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Chiesa di San Bartolomeo

Sont nassuu sott à San Bartolamee,
in del milla e sett cent settantases
al mezz di del dì quindes de quel mes
ch’el sô el riva a quel pont ch’el volta indree.

(tradotto dal milanese)

Sono nato sotto San Bartolomeo
nel mille settecento settantasei
al mezzodì del giorno quindici di quel mese
in cui il sole arriva al punto che torna indietro.

Questa è la prima parte del celebre sonetto autobiografico del maggior poeta milanese Carlo Porta (1775 – 1821), che proprio qui, in questa chiesa, fu battezzato.
Era nato, a dire il vero, un anno prima di quanto riportato dal sonetto, il 15 giugno 1775, in una Milano sotto piena dominazione austriaca. Si è quindi ringiovanito di un anno! Civetteria? Forse, ma onestamente non credo! Con tutta probabilità, il poeta milanese fu costretto a farlo , unicamente per motivi di rima (settantases …. mes)!

Carlo Porta (1775 – 1821)

Ubicazione della chiesa

Ma dov’è questa chiesa?

Cerchiata in rosso, è l’antica chiesa di San Bartolomeo in una mappa di Milano del 1770


Impossibile trovarla oggi! Era situata, proprio all’angolo, fra le attuali via Fatebenefratelli e Piazza Cavour, allineata con gli altri edifici, quale prosecuzione di via Manzoni oltre le arcate della Porta Nuova (medioevale). Subito oltre la Porta, c’era un ponte sulla Fossa Interna del Naviglio: come si può notare nella settecentesca incisione di Marc’Antonio Dal Re (1697 – 1766), riportata qui di seguito. Secondo le antiche regole d’orientamento dei luoghi di culto da Ovest verso Est, la facciata della chiesa non dava quindi sull’attuale piazza Cavour (che allora ancoranon esisteva), ma direttamente sul Naviglio, cioè sull’attuale via Fatebenefratelli. Si trovava quindi, al di là della Fossa Interna del Naviglio che (oggi ricoperto), scorrendo sotto quella strada, prosegue, oltre la Porta Nuova, sempre interrato, sotto la via Senato.

Per maggiori dettagli sull Orientazione astronomica delle chiese cristiane. consiglio la lettura della nota nell’articolo Duomo di Milano – L’ingresso che non c’è

Pare che nelle sue forme primitive, questa chesa risalisse addirittura all’XI secolo. Di questo periodo comunque rimangono scarsissime testimonianze, così come altrettanto scarse sono le notizie di quanto San Carlo Borromeo prima, e il Cardinale Federico Borromeo poi, si siano prestati dedicando la loro illuminata e concreta attenzione per l’ampliamento e la crescita di quel tempio. Si sa per certo che l’architetto Francesco Maria Richini (1584-1658) la ristrutturò pesantemente dopo la famosa peste manzoniana del 1630.

Notare il gruppo di case, sulla destra, dietro il ponte: il basso edificio neoclassico, all’angolo con via Senato. ospitava il vecchio Politecnico, oggi è sostituito dal Palazzo dei Giornali.

A differenza della chiesa di Santa Maria Segreta al Cordusio, chiesa davvero unica, che è stata ‘spostata‘ in altro quartiere della città, ricostruendo l’interno praticamente identico a com’era inizialmente, in questo caso, la vecchia chiesa è stata demolita e ricostruita diversa da prima, nel medesimo quartiere, alcune centinaia di metri più verso l’esterno, a pochi passi dai Bastioni. Infatti in via Moscova 6 di fianco al Palazzo della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, troviamo una chiesa con lo stesso nome. Di fronte ad essa, quello che oggi viene spesso chiamato il Primo Palazzo della Montecatini, all’angolo fra Largo Donegani e via Moscova n. 3, (progettato dallo Studio Ponti-Fornaroli-Soncini tra il 1935 e il 1938).

Perché la vecchia chiesa è stata demolita?

Non sono state le bombe della prima o della seconda guerra mondiale a distruggerla, ma la volontà degli stessi milanesi, in nome del ‘progresso’!

Siamo negli anni dell’Unità d’Italia 1860-1861. Ad indurre a tale decisione la nuova Amministrazione Comunale appena insediata (dopo l’arrivo dei Savoia), era sicuramente stata la costruzione (peraltro già in corso), della nuova Stazione Centrale ferroviaria passante, ubicata in piazza Fiume, l’attuale piazza della Repubblica, stazione costruita subito al di fuori dei Bastioni che, all’epoca, racchiudevano ancora la città.

La prima Stazione Centrale di Milano

In previsione dell’inaugurazione a breve (1864) della nuova Stazione ferroviaria, e quindi, del sicuro incremento, in tutta la zona, del traffico veicolare di carrozze e di omnibus da e per il centro città, l’Amministrazione Comunale aveva deciso di fare allargare la strada che dal piazzale prospicente la Stazione, passando sotto l’ultimo recentissimo varco aperto nei Bastioni (la Barriera Principe Umberto), portava verso il centro. La cosa andava fatta subito anche perché per l’inaugurazione della Stazione era previsto l’arrivo del re Vittorio Emanuele II. Purtroppo, ad intralciare il percorso di quella strada, in prossimità della Fossa Interna dei Navigli, c’era la chiesa di San Bartolomeo, o meglio la parte absidale della stessa. Per salvaguardare la chiesa, sarebbe probabilmente bastato, senza grosso dispendio di risorse, operare una piccola correzione al tracciato della strada, ma alla fine prevalse l’idea (molto economica!!!) di demolire il luogo di culto, e ricostruirlo altrove! Il fatto poi che si trattasse di una chiesa del 1000 o giù di lì, a chi sarebbe potuto interessare? A nessuno ovviamente!. L’imperativo era allargare prima di tutto la strada, via Principe Umberto, per l’appunto, l’odierna via Turati! Così si è optato per la demolizione della chiesa. Eravamo nel 1861.

Ma chi è san Bartolomeo?

 Era un ebreo di Cana (Armenia) vissuto nel I secolo d.C. . Il suo nome Bartolomeo  è in realtà un patronimico, cioè l’espressione onomastica delegata ad indicare il vincolo col proprio padre. In aramaico suonerebbe come Bar-Talmai, ovvero  figlio di Talmai, il valoroso. L’apostolo viene chiamato con tale nome nei Vangeli sinottici, mentre nel Vangelo secondo Giovanni,, viene indicato con il nome di Nathanaele (letteralmente, “dono di Dio“) – sempre che si accetti l’identificazione tra queste due personalità, cosa della quale alcuni studiosi moderni dubitano.

Ndr. – I Vangeli sinottici (dal greco syn, “insieme”, e opsis, “visione”) sono i tre vangeli di Matteo, Marco  e Luca. Vengono chiamati così, perché se si mette il testo dei tre vangeli su tre colonne parallele, in uno sguardo d’insieme (sinossi) si notano facilmente molte somiglianze nella narrazione, nella disposizione degli episodi evangelici, a volte anche nei singoli brani, con frasi uguali o con leggere differenze.

A dire il vero, non è moltissimo quanto si conosce di lui: quanto si sa, proviene esclusivamente dalla lettura dei vangeli. Probabilmente era uno dei tanti pescatori della Galilea seguace dei dettami della legge di Mosé. Ebbe modo di conoscere Gesù, divenendo poi uno dei dodici apostoli che lo avrebbero seguito e diffuso fra le genti, la sua parola ed i suoi insegnamenti.

Secondo quanto riportato dal Vangelo di Giovanni, conobbe Gesù, tramite Filippo di Betsaida, suo amico, che gli aveva parlato entusiasticamente del Messia.

In quel tempo, Filippo trovò Nathanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret».
Nathanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?».
Filippo gli rispose: «Vieni e vedi»
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità».
Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?».
Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi».
Gli replicò Nathanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!».
Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!»
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore

Nella Bibbia, San Bartolomeo viene descritto come un uomo di fede profonda, che ha dato un contributo significativo alla diffusione del messaggio di Gesù. Fu uno dei pochi Apostoli ad aver assistito alla crocifissione e alla risurrezione di Cristo.

Insieme con gli altri Apostoli, predicò il Vangelo nella Giudea, operando miracoli e cacciando i demoni dagli ossessi. Ricevuta, nel giorno di Pentecoste, la pienezza dello Spirito Santo, annunciò fra mille difficoltà il Vangelo agli Ebrei, subendo come gli altri Apostoli, obbrobri e pestaggi per amore del Messia. Rifiutato dai Giudei, San Bartolomeo si recò prima in Libia, poi in Arabia, quindi nelle Indie Orientali e infine nell’Armenia Maggiore. La sua parola, unitamente ad una vita mortificata e allo spirito di preghiera, operò un bene immenso.
Nella mitologia cristiana risulterebbe che San Bartolomeo sia riuscito a convertire al cristianesimo Polimio  re dell’Armenia, unitamente a gran parte del suo popolo.
Il racconto dell’abate Luigi Lauda (1824-1892), scrittore, poeta e storico  italiano di origine arbëreshë (albanese) apparve nel 1881, nella sua versione letteraria, mentre risulterebbe del 1913, quella attualmente recitata. Secondo tale racconto, l’apostolo San Bartolomeo, giunto Armenia, riuscì a convertire al cristianesimo gran parte del popolo armeno compreso il re Polimio, che inizialmente era rimasto scettico nei suoi confronti. Il re si convinse lasciandosi battezzare dopo aver personalmente assistito alla guarigione della propria figlia indemoniata, operata da Bartolomeo e aver apprezzato il suo disinteresse per qualunque tipo di ricompensa offertagli. Il fratello di PolimioAstiage, istigato dai sacerdoti ovviamente contrari alla evangelizzazjone operata da Bartolomeo a scapito dei precedenti culti pagani, fece incatenare il santo Apostolo, e, dopo averlo processato per il suo operato, lo condannò lui stesso dapprima ad essere scorticato vivo, e quindi, come se ciò non bastasse, alla decapitazione. Mentre lo stavano seviziando, San Bartolomeo scongiurò il Signore perchè volesse perdonare i suoi carnefici. La cosa non finì con la sua morte. Ne seguì un duello tra i due fratelli, nel quale Polimio, difendendo il suo nuovo credo, intese vendicare la morte di Bartolomeo, ferendo a morte Astiage, per aver osato infierire sull’Apostolo.

Il Santo è ricordato soprattutto per il martirio da lui subito, uno dei più brutali e terrificanti tra quelli patiti dai santi martiri e tramandati dall’agiografia.
A causa del supplizio a cui sarebbe stato condannato, lo si vede spesso raffigurato mentre viene scuoiato o con un coltello in mano.

Le sue reliquie

Il corpo di San Bartolomeo venne sepolto ad Albanopoli,  città dell’antica Illiria specificatamente nella odierna Albania.
Secondo una tradizione, le reliquie del Santo sarebbero state trovate in Mesopotamia, a Martiropoli (corrispondente alla città di Silvan nell’odierna Turchia) nel V secolo; vennero portate poi a Dara [importante città-fortezza romana (poi bizantina) nella Mesopotamia settentrionale, lungo il confine con l’Impero sasanide] dall’imperatore Anastasio I, all’inizio del VI secolo; sono indicate quindi a Lipari (580 circa) e poi a Benevento (838); infine sarebbero state portate da Ottone III imperatore di Sassonia a Roma nel 983, dove sono ora venerate nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina.

Dal X secolo quindi, le sue reliquie sono venerate nella chiesa di San Bartolomeo a Roma, mentre il suo cranio si trova nel duomo di san Bartolomeo a Francoforte.

La festività di San Bartolomeo

Nella chiesa greca, la festività del San Bartolomeo si celebra l’11 giugno; in quella latina, pare che già dall’ VIII secolo, la ricorrenza sia il 24 agosto. Il frate domenicano Galvano Fiamma (1288 – 1344), cappellano dell’arcivescovo Giovanni Visconti e noto cronachista milanese, comunque conferma che sicuramente ai suoi tempi,il giorno di San Bartolomeo, veniva ricordato il 24 di agosto:

El ventiquatter l’è san Bartolamee,

Il 24 agosto

La transumanza

Questa data si faceva coincidere, di norma, con l’inizio della transumanza, cioè col rientro delle mandrie dagli alpeggi, operazione questa che non è uguale dappertutto.

NOTA
Storicamente il rientro del bestiame, dopo la pausa estiva sugli alpeggi, avveniva allora come oggi. in un periodo ben preciso che va dal il 24 agosto (giorno in cui viene ricordato San Bartolomeo) al 29 settembre (il giorno di San Michele). Nella cultura contadina, oltre alla funzione di puro trasferimento, la transumanza rappresenta da sempre un rituale per gli allevatori, e la festa di arrivo in paese, diventa un gesto di gratitudine verso la natura, tanto da sfoggiare mucche adornate con fasce, corone, campanacci, specchietti nascosti per scacciare i cattivi spiriti, un crocifisso per richiedere la protezione di Dio, e rose alpine, cardi e ramoscelli di mugo profumati. Per questo valore intrinseco alla cultura contadina, per lo spettacolo importante che rappresenta, fa parte del Patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. 

Lo stracchino

Era questa pure la data, in cui si iniziava la produzione degli “stracchini”.

CURIOSITA’
A proposito di stracchino, i milanesi chiamavano stracchitt questo formaggio, perché veniva prodotto dai pastori col poco latte ricavato dalle mucche stanche (stracche) per il lungo viaggio di rientro dagli alpeggi.

