovagare per Milano con particolare interesse per gli aspetti della vecchia Milano non disdegnando però la parte moderna che la annovera tra le più dinamiche città europee. Appassionata di arte in tutte le sue forme, frequenta regolarmente Musei ed eventi culturali come possono essere le mostre temporanee, convegni e avvenimenti specifici.
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