Grazie a Pio IV, se c’è oggi la Galleria Vittorio Emanuele II
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Sembra un discorso assurdo, visto che Papa Pio IV è vissuto nel Cinquecento mentre la Galleria Vittotio Emanuele è stata progettata appena a metà dell’Ottocento … eppure …
Tommaso Marino, era un ricchissimo banchiere genovese, vissuto nel Cinquecento.
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Il Palazzo che porta il suo nome, è oggi sede del Municipio di Milano. Quando lui decise di farlo costruire,, il palazzo avrebbe dovuto rappresentare il simbolo della sua potenza economica. Lo commissionò pertanto nel 1557 ad un archistar dell’epoca, il perugino Galeazzo Alessi. I lavori partirono l’anno successivo e procedettero alacremente. Nel 1560, il grosso del lavoro era stato fatto. e rimanevano in ballo dei lavori di rifinitura delle facciata, nonché le decorazioni interne dei saloni e del cortile d’onore che era visibile dall’ingresso di via San Simpliciano (attuale via Marino). Quanto segue, fa riferimento a una combinazione tra due eventi apparentemente scollegati fra loro e, guarda caso, accaduti proprio quell’anno.
Tommaso aveva compreso, fin da ragazzo, che, con il danaro, sarebbe potuto arrivare ovunque e comprare qualunque titolo. Non era nobile di famiglia, ma indubbiamente molto ricco. Approfittando del fatto che diversi potenti dell’epoca (re, papi, governatori), a causa delle continue guerricciole per la loro smania di potere e di conquista, versavano spesso economicamente in cattive acque, lui elargiva prestiti a destra e a manca, ingraziandosi le simpatie dei suoi prestigiosi clienti. Ovviamente, era una generosità interessata, “do … ut des” (cioè “ti do … se tu mi dai” )… quindi i prestiti elargiti, erano sempre ripagati o con l’attribuzione di incarichi molto interessanti e lucrosi (es. appalti su forniture militari), oppure con onorificenze o, in mancanza di qualcosa di maggiormente appetibile, con promessa di restituzione del denaro, applicando tassi d’interesse da strozzinaggio (18-20%).
Fra le attività acquisite in tal modo, c’era anche quella scomoda ma lucrosa di ‘gabelliere’ per conto del Governatore dello Stato. Questa attività naturalmente lo rendeva inviso al popolo, visto che per la riscossione delle imposte o dei dazi, mandava in giro i suoi sgherri armati, prontissimi a usare mezzi persuasivi qualora i debitori non fossero stati in grado di pagare il dovuto.
Il tentativo … fallito d’un soffio
La goccia che, forse, aveva fatto traboccare il vaso dell’indignazione dei milanesi nei suoi confronti, a parte il suo scostante modo di fare, era stato l’evidente favoritismo che l’Amministrazione Comunale gli aveva riservato, nella stesura e nell’approvazione del nuovo progetto urbanistico del centro cittadino.
Si trattava di un primo tentativo di stesura di un ‘piano regolatore’. Era evidente a tutti, che lui avesse pagato qualcuno per riuscire ad ottenere, quell’anno, il permesso per l’apertura di una nuova strada. Questa, partendo dall’ingresso principale del suo palazzo (sull’attuale via Marino), proseguendo in linea retta, sarebbe arrivata in Piazza dei Mercanti (oggi via Mercanti).
L’apertura di questa strada richiesta da Marino, avrebbe significato per lui motivo di vanto, di potenza e di prestigio senza pari. Una comodità, a suo uso e consumo, dato che, detenendo il monopolio della fornitura di sale proveniente da Venezia per Milano e Genova, lui aveva lì, in piazza dei Mercanti, il magazzino ove era custodito il prezioso prodotto.
. In tal modo, sarebbe riuscito ad aprire quell’antica piazza che, per oltre trecento anni, era rimasta volutamente chiusa da tutti i lati essendo nata come cittadella ove si amministrava la giustizia e si svolgevano i commerci.
Demolendo gli edifici al lato nord della piazza, come il vecchio palazzo della Credenza di sant’Ambrogio ormai in disuso, questa strada sarebbe divenuta un’arteria importante, una sorta di Corso, ai lati del quale sarebbero potuti sorgere bellissimi palazzi in stile manierista, come era d’uso all’epoca.
Il progetto già pronto e approvato, fu ‘elegantemente’ bloccato all’ultimo momento dal nuovo papa, il milanese Pio IV (lo zio di Carlo Borromeo). Non si sa se sia stato un caso, o, più probabilmente, qualche voce che sia arrivata alle sue orecchie, … certo è che, qualche mese prima venisse approvato il progetto della nuova strada, lui aveva ‘politicamente’ affidato, a Vincenzo Seregni, direttore della Veneranda Fabbrica del Duomo, l’incarico per il progetto del nuovo Collegio dei Dottori (palazzo dei Giureconsulti), da costruire in Piazza dei Mercanti.
Lo scopo di questo nuovo palazzo era quello di favorire la formazione dei futuri amministratori della città (allora dovevano essere tutti, rigorosamente nobili). Avendo inoltre sponsorizzato l’opera con 5000 ducati d’oro, Pio IV non era certo disposto a cedere ai capricci del ‘gabelliere’ del Governatore spagnolo. Trattandosi di un palazzo sovvenzionato dal Papa, e utilissimo alla stessa città di Milano, l’Amministrazione Comunale cedette al suo volere, cassando il progetto della strada, già approvato. I lavori per il nuovo palazzo dei Giureconsulti partirono il 1562, annullando di fatto ogni possibile ulteriore velleità del Marino.
Se fosse stata realizzata effettivamente, tre secoli dopo, non sarebbe stato possibile costruire, la Galleria Vittorio Emanuele II, come percorso pedonale commerciale coperto, fra Piazza Duomo e Piazza della Scala. Quella strada, voluto dal Marino, infatti, l’avrebbe tagliata trasversalmente, impedendo in pratica, qualunque collegamento coperto fra le due piazze.
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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