Pane per i poveri

In quella giornata, era usanza organizzare, dei festosi cortei di fedeli che, partendo dalle sei principali parrocchie cittadine, (una per sestiere), nelle varie zone della città, convergevano verso questa chiesa: ciascuno di questi cortei reggeva una lunga canna, a cui erano appesi (o a volte pure infilzati) dei grossi pani a forma di ciambella, che venivano poi deposti ai piedi dell’altare del Santo, per essere infine distribuiti ai poveri del quartiere.

Fiere paesane e sagre

Più tardi, cominciò a tenersi presso la chiesa di San Bartolomeo pure una fiera annuale, con grande concorso di giovani e fanciulli ai quali si usava regalare delle lunghe canne infilzate di ciambelle e dolciumi, le cosiddette pampare o pampale, di varia forma e grandezza, ossia pampalon o pampalin quest’ultima era riservata ai più piccini. Naturalmente poi, spogliate di ogni leccornia, le pampare venivano utilizzate come spade nelle vivaci battaglie fra monelli.

Il taglio dei capelli

Col tempo, la sagra scomparve, ma a lungo rimase radicata tra i milanesi, la consuetudine di tagliare per la prima volta i capelli ai neonati, proprio il 24 agosto.

NOTA
Il primo taglio accelera il processo di cambio della lanugine sui capelli più forti. È un processo naturale e corrisponde alle fasi di cambio del pelo durante il primo anno della vita, del neonato: prima c’è una specie di lanugine. Poi avviene “la morte” del primo capello con la conseguente caduta.

Ndr. – Chissà se, in qualche sperduta frazione della campagna lombarda, non resista ancora oggi questa usanza!

La notte di San Bartolomeo

NOTA STORICA
Storicamente, con l’espressione la ‘notte di San Bartolomeo’ si fa riferimento alla notte tra il 23 e il 24 agosto del 1572, quando migliaia di cristiani Ugonotti (protestanti francesi di confessione calvinista) vennero trucidati a Parigi dai Cattolici. I contrasti fra Ugonotti e Cattolici non erano solo di carattere religioso ma soprattutto politico. La vittoria dell’una o dell’altra corrente, poteva determinare la prevalenza dei Borboni (calvinisti), o dei Guisa (cattolici) sulla Dinasia e nel Regno.
In quei giorni, gli Ugonotti erano convenuti nella capitale francese, per i festeggiamenti per le nozze di Enrico di Borbone (calvinista), con Margherita di Valois, figlia di Enrico II di Francia e di Caterina de’ Medici e sorella del re Carlo IX di Francia (tutti cattolici), matrimonio che sembrava suggellare la prevalenza dei Borboni e degli Ugonotti sulla corrente opposta, da cui la reazione dei Guisa e dei cattolici, consentita se non addirittura provocata da Carlo IX e dalla madre Caterina dei Medici. E’ rimasta tristemente famosa nella storia, col nome di ‘strage della notte di San Bartolomeo‘, una tra le pagine più tragiche e buie che si ricordi, nella storia dei rapporti tra le Chiese.

La vecchia chiesa

Originale della Madonna Ausiliatrice (Lucas Cranach il Vecchio1520) – Cattedrale di Innsbruck.

Pare che la chiesa fosse piuttosto spoglia e non avesse particolari opere d’arte e di devozione, comunque, data la sua posizione leggermente defilata, ma comunque non lontana dal centro, divenne presto meta dell’aristocrazia cittadina. Fu così che nel 1683, a pochi anni di distanza dalla vittoria sui turchi a Vienna, vittoria attribuita alla intercessione della Vergine Maria, la contessa Teresa Gordone Serbelloni volle donare alla chiesa di San Bartolomeo un’icona della Madonna del Buon Aiuto, che fu collocata sull’altare laterale di Sant’Isidoro. Questa icona risulterebbe essere una copia dell’originale attribuita a Lucas Cranach il Vecchio (1472 – 1553), già pittore di Federico III di Sassonia, icona quest’ultima che fu posta, sull’altare maggiore della Chiesa Cattedrale di Innsbruck.

Sino alle disposizioni dell’Editto napoleonico di Saint Cloud del 1804, la chiesa (che era parrocchia) oltre ad essere molto frequentata, divenne anche uno dei luoghi privilegiati per la sepoltura di personaggi di diverse eminenti famiglie milanesi tra le quali i Bascapé, i Bodio, i Brivio, i d’Adda, i Fagnani, i Lattuada, i Meda, i Melzi, i Porta, i Recalcati, i Simonetta e gli Zanardi, ed anche numerose personalità politiche e militari delle varie epoche. Oltre alle varie lapidi, quella chiesa conservava pure il monumento funebre di un nobile tirolese, il Conte Carlo Giuseppe di Firmian (1717-1782), che fu Ministro Plenipotenziario di Milano di Maria Teresa D’Austria, presso il Governo della Lombardia.

EDITTO DI SAINT CLOUD
La cosiddetta Legge di Saint Cloud (in francese: Décret Impérial sur les Sépultures), emanato da Napoleone a Saint-Cloud il 12 giugno 1804, raccolse organicamente in due corpi legislativi, tutte le precedenti e frammentarie norme sui cimiteri in Francia e nei paesi dell’orbita napoleonica, tra cui l’Italia.

La legge stabiliva che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali. Si volevano così evitare discriminazioni tra i morti. Per i defunti illustri, invece, c’era una commissione di magistrati a decidere se far scolpire sulla tomba un epitaffio. Questo editto aveva quindi due motivazioni alla base: una igienico-sanitaria e l’altra ideologico-politica. La gestione dei cimiteri esistenti veniva ovunque definitivamente assegnata alla pubblica amministrazione in tutti i luoghi dove fu esteso, e non più alla Chiesa. Fu inoltre vietata, salvo eccezioni, la sepoltura in luoghi cittadini e all’interno delle chiese. [ Rif. – Wikipedia ]

Dal 1805 le venne annessa come sussidiaria. anche la vicina chiesa di San Francesco di Paola di via Manzoni.

Durante le Cinque Giornate di Milano

La chiesa di San Bartolomeo, nel 1848, fu protagonista di uno dei tanti tristissimi episodi accaduti durante le celebri Cinque Giornate di Milano: un reparto di soldati austriaci capeggiato dal tenente Wolf aveva sfondato la porta della chiesa di San Bartolomeo, alla ricerca di un sovversivo che, secondo loro, si era nascosto in chiesa. Non riuscendo a scovarlo, i soldati fecero irruzione nella casa del parroco: trovatolo, a seguito al suo rifiuto di collaborare con loro nelle ricerche del fuggitivo, lo massacrarono.

Chiesa di San Bartolomeo in corso di demolizione (zona absidale). Si possono notare sul fondo, a sinistra, le arcate della Porta Nuova Medioevale e subito oltre, lattuale via Manzoni
Maurizio Garavaglia (1812-1874)

La nuova Chiesa

Come già detto, per esigenze esclusivamente urbanistiche, nel 1861 si iniziò da un lato la demolizione dell’antica chiesa, e parallelamente dall’altro, la progettazione della nuova in via Moscova, ad opera dell’architetto Maurizio Garavaglia (1812-1874)  che cercò di realizzarla in uno stile neorinascimentale, che ricordasse il precedente tempio demolito.

Anche la nuova chiesa, costruita nel 1864, come luogo fo culto cattolico, fu sempre dedicata a San Bartolomeo  (in milanese la gesa de San Bartolamee). Ad essa confluirono tutte le più importanti opere della vecchia chiesa, tra cui si segnala il neoclassico monumento funebre dedicato al conte Karl Joseph von Firmian.

Facciata della Chiesa di San Bartolomeo (in via Moscova 6 – Milano)

Ndr. – La prima cosa che, a mio avviso, colpisce l’osservatore, entrando in questa chiesa per la prima volta, è il pavimento in parquet (fra l’altro molto delicato). E’ l’unica chiesa che io conosca, con tale caratteristica.

Interno della Chiesa di San Bartolomeo (in via Moscova 6 – Milano)

L’altare maggiore

L’altare maggiore esistente nella precedente chiesa, è stato trasferito (modificato rispetto a prima) nella nuova.
Spicca in particolare evidenza, sopra il tabernacolo dell’altare maggiore, l’icona della Madonna del Buon Aiuto, che, come già visto, la contessa Teresa Gordone Serbelloni aveva voluto donare nel 1683 alla vecchia chiesa di San Bartolomeo e che in quell’occasione, era stata collocata sull’altare laterale di Sant’Isidoro.  

Ndr. – E’ interessante notare la somiglianza fra l’icona della Madonna Ausiliatrice  di Lucas Cranach il Vecchio, oggi visibile sull’altare maggiore della Cattedrale di Innsbruck, e questa copia della Madonna del Buon Aiuto! In quest’ultima versione, sia la Madonna che il Bambino, hanno in testa la corona dorata che manca viceversa nell’originale.

Le 14 stazioni della Via Crucis

Adrian Paci

E’ molto raro che entrando in una chiesa, l’attenzione rimanga catturata dalle stazioni di una Via Crucis che raccontano la Vita e la Passione di Gesù.  Guardandole dal punto di vista del visitatore, di norma si tratta di stampe, dipinti o bassorilievi considerati come oggetti d’arredo, senza particolare valore, cioè non opere d’arte di maestri famosi, lavori sui quali valga davvero la pena soffermarsi. In questo caso, è diverso: perché l’artista, cui è stata commissionata nel 2011, la Via Crucis per questa Chiesa, è tale Adrian Paci (1969-) oggi uno dei più interessanti artisti sulla scena internazionale, non solo conosciuto in Europa, ma con numerosi riconoscimenti pure oltre oceano (ha presentato alcune sue opere al Museum of Modern Art di New York). E dire che costui, originario di Scutari, è uno dei tanti albanesi sbarcati fortunosamente sulle nostre coste, nel 1992, con una delle tante carrette del mare che approdavano quotidianamente sulle spiagge salentine. Allora aveva 23 anni: a Milano, ha frequentato, grazie ad una borsa di studio, un corso di ‘Arte e Liturgia’ presso l’Istituto Beato Angelico. Ritornato in Albania nel 1995, ha insegnato per un breve periodo, Storia dell’Arte e Estetica all’Università di Scutari. Nel 2000, a causa dei disordini scoppiati in Albania, decise di trasferirsi con la famiglia a Milano, diventando, da allora, milanese di adozione. La sua suggestiva Via Crucis, importante opera d’arte sacra contemporanea, è insieme sia antica che moderna. Vuole essere una preziosa testimonianza di come oggi, privilegiando le tematiche sociali, legate al noto fenomeno delle immigrazioni e al sentimento di spaesamento che ne consegue, sia ancora possibile, in chiave diversa, la narrazione di una storia senza tempo.

Le sue fotografie possono piacere o non piacere, tutto è naturalmente, molto soggettivo e dipende dalla sensibilità di ognuno di noi. Stampate su lastre di alluminio (53×86 cm), colpiscono perché, rispetto al solito, sono ‘nude’ ed ‘essenziali‘. Adrian Paci ha realizzato quelle foto, chiedendo ad alcuni suoi amici e collaboratori di ‘impersonare‘ la Via Crucis, facendo loro indossare tuniche semplicissime e disponendo davvero di strumenti elementari, come un asse di legno, un trabattello, etc.

Fra le varie tonalità di nero e grigio, in uno sfondo in cui risaltano i muri scrostati del cortile del suo laboratorio di Milano, spicca, come un raggio di luce, il bianco splendente della tunica di Gesù, effetto cromatico realizzato grazie ad un trattamento speciale operato sulle lastre stampate.
Questa personale di 14 stazioni è sconosciuta ai più, e può meritare una visita: è comunque una Via Crucis molto particolare che, conoscendo il vissuto dell’artista, fa maggiormente riflettere, inducendo a guardarla con occhio diverso.

L’altare di San Bartolomeo

L’altare di San Bartolomeo

L’altare che troviamo sulla destra della crociera, è dedicato a San Bartolomeo. La pala centrale, che intende rappresentare il momento del martirio del Santo, è attribuita al pittore lombardo Daniele Crespi (1598 – 1630).

Nonostante la sua prematura scomparsa all’età di soli 32 anni, per via della peste manzoniana del 1630, Daniele Crespi è annoverato tra i maggiori esponenti del Seicento lombardo.

Nella pala d’altare viene visualizzato il momento in cui San Bartolomeo sta per essere scuoiato vivo. La scena si svolge in campo nero e scuro, dove campeggiano i personaggi: in primo piano, il Santo incatenato, due esecutori della tremenda pena inflittagli e un soldato a controllare la scena. Ai piedi di quest’ultimo si trova un cane, simbolo di fedeltà.

Il martirio di San Bartolomeo

Monumento sepolcrale del Conte Firmian

Nella prima Cappella di destra, entrando in Chiesa, vi è il monumento sepolcrale del nobile politico austriaco Karl Joseph von Firmian (Carlo Giuseppe di Firmian). Questo monumento funebre ebbe una storia alquanto travagliata: fu collocato nella vecchia chiesa ove rimase sino a quando il governo napoleonico lo rimosse nel tentativo di estirpare ogni segno della dominazione austriaca, per poi essere rimesso in sede al ritorno degli austriaci nel 1815 al momento della Restaurazione. Demolita la vecchia chiesa nel 1861, il monumento, restaurato, fu trasferito nella nuova chiesa di San Bartolomeo costruita nel 1864.

conte Carlo Firmian (1718-1782)

Il conte Carlo Giuseppe di Firmian era nato a Mezzocorona (Trento) nel 1718. Figura di spicco nella scena politica del tempo, esordì come consigliere politico a Vienna. Venne nominato, nel 1753, ministro plenipotenziario a Napoli, dove portò a buon esito le trattative per il matrimonio tra Ferdinando (figlio del re Carlo di Borbone) e l’arciduchessa Maria Carolina d’Asburgo Lorena (tredicesima figlia di Maria Teresa d’Austria). Nel 1759, l’imperatrice Maria Teresa, decise di nominarlo, non ancora quarantatreenne, ministro plenipotenziario e governatore generale della Lombardia austriaca, incarico questo che mantenne per 23 anni, fino alla morte nel 1782.

Col beneplacito della sovrana, diede avvio, anche grazie ai consigli e alla preziosa collaborazione di importanti figure della cultura lombarda milanese, a significative riforme sia nel campo amministrativo che in quello giudiziario e culturale.
Nel 1768, ad esempio, fu lui personalmente, ad affidare a Giuseppe Parini (1729-1799), la redazione nel 1769 della Gazzetta di Milano e in seguito gli conferì la cattedra di Belle Lettere all’Accademia di Brera; istituì pure all’Università di Pavia, la cattedra di Scienze naturali che affidò a Lazzaro Spallanzani (1729-1799),

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)

Oltre a svolgere con ampiezza di vedute e lungimiranza la funzione di governatore dello Stato, fu pure molto amante della letteratura e della musica: ne è come testimonianza l’interesse per il giovane Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791) che, il 7 Febbraio del 1770, appena tredicenne, proprio in casa Firmian, si esibì per la prima volta, davanti ad un pubblico di musicofili milanese. Il Conte Firmian risiedeva nel palazzo Melzi d’Eril sito in via Fatebenefratelli (edificio oggi non più esistente essendo stato distrutto dai bombardamenti del 1943). Volle essere sepolto nella vecchia chiesa di San Bartolomeo, allora vicino alla sua casa.

Alla sua morte, Firmian lasciò una copiosa biblioteca di oltre 40.000 volumi, oggi divisi tra la Biblioteca braidense e la Biblioteca universitaria di Pavia, ateneo quest’ultimo, ove fondò anche un orto botanico e diversi laboratori di chimica, fisica, storia naturale ed anatomia), lasciandovi anche una preziosa raccolta d’arte. Sempre a lui, si deve la trasformazione della Scuola Palatina di piazza dei Mercanti in Accademia (1773), la fondazione dell’Accademia di Belle Arti nel palazzo Brera e l’apertura della prima biblioteca pubblica di Milano.

Il monumento funebre è opera dello scultore Giuseppe Franchi (1731-1806). Dopo un apprendistato effettuato fra Parma e Roma, trasferitosi a Milano nel 1775, al Franchi venne offerta una cattedra di scultura all’accademia di Brera appena fondata per volere di Maria Teresa d’Austria. A Milano entrò in contatto con l’architetto Giuseppe Piermarini (1734-1808) in quel periodo impegnato in numerosi progetti tra cui il Teatro alla Scala. Nel 1778 il Franchi eseguì un bozzetto in terracotta del Carro di Apollo per il frontone della facciata del Teatro alla Scala, lavoro che fu tradotto in stucco da Giocondo Albertolli (1742 – 1789) che sostituì il putto alato del Franchi con la personificazione della Notte. Nel 1783, esegui il monumento funebre al Conte Firmian nell’antica chiesa di San Bartolomeo (ora trasferito nella nuova sede della Chiesa di via Moscova), con il quale introdusse a Milano il modello neoclassico del monumento a struttura piramidale.

La cappella polacca

La Cappella Polacca

La Madonna di Czestochowa nella Cappella Polacca

Nella prima Cappella di sinistra, entrando in Chiesa, vi è quella che viene chiamata la Cappella Polacca. In essa viene conservato la bellissima icona della Madonna di Czestochowa, donata a questa Chiesa da Papa Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła 1920-2005).

Come mai un dono simile da un Papa polacco proprio a questa chiesa?
La comunità parrocchiale di San Bartolomeo (la chiesa divenne parrocchia nel 1901) ha dato ospitalità per diversi anni alla comunità polacca, che, quanto a numerosità, a Milano figura essere la seconda in Italia, dopo quella di Roma.

Vi sono diverse considerazioni di carattere sia storico, che locale a giustificazione della presenza di tale comunità.
Le ragioni storiche risalgono addirittura al 1797, quando la chiesa sorgeva ancora nell’attuale piazza Cavour, con l’arrivo delle armate di Napoleone in Italia, al seguito delle quali, vi era pure un contingente polacco.
Le motivazioni locali, sono invece dovute al fatto che questa chiesa si trova in un punto della città caratterizzato dalla presenza sia di numerose aziende multinazionali, che per quella di diversi consolati che danno a questa zona, un’impronta di carattere internazionale. A seguito di queste considerazioni negli ultimi anni è stata allestita in chiesa, una cappella, con l’icona della Madonna di Czestochowa benedetta il 10 maggio 1997 dal Cardinale Jozef Glemp Primate di Polonia e dal Cardinale Carlo Maria Martini arcivescovo di Milano perché fosse il punto di riferimento per i polacchi e per tutti i fedeli che hanno particolare devozione per questa Madonna.

Note

San Bartolomeo risulta essere :

Protettore:

calzolai, conciatori, cuoiai, fabbricanti di guanti, legatori di libri, macellai, pellicciai, sarti

Patrono:

Ben 153 Comuni in Italia. lo hanno come Patrono. Qui di seguito, l’elenco completo regione per regione:

ABRUZZO
Avezzano, Carpineto della Nora, Sant’Eufemia a Maiella

CALABRIA
Giffone, San Pietro in Amantea

CAMPANIA
Benevento, Vairano Patenora, San Bartolomeo in Galdo, Tufino, Vallata, Corbara, Cassano Irpino,  Greci, Petruro Irpino
EMILIA-ROMAGNA
Formigine, Casalgrande, Pavullo nel Frignano, Busseto, Casina, Borgo Tossignano, Fiumalbo, Ottone

FRIULI-VENEZIA GIULIA
Roveredo in Piano, Bagnaria Arsa, Chiusaforte, Erto e Casso

LAZIO
Ronciglione, Canale Monterano, Arsoli, Fontechiari

LIGURIA
San Bartolomeo al Mare, Borzonasca, Cosseria, Maissana, Zuccarello, Rondanina

LOMBARDIA
Brugherio, Casalpusterlengo, Carpenedolo, Orzinuovi, Castenedolo, Carugo, Almenno San Bartolomeo,  Siziano, Quistello, Monzambano, Borghetto Lodigiano, Ossona, Lallio, Sordio, Vellezzo Bellini,  Grandate, Barzago, Grumello Cremonese ed Uniti, Zerbolò, Domaso, Ubiale Clanezzo, Colere,  Civo, Temù, Oltre il Colle, San Bartolomeo Val Cavargna, Branzi, Songavazzo, Bagnaria, Suardi, 
San Zenone al Po, Lavenone, Sala Comacina, Margno, Gerola Alta, Bema, Cassiglio, Brumano, Blello

MARCHE
Morrovalle, Campofilone

MOLISE
Bojano, Gambatesa

PIEMONTE
Borgomanero, Vinovo, Boves, Trino, Villadossola, Airasca, Valfenera, Portacomaro, Vische, Melazzo, 
Prarostino, Vignale Monferrato, Morsasco, Mezzana Mortigliengo, Vistrorio, Cunico, Scopa,  Bruno, Nomaglio, Frassinetto, Arola, Cerreto d’Asti, Germagno, Castelletto Molina, Caprezzo, San Giorgio Scarampi, Valchiusa

SARDEGNA
Ossi, Meana Sardo, Usellus, Gonnoscodina

SICILIA
Lipari, Giarratana, Rodì Milici, Geraci Siculo, Ustica

TOSCANA
San Giuliano Terme, Civitella in Val di Chiana, Capannoli, Bibbona, Molazzana, Seggiano, Sillano Giuncugnano, Crespina Lorenzana, Abetone Cutigliano

TRENTINO-ALTO ADIGE/SUDTIROL
Renon, Montagna, Canal San Bovo, Segonzano, Caldes, Torcegno, Capriana, Vignola-Falesina, Valdaone

UMBRIA
Torgiano

VENETO
Salzano, Resana, Loria, Fossò, Villa Bartolomea, Illasi, Ormelle, Fara Vicentino, Chiarano, Gallio, Masi,  Papozze, Frassinelle Polesine, Agugliaro

Indirizzo

Parrocchia S. Bartolomeo
via della Moscova, 6 – 20121 Milano
tel. 02 659 2063

Come arrivarci

Metro : MM3 (linea gialla) – Fermata: Turati
Tram : n. 1 – Fermata Largo Donegani

Orario di apertura della Chiesa

Dal lunedì al venerdì 07:00 – 12:00 16:00 – 19:00
sabato 09:00 – 12:00 16:00 – 19:30
domenica 09:00 – 12:30 16:30 – 19:30

Mappe personalizzate di Divina Milano

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Il centro

Il Castello