I trasporti urbani nella Milano di ieri
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Questa, in copertina, è la sala da pranzo di “ATMosfera“, un originale ristorante milanese. Ambiente raccolto, intimo, un pò démodé, in una parola “vintage”, è uno di quei vecchi tram Serie 1500 del lontano 1928, tanto cari ai milanesi, ormai da tempo in pensione, dopo almeno ottant’anni di onorato servizio! Nonostante abbia anche “fatto la guerra“, e quindi fortunosamente scampato ai bombardamenti, evidentemente doveva essere ancora “ben arzillo” se l’ATM (Azienda Trasporti Milanesi), non solo lo ha graziato dalla demolizione, ma gli ha rifatto totalmente il look: esternamente, una seria elegante livrea blu (stile wagon-lit), internamente, un lifting di tutto rispetto, trasformato in ristorante a tutti gli effetti!
Con tanto di guardaroba, sala da pranzo, bagno e cucina, non manca proprio nulla! Otto tavoli apparecchiati, di cui quattro da 4 posti ed altri quattro da 2, per un massimo di 24 coperti in tutto! I menù proposti per la cena, a base di carne, pesce e vegetariano, aggiornati periodicamente per garantire la freschezza e la stagionalità dei prodotti, sono opera di affermati chef sempre presenti a bordo. La sua particolarità? Quella di essere un ristorante itinerante, nel senso che, durante la cena, va in giro per la città, mostrando ai commensali, i luoghi più caratteristici di Milano.
La carta dei vini offre la possibilità di scegliere tra etichette selezionate, che privilegiano la qualità e l’abbinamento con il cibo proposto. Il menu brunch è invece standard e non prevede bevande alcooliche.
Angelo Bertini
Angelo Bertini, certamente, ai suoi tempi, non avrebbe nemmeno lontanamente potuto immaginare una cosa simile! Probabilmente questo nome dice ben poco a tanti, se non addirittura nulla, eppure l’evoluzione tecnologica dei trasporti milanesi e non solo, è dovuta proprio a lui. Fu lui infatti a progettare e ad inventare, 128 anni fa, la prima linea tramviaria elettrificata della città! Era il 2 novembre 1893! Ma torniamo indietro di una decina d’anni.
Angelo, milanese di nascita, classe 1857, fu uno degli allievi di Giuseppe Colombo, professore universitario di meccanica ed ingegneria industriale presso l’Istituto tecnico superiore di Milano, (Politecnico). Nel 1882, fresco di laurea in ingegneria elettrotecnica, ebbe modo di rivedere il suo professore, da poco rientrato da New York, che partecipando alla inaugurazione della prima centrale elettrica al mondo, a Manhattan in Pearl Street, aveva conosciuto personalmente Thomas Edison, fondatore della Edison Illuminating Company.
Giuseppe Colombo, durante il suo soggiorno americano, aveva definito con Thomas Edison, il progetto di una centrale elettrica da costruire a Milano, concludendo con la Società Edison di cui lui era il titolare, l’acquisto dei macchinari necessari. Tornato a Milano, per la realizzazione pratica di questo progetto, coinvolse alcuni dei suoi migliori allievi: fra questi, Giovanni Battista Pirelli, e proprio Angelo Bertini.
1883 – Inaugurazione della Centrale di Santa Radegonda
La centrale termoelettrica di via Santa Radegonda, prima assoluta in Europa Continentale, sita a due passi dal Duomo (ove oggi c’è il cinema Odeon), venne felicemente inaugurata nel Marzo 1883 (Londra aveva anticipato Milano solo di qualche mese). La potenza elettrica delle quattro dinamo installate (circa 350 kW complessivi, sufficiente per accendere 4800 lampade ad incandescenza da 16 candele, alimentate a 100-110V, era modesta per i nostri standard attuali, ma decisamente notevole per quei tempi. Quindi, fino ad allora, l’elettricità non esisteva proprio, nè tanto meno i cavi elettrici per il trasporto dell’energia a distanza. La centrale partì, come tutte le cose nuove, un pò in sordina, e tantissimi, li per lì, cominciarono a lamentarsi col Comune per aver concesso l’autorizzazione alla costruzione di un simile manufatto nel “salotto buono” della città. Comunque, dopo tanti mugugni e polemiche iniziali, la centrale non tardò a farsi perdonare il denso fumo nero che sprigionava dalla sua altissima ciminiera e ad accattivarsi le simpatie anche dei più scettici. Il 28 giugno 1883 venne illuminato il Teatro Manzoni, in piazza San Fedele, primo teatro al mondo ad avere l’energia elettrica, mentre la notte di Santo Stefano, il 26 dicembre, in occasione della prima de “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli, i generatori della Centrale di Santa Radegonda illuminarono “a giorno” il Teatro alla Scala.
Dopo l’applauditissimo exploit dell’illuminazione elettrica alla prima della Scala con l’accensione contemporanea di 2880 lampadine sfavillanti davanti a tutte le autorità cittadine, Giuseppe Colombo, il 6 gennaio 1884, fondava la Società Generale Italiana di Elettricità Sistema Edison. E mentre il Comune affidava alla nuova Società Edison, in via sperimentale, la commessa per l’illuminazione elettrica del centro, (Piazza del Duomo, i portici settentrionali, la Galleria, Piazza della Scala, Corso Vittorio Emanuele, via Manzoni ed altre vie centrali), Angelo Bertini, si mise a studiare possibili campi di applicazione dell’energia elettrica, che non fossero unicamente limitati all’illuminazione. Pensò quindi ad un utilizzo pratico che potesse essere utile a tutti: l’elettrificazione delle linee dei tram, trainati fino ad allora unicamente dai cavalli.
I mezzi pubblici in città
Alla fine degli anni cinquanta dell’Ottocento, non esisteva ancora a Milano, un servizio regolare di trasporti pubblici. C’era soltanto qualche omnibus a otto posti, ad un solo cavallo, che, fin dal 1840, a mo’ di navetta, faceva servizio passeggeri fra il centro e la stazione ferroviaria di Porta Nuova, alla tariffa di 25 centesimi a corsa. La linea ferroviaria Milano-Monza, con capolinea a Porta Nuova, era stata inaugurata infatti proprio quell’anno. Cominciava comunque, proprio con questo collegamento navetta, a farsi strada fra la gente, la necessità di collegamenti regolari fra i vari quartieri della città.
Approfittando dell’unità d’Italia, e quindi del cambio di amministrazione da austriaca a italiana con i Savoia, il 28 giugno 1861, il cavaliere Emilio Osculati fondò la Società Anonima degli Omnibus (S.A.O.), ottenendo nel giro di pochi giorni la concessione per le prime tre delle undici linee di omnibus previste per servire la città.
1862 – Gli omnibus a cavalli
Difatti a partire dal 1 gennaio 1862, facevano la loro comparsa in piazza Duomo i nuovissimi scintillanti omnibus verdi, a quattro ruote di legno, con tanto di brumista a cassetta, sistemato sul tetto delle vetture, che teneva per le redini, una coppia di ronzini. Inutile dire che la novità venne accolta con molto favore dai milanesi che fecero a gara a provare i nuovi mezzi. Ogni veicolo, all’interno, era illuminato con una grossa lampada ad olio, e aveva otto posti a sedere. La frequenza delle corse, ogni dieci minuti. Il biglietto costava dieci centesimi a corsa, eccetto i collegamenti con la stazione, il cui biglietto era stato mantenuto a venticinque centesimi.
Tutte le linee partivano da piazza Duomo: davanti al civico 23, all’ingresso della futura Galleria Vittorio Emanuele. Lì, era stato istituito il capolinea per tutte le destinazioni, con una sala d’aspetto per passeggeri e un deposito bagagli.
Indubbiamente, da allora, per pochi spiccioli, il servizio consentiva una maggiore facilità di spostamento all’interno della città. Va considerato che Milano, città d’acqua. aveva un impianto urbanistico ancora medievale caratterizzato, entro la cerchia del naviglio interno, da una fitta rete di vie strette e tortuose.
Il servizio incontrò subito il favore dei milanesi, anche se, col passare degli anni il traffico privato, sempre in aumento, cominciò ad intralciare le corse degli omnibus.
Pare che non esistessero nemmeno le fermate a richiesta intermedie fra i capolinea come oggi, ma vista la bassissima velocità di esercizio, si usava salire al volo, saltando direttamente sul predellino del balconcino aperto sul retro del mezzo. Da qui, forse il famoso detto …. “Attaccati al tram”!
Milano fu la prima in Italia a dotarsi di un sistema di trasporto pubblico in città, tuttavia le altre maggiori capitali europee andarono più o meno di pari passo. Anzi sull’onda degli esempi forniti dalle grandi città estere, si cominciò fin da subito a riflettere sui miglioramenti da apportare, tipo la possibilità di passare al trasporto urbano su rotaia.
Proposte di miglioramento
Infatti, già nel 1863, l’anno successivo all’entrata in funzione del servizio regolare di omnibus ‘cittadini’, furono presentati in Comune alcuni interessanti progetti, allora ritenuti avveniristici. Il primo, dell’ing. Tettamanzi, prevedeva ad esempio, un anello (su strada ferrata), tutt’intorno alle mura spagnole, una circonvallazione vera e propria, con fermate alle varie porte d’ingresso alla città, che avrebbe consentito il raggiungimento di qualunque posto di Milano, senza intasare di traffico le strette vie del centro.
La seconda idea, era quella suggerita dal col. Gandini, il quale, avendo seguito a Londra le fasi di progettazione di una linea del loro “Tube” (o underground = metropolitana),aveva maturato notevole esperienza sul campo. Questi, prevedeva per Milano addirittura il prosciugamento della fossa interna dei Navigli, ormai poco utilizