Carla Fracci, una vita sulle punte
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Ormai era diventata una regola: in qualunque teatro si trovasse, ogni sua comparsa sulla scena, ogni sua chiamata alla ribalta, erano sottolineate dalla platea al loggione, da incessanti scrosci di applausi che omaggiavano la diva in segno di stima, affetto e gratitudine. Quella diva era lei, Carla Fracci, bellissima, con i capelli raccolti nello chignon, il “total look” bianco e le scarpine da punta di raso lucido che sbucavano dall’orlo della gonna, sempre pronta ad elargire sorrisi, proprio come si addice ad un’étoile.
Come mai, cosi tante ovazioni nei suoi confronti?
“ …. Il pubblico avverte sempre quando un artista è autentico, sincero, e dedicato fino in fondo. Soltanto, a queste condizioni, può nascere, nell’interpretazione, la magia ….”,
Così rispondeva Carla Fracci, in una vecchia intervista alla TV.
Fedele a questo credo, in ogni spettacolo in cui figurava come protagonista, si spendeva per dare sempreil meglio di sé stessa.
164 cm di altezza, 55 kg di peso, “Carla, eterna fanciulla danzante“, così amava definirla l’amico poeta Eugenio Montale, quasi a voler esprimere, con quelle parole, la grazia di ogni suo movenza e la naturale eleganza del suo librarsi nell’aria come una libellula.
I suoi primi anni
Carolina Fracci, così era stata registrata all’anagrafe, nacque a Milano il 20 agosto 1936. I suoi genitori erano di origini modeste: il papà Luigi, sergente maggiore degli alpini, fu richiamato per la campagna di Russia durante il secondo conflitto mondiale, la mamma, Santa Rocca, detta Santina, era operaia alla Innocenti di Milano. Carla, (con questo nome, sarebbe poi stata chiamata e conosciuta da tutti), ebbe un’infanzia serena con mamma e nonna nonostante fossero sfollati durante gli anni della guerra, in un paesino del mantovano. Amava molto la musica e il ballo ma come avrebbe mai potuto immaginare che di lì a poco, sarebbe diventata una stella di primissima grandezza nel firmamento della danza mondiale? Marisa, la sorella minore, nata il 5 aprile 1942, seguirà le medesime orme di Carla, pur senza riuscire a conseguire i suoi successi.
Suo padre, fortunatamente tornato dalla Russia, trovò impiego a Milano presso l’ATM (Azienda Tramviaria Milanese), come tranviere sulle vetture della linea 1.
L’infanzia di Carla fu modestissima, simile a quella di tanti altri, nell’Italia del primo dopoguerra. Abitava in via Ugo Tommei, tra Porta Romana e Porta Vittoria, in una di quelle case di ringhiera col bagno esterno.
Una domenica dell’estate del 1946, i Fracci, andati in spiaggia all’Idroscalo con le bimbe, incontrando casualmente un’amica di famiglia, orchestrale alla Scala, si soffermarono a parlare con lei, mentre le piccole Carla e Marisa, sfuggite al controllo dei genitori, perchè attirate dalla musica di un jukebox lì vicino, si erano messe a ballare da sole al ritmo della musica del disco gettonato. Osservando divertita, l’esibizione di quell’esile frugolo di 10 anni, che, scimmiottata dalla sorellina minore, stava ballando il tango con notevole senso del ritmo, l’amica intuì, dalla grazia delle sue movenze, il talento e la predisposizione di Carla per la danza. Parlandone con Luigi e Santina, riuscì a convincerli a far fare alla piccola, un provino per l’ammissione alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala.
Il provino di ammissione (1946)
E fu così che qualche settimana più tardi, accompagnata dai genitori, la piccola Carla si presentò alla Scuola di Ballo della Scala per il provino.
A parte le movenze aggraziate della bimba e il suo innato senso del ritmo, galeotta fu la dolcezza di quel visino sempre sorridente. “La ghà un bel faccin”, fu lo spontaneo commento, in milanese stretto, dell’influente direttrice della Scuola di Ballo, Ettorina Mazzucchelli, che avendo presenziato all’esibizione della bambina Carla Fracci. aveva individuato in lei, un notevole potenziale. Fu proprio quella frase pronunciata da una delle più grandi insegnanti di danza italiane, a condizionare il giudizio degli altri selezionatori, che invece avevano in animo di rivederla in seguito, perché ritenuta troppo gracile, per i canoni di una ballerina.
[Ndr. – E’ davvero incredibile, a volte, quanto una frase, detta al momento giusto, possa cambiare il destino di una persona!]
Questo amava raccontare Carla, di quei suoi primi anni:
A differenza di tante altre bambine, io non ho mai realmente sognato di fare la ballerina. Sono nata poco prima della guerra, poi fummo sfollati a Gazzolo degli Ippoliti, in provincia di Mantova, quindi a Cremona. Papà lo credevamo disperso in Russia. Io giocavo con le oche, ci si scaldava nella stalla. Non sapevo cosa fosse un giocattolo, al massimo la nonna mi cuciva bamboline di pezza. Progettavo di fare la parrucchiera, anche quando, dopo la guerra, ci trasferimmo in una casa popolare a Milano, quattro persone in due stanze. Però sapevo ballare e così allietavo tutti al dopolavoro ferroviario, dove mi portava papà. Fu un’ amica dei miei che li convinse a portarmi all’esame di ammissione alla scuola di ballo della Scala. E mi presero solo per il “bel faccino”, perché ero nel gruppo di quelle in forse, da rivedere. [rif. – Biogafieonline.it]
Così, a soli 10 anni, nel 1946, come spesso accade a quell’età, la piccola Carla si trovò iscritta dai genitori, all’accademia, quasi senza sapere il motivo di quella scelta, iniziando il lungo percorso di studio (otto anni). La scuola era gratuita, anche perché le disponibilità economiche della famiglia non avrebbero potuto sostenere eventuali spese di questo tipo. Il padre, in servizio sulle vetture della linea 1, l’accompagnava a scuola ogni mattina, passando col suo tram, proprio davanti al teatro. Una vita rivelatasi inizialmente durissima per una ragazzina, improvvisamente catapultata in un ambiente nuovo, obbligata a pesanti sacrifici e a privazioni senza capirne il reale perché. Visse pertanto male i primi due anni della sua adolescenza, obbligata ad una disciplina e a delle costrizioni per lei pesantissime, dove scuola e teatro furono quasi odiati perché visti come una sorta di prigione.
Poi, improvvisamente, un bel giorno, la svolta, uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. Carla venne prescelta per una particina da comparsa ne La Bella Addormentata, balletto di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Sulla scena, rimase come folgorata dalla superba esibizione della splendida ballerina inglese Aurora Margot Fonteyn. Scattò qualcosa in lei, un improvviso desiderio di emulazione. Da quel momento, si prefisse l’obiettivo che avrebbe voluto diventare come lei. Del resto i suoi genitori le dicevano sempre che il successo va guadagnato, e da quel momento Carla si mise a lavorare con grande lena e abnegazione. Disciplina, studio, sacrificio, dapprima insostenibili, non le pesarono più. Lavoro, costanza e cocciutaggine divennero suoi inseparabili compagni per raggiungere l’obiettivo, l’eccellenza di quel suo idolo. Alla Scala si formò seguendo gli insegnamenti della grande coreografa russa Vera Nikolaevna Volkova, di Edda Martignoni e di Paolina Giussani. La tenacia, la costanza e la sua forza d’animo, le consentirono di diplomarsi nel 1954, per poi proseguire la sua formazione artistica partecipando a stage avanzati a Londra, Parigi e New York.
Fra un impegno e l’altro, sbocciò anche l’amore
Non era ancora ventenne, che Carla Fracci incontrò nel 1955, nella sala prove della Scala, l’uomo che sarebbe stato il fedele compagno della sua vita, sette anni più anziano di lei: era Giuseppe Menegatti, Beppe per gli amici, allora aiuto regista di Luchino Visconti. Come la vide, non fu il classico colpo di fulmine, ma la scintilla era scoccata e, contraccambiato, s’innamorò di lei. I due si sposarono poi nel 1964.
Così raccontava Carla in una intervista, nella trasmissione Verissimo:
“Quando ci siamo conosciuti io e Beppe, lui era già fidanzato. Poi ci fidanzammo, le nozze arrivarono solo dopo nove anni perché abbiamo dovuto rinviarle spesso: io venivo invitata spesso all’estero, i documenti per il matrimonio scadevano e dovevamo rifarli ogni volta”
Il suo debutto alla Scala (1955)
Il 31 dicembre 1955, il grande debutto di Carla Fracci nella Cenerentola, in scena al Teatro alla Scala. Quel momento segnò il vero inizio della sua splendida e prestigiosa carriera. Fin dall’inizio facente parte del Corpo di Ballo della Scala, venne promossa dapprima come “Danzatrice Solista” e, nel 1958, divenne “Prima Ballerina”. Da quel momento, fu un susseguirsi per lei, di apparizioni e ruoli in molte produzioni e teatri sia italiani che esteri. Negli anni sessanta, danzò con alcune notissime compagnie straniere, quali il London Festival Ballet, il Sadler’s Wells Ballet (ora noto come Royal Ballet), lo Stuttgart Ballet e il Royal Swedish Ballet. In seguito (nel 1967) sarà ballerina ospite anche nella prestigiosa compagnia dell’American Ballet Theatre al Metropolitan Opera House di New York.
Numerosi gli incontri che segnarono il percorso artistico della Fracci. Fra questi, quello con il coreografo inglese John Cranko, che la volle già nel ‘58 per il ruolo di “Giulietta” nella sua nuova versione di “Romeo e Giulietta” per la Fenice di Venezia. Al suo debutto, lo scrittore Jean Cocteau, che aveva visto quella prima, le si avvicinò complimentandosi: «Merci mademoiselle… l’anima di Giulietta è ora nelle vostre braccia e nel vostro cuore».
L’anno seguente danzò a Londra, al Royal Festival Hall, interpretando per la prima volta “Giselle” che le regalò l’ovazione del pubblico a scena aperta: personaggio questo, che ancora oggi si lega inscindibilmente alla ballerina milanese, per la straordinaria sensibilità e la tensione drammatica dimostrate in scena.
“Giselle” è considerato oggi, il simbolo e l’apoteosi del balletto romantico. In omaggio a lei, ne riporto la trama. Il ruolo di contadinella innamorata, che amava tantissimo, le era in effetti molto congegnale.
In un piccolo villaggio della Renania, Giselle, giovane contadina, espressione della felicità e dell’allegria, è innamorata di Albert, giovane aristocratico. Il suo è un amore innocente, puro ed è convinta di esserne contraccambiata. Invano il guardiacaccia Hilarion, da sempre innamorato di lei, cerca di convincerla che Albert, che si spaccia per contadino, in realtà la sta ingannando . Intrufolatosi di nascosto in casa del rivale in amore trova in una spada con tanto di blasone la prova che Albrecht è un nobile sotto mentite spoglie.
Al termine di una battuta di caccia, alcuni nobili si fermano con il loro seguito al villaggio, dove vengono accolti con gioia dalla gente del posto. Batilde, giovane aristocratica promessa in sposa ad Albrecht, incontra casualmente Giselle facendole dono di una collana. Ad una Giselle all’apice della felicità si contrappone un Albert preoccupato perché teme che Batilde, abbia intuito il suo doppio gioco.
È il momento che Hilarion attendeva da tempo. mostra a Giselle e agli altri presenti, la spada di Albrecht che lui aveva nascosto, rivelando la vera identità ed il suo inganno. A quella vista, tutti i sogni e l’amore che Giselle aveva per lui, sembrano crollare di colpo: lei impazzisce di dolore e muore.
Per una sola ora, ogni notte, nel cimitero del villaggio, appaiono le Willis, fantasmi di ragazze morte per amore prima del matrimonio, cui, alla luce della luna, viene concesso di danzare fra le tombe. Allo scadere dell’ora, dovranno nuovamente ridiscendere nelle loro tombe fredde come il ghiaccio.
Hans preso dal rimorso per la morte di Giselle, va nottetempo alla tomba dell’amata. Le Willis lo circondano e lo costringono a danzare fino alla morte. Pure Albrecht, sconvolto per la morte della giovane, si inginocchia una delle notti successive, ai piedi della sua tomba. Viene subito attorniato dalle Willis che tentano di farlo danzare sino alla morte ma fra queste si frappone Giselle che, ancora innamorata di lui lo protegge dalla collera delle Willis salvandolo col proprio amore.
Al primo chiarore dell’alba, i fantasmi delle Willis si dissolvono e con loro scompare anche l’ombra leggera di Giselle. Resterà per sempre, tuttavia, il suo ricordo nella memoria di Albrecht, ormai condannato a vivere con il sogno e il rimpianto di un amore perduto, di un amore più forte della stessa morte.
Ballerina romantica per antonomasia, Carla Fracci prese pure le parti di “Aurora”, “Gelsomina”, “Swanhilda“, e molte altre protagoniste dei più celebri balletti di repertorio. Grazie alla sua straordinaria sensibilità, questi ruoli la consacrarono come la ballerina-interprete per eccellenza.
Danzò con i più grandi
Carla ebbe come partner d’eccezione, artisti di fama mondiale, cui legò il suo nome in molte rappresentazioni; dal danzatore e coreografo russo Vladimir Vasiliev al danese Henning Kronstam, dal milanese Amedeo Amodio al genovese Paolo Bortoluzzi a Mikhail Bariyshnikov, ballerino, coreografo e attore russo-americano di origine lettone. Uno dei primi ad incontrare la giovane Carla Fracci e a restarne impressionato, fu il danese Erik Bruhn che la volle accanto a sé per danzare “Giselle“, al Metropolitan di New York..
Nel 1963, poi, l’incontro con Rudolf Nureyev, il ballerino e coreografo sovietico naturalizzato austriaco. Era uno dei più grandi danzatori del XX secolo, un autentico mito, soprannominato “The flying tatar” (Tataro volante), .per la sua velocità nel danzare e per l’attitudine alle acrobazie. Lui era quasi due anni più giovane di lei. Quell’incontro le permise di dare origine con lui, ad un sodalizio artistico che, da quel momento in poi, avrebbe davvero incantato i numerosissimi fan della danza.
Più volte, in seguito, Carla ebbe modo di ricordare con tenerezza ed affetto, il grande danzatore russo, scomparso prematuramente (a causa dell’AIDS) nel 1993 a soli 55 anni. Lui era per lei spesso insegnante prima ancora che partner, sempre molto carismatico ed esigente.
La maternità (1969)
Beppe Menegatti, essendo pure lui uomo di teatro, le rimase accanto seguendola ovunque e dandole sempre il suo sostegno morale, in ogni suo viaggio o tournée. I pesanti impegni e la frenesia che caratterizzano la vita di una stella della danza come lei, non le impedirono tuttavia nel 1969, di diventare mamma di un bel maschietto, Francesco, unico e amatissimo figlio. A dire il vero ne avrebbe desiderato un secondo, ma fu costretta a rinunciarvi per i troppi impegni di lavoro, che comunque l’avrebbero tenuta distante da casa, troppo a lungo.
Nota di gossip – Fu proprio dal momento della dolce attesa, che l’étoile iniziò a vestirsi di bianco. Durante la gravidanza usava abiti leggermente larghi di mussola bianca, perché la dolce attesa per lei, doveva essere vissuta come un momento privato. Fu da allora che decise di continuare a vestirsi sempre e solo di bianco!
Per tantissimi, fu quasi uno scandalo la nascita di Francesco! Ancora alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, era ritenuto inconcepibile che una donna che volesse fare della danza, la sua professione, potesse avere dei figli! E Carla fu davvero una pioniera nello sfatare questo tabù! Per la cronaca, c’è chi asserisce che ancora pochi giorni prima del parto, abbia ballato L’Attesa al Castello Sforzesco.
“La danzatrice stanca”, fu la poesia che nel 1969, Eugenio Montale, poeta ermetico e recensore dei balletti alla Scala, volle dedicare all’amica Carla Fracci con la quale aveva trascorso diverse vacanze in Versilia, a Forte dei Marmi. Immaginanò il suo rientro, dopo la maternità che, necessariamente, l’avrebbe tenuta, per qualche mese, lontana dalle scene. Appare significativo l’implicito apprezzamento nei suoi confronti, negli ultimi versi di questo suo componimento poetico:
Basta che uno / stupisca che il tuo fiore si rincarna / a meraviglia. Non è di tutti i giorni / in questi nivei défilés di morte.
Tradotto liberamente (in linguaggio meno aulico)
Tutti si accorgeranno che sei tornata, dato che, senza di te, i balletti sembrano sfilate di morte
Il rapporto col marito
Nella sua lunga carriera, il marito oltre che compagno nella vita privata, fu anche presente attivamente nella sua vita lavorativa, in qualità di regista e curatore di diverse opere da lei interpretate; insieme al repertorio classico, infatti, la Fracci si cimentò in opere contemporanee, quali Medea, Concerto barocco, Les demoiselles de la nuit, Il gabbiano, Pelléas et Mélisande, Il fiore di pietra, tutte esperienze che contribuirono ad aumentare la sua fama di étoile internazionale.
Incontri con varie personalità
Sir Charles Spencer Chaplin, altro mito del ‘900, grande maestro del cinema, dopo averla vista in un suo spettacolo alla Scala, ne restò ammaliato, tanto da confidarle: “You are wonderful” (Lei è meravigliosa). Fra altri suoi incontri importanti, quello con la regina Elisabetta, e con Rita Levi Montalcini
Pioniera del decentramento
Così amava raccontare di sé, Carla Fracci, “prima ballerina assoluta” come la definì, nel 1981, il New York Times
Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze. Sono stata una pioniera del decentramento. Volevo che questo mio lavoro non fosse d’élite, relegato alle scatole d’oro dei teatri d’opera. E anche quand’ero impegnata sulle scene più importanti del mondo. sono sempre tornata in Italia per esibirmi nei posti più dimenticati e impensabili. Nureyev mi sgridava: chi te lo fa fare, ti stanchi troppo, arrivi da New York e devi andare, che so, a Budrio… Ma a me piaceva così, e il pubblico mi ha sempre ripagato.” [rif. – Domus]
Ballerina e attrice, anche in televisione
Fu lei, la prima étoile a portare la danza in televisione, cioè nelle case di milioni d’italiani, facendo conoscere a gente di ogni ceto sociale, l’arte dove , al ritmo della musica, “il gesto sostituisce la parola”.
Carla, oltre ad essere bravissima ballerina, mostrò il suo talento come prima attrice, mettendo in luce le sue doti interpretative, in una miniserie televisiva del 1982, in 9 puntate sulla vita di Giuseppe Verdi, diretta dal regista Renato Castellani, assumendo la parte del soprano Giuseppina Strepponi, la seconda moglie del grande compositore.
Fra gli altri spettacoli presentati in televisione, Romeo e Giulietta (1982), Guglielmo Tell 1988) e i Vespri Siciliani (1989)
Direttrice di Corpi di Ballo
Trasmettendo la propria esperienza, riuscì sempre ad instaurare un ottimo rapporto con i ballerini poiché un clima sereno e positivo è la premessa fondamentale per ottenere dei risultati significativi. Con i giovani, puntava soprattutto sullo stile, che è andato quasi perduto.
San Carlo di Napoli (1989 – 1990)
Verso la fine degli anni Ottanta, ricevette l’incarico di dirigere il Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli; questo le permise ugualmente di continuare la sua carriera artistica prendendo parte a L’après-midi d’un Faune (con Paolo Bortoluzzi), Eugenio Oneghin, La bambola di Kokoschka , per citare solo alcune delle principali.
Arena di Verona (1996)
Nel frattempo dopo il San Carlo, nel ’96 andò a dirigere per una sola stagione il Corpo di Ballo dell’Arena di Verona.
Opera di Roma (2000-2009)
Dal 2000, assunse la direzione del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma, posizione che manterrà per ben 10 anni. Qui si adoperò per incrementare le rappresentazioni del repertorio tradizionale, portando in scena Il lago dei cigni, La bella addormentata, Raymonda, Lo schiaccianoci, Don Chisciotte, Le Corsaire, Romeo e Giulietta, Les Sylphides e Giselle, a lei molto cara. Ripropose il vasto repertorio del direttore artistico Sergej Pavlovič Djagilev, celebre per aver fondato la compagnia dei Ballets Russes. Fra le sue opere, La sagra della primavera nella ricostruzione del coreografo americano Millicent Hodson, Shérazade, L’uccello di fuoco e Petruška nelle versioni del russo Andris Liepa.
La memoria del passato e la volontà di portare in scena sempre spettacoli diversi, furono un chiodo fisso di Carla . Aiutata in questo anche dal marito, riesumò balletti perduti, dando loro nuova vita e mise in programmazione nuove opere di giovani talenti quali Luc Bouy, Luciano Cannito, Paul Chalmer, Fredy Franzutti, e tanti altri.
Insegnante di corèutica
Altro ruolo ricoperto da Carla Fracci, negli ultimi anni, fu quello dell”insegnamento della coreutica (= arte della danza) alle generazioni dei ballerini di domani; un ruolo tutt’altro che semplice, che richiese, avendo alle spalle l’esperienza di anni di carriera, comprensione dei problemi dei giovani, e capacità di comunicazione nell’infondere in loro la passione per un’arte che impone dedizione costante, studio e sacrifici notevoli ma che, alla fine. ripagano, di tutto il sudore versato. Famosa la sua frase: “La danza non è piedi e gambe, la danza è testa”!.
La Fracci ballerina non rinunciò all’esibirsi per il suo affezionato pubblico, continuando a donarsi e a dare emozioni magiche danzando anche dopo il compimento dei settant’anni, in coreografie create dal marito, disegnate appositamente su di lei.
Impegno sociale
Nel 2009 prestò la sua esperienza e il suo carisma alla politica, accettando la nomina ad assessore alla Cultura della Provincia di Firenze.
.Volontà e dedizione alla causa, furono delle costanti sia nella vita artistica che in quella privata della Fracci. Impegno reale nel tentativo di salvare dalla cancellazione, un’arte che tanto le diede e alla quale dedicò tutta la sua vita.
Appello al Presidente della Repubblica (2012)
Accorato fu pertanto il suo appello, nel 2012, all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano , in favore della danza, perché si adoperasse a salvare i finanziamenti per il balletto classico e le fondazioni liriche che sembravano condannati a sparire. Stanziamenti quasi azzerati in seguito ai pesanti tagli di bilancio degli ultimi anni, dovuti alla profonda crisi economica del Paese, che non risparmiarono il mondo artistico, già in crisi per conto suo.
Appello al Presidente della Camera (2013)
L’anno successivo , si rivolse all’allora Presidente della Camera, Laura Boldrini. perchè si adoperasse a contrastare il forte ridimensionamento in atto dei gruppi di balletto all’interno dei cinque principali teatri lirici italiani limitandolo a soli 230 ballerini professionisti in tutto. segno questo della scarsissima considerazione del governo nei confronti di un’arte, quella del balletto classico, che ha dato così tanto prestigio all’Italia nel mondo.
Ndr. – L’appello di Carla Fracci, rimase del tutto inascoltato: Il Corpo di Ballo dell’Arena di Verona , quarto teatro lirico italiano, venne sciolto nel 2016.
Ancora interprete di spettacoli (2014)
Il teatro vide ancora Carla Fracci sulle scene nel 2014 (a settantasette anni): dapprima al Politeama Greco di Lecce quale straordinaria interprete, unitamente ai danzatori del Balletto del Sud, prima nel ruolo di Artemide, poi in quello di Calliope, nell’opera-balletto Orfeo ed Euridice con la coreografia di Fredy Franzutti . Successivamente interpretò nella splendida cornice della Cattedrale di Oria, la figura di Artemisia Gentileschi, la celebre pittrice seicentesca di scuola caravaggesca nel coreo-dramma (fusione fra danza e recitazione drammatica) diretto dal marito Beppe Menegatti,
Una delle ultime sue apparizioni fu il suo debutto nel settembre del 2019 in “Omaggio a Fellini” con Giancarlo Giannini e il Balletto di Benevento.
Il grande rammarico
Un profondo senso di amarezza traspare dalla risposta di Carla Fracci a Elisabetta Testa, membro del CID (Consiglio Internazionale Danza) e critico di danza del quotidiano “Roma” e del periodico “Tuttodanza” che, in un recente incontro, le chiese:
Che cosa manca alla danza in Italia?
“Invece di aiutarla la stanno demolendo perché uno alla volta i teatri stanno eliminando i corpi di ballo. Tu lo sai meglio di me come stanno andando le cose, mi sento frustrata, lavorando come ho lavorato in tutti i teatri italiani si capisce che ora i giovani non hanno prospettive future, sono anni che dico che ci vorrebbe una compagnia italiana nazionale. Questo è l’augurio che posso fare: più spazio per i giovani! Che il Ministero e il governo si diano una mossa. Il problema è politico, non artistico, in questo momento molto difficile, bisogna difendere la danza perché ci sono tantissimi talenti italiani costretti ad emigrare all’estero per poter lavorare e questa è una grossa perdita per il nostro paese, un vero peccato”.
Riconoscimenti, premi ed onorificenze
Naturalmente, per il suo incessante operato in favore della danza. ebbe riconoscimenti ufficiali ed onorificenze:
- nel 1983 ricevette l’onorificenza italiana di Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
- nel 1994 fu nominata membro dell’Accademia delle Belle Arti di Brera
- nel 1995 divenne presidente dell’associazione ambientalista “Altritalia Ambiente”
- nel 2000 ricevette la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte
- nel 2003 ricevette l’onorificenza italiana di Dama di Gran Croce su proposta del Presidente della Repubblica
- nel 2004 fu nominata Ambasciatrice di buona volontà della FAO
- nel 2015 fu ambasciatrice di Expo 2015
- nel 2018 ricevette il Premio nazionale Toson d’oro di Vespasiano Gonzaga
- nel 2020 ricevette il premio alla carriera del “Novara Dance Experience”
La lunga malattia e la morte
Da sempre molto riservata, era afflitta da tempo, da un tumore di cui erano a conoscenza solo lei e i suoi famigliari più stretti. Visse con grande coraggio, dignità ed eleganza le fasi più delicate di questa dolorosa battaglia, trincerandosi, come da suo carattere, dietro un riserbo assoluto. Se ne andò “in punta di piedi”, come suo stile, spegnendosi, nel giro di pochi giorni, nella sua casa di Milano, fra le braccia del figlio tanto amato. Era il 27 Maggio 2021. Il 20 agosto avrebbe compiuto 85 anni.
Per l’ultimo omaggio delle autorità e dei milanesi a Carla Fracci, venne allestita la camera ardente nel foyer del Teatro alla Scala, la sua casa per così tanti anni. La cerimonia funebre fu fatta invece nella Chiesa di San Marco; All’uscita dalla chiesa, l’ultimo saluto alla ballerina, fu intonato sulle note di “Sempre libera”, aria tratta dalla Traviata di Giuseppe Verdi. Era molto conosciuta e benvoluta. Troppo lungo è l’elenco dei nomi delle personalità delle istituzioni e del teatro, che, in un modo o nell’altro, hanno voluto essere presenti alla cerimonia e renderle omaggio.
Dal novembre 2021, le spoglie di Carla Fracci riposano nel Famedio del Monumentale, il Pantheon dei milanesi illustri, o benemeriti, in un colombario di fascia a lato levante. A lei l’onore di essere la prima donna ad esservi accolta, dopo 155 anni dall’inaugurazione del Cimitero Monumentale.
Un tram a ricordo
Gesto semplice, ma significativo, la decisione del Sindaco Beppe Sala di dedicarle, in segno di gratitudine dei milanesi nei suoi confronti e pure per tener vivo il suo ricordo, uno dei tram storici (mod. “Ventotto” della Carminati & Toselli) ancora in circolazione in città, sulla linea 1. E’ una vettura dipinta completamente di bianco (il colore preferito dalla ballerina), con la scritta “Milano per Carla Fracci” sulle sue fiancate. Questo, a ricordo degli anni in cui, ancora ragazzina, il padre dopo averla accompagnata come ogni mattina col suo tram della linea 1 alla Scuola di Ballo della Scala, ripassando n volte da li’ durante il suo turno di servizio , scampanellava sempre per salutarla. Carla sicuramente da lassù, avrà apprezzato questo pensiero!
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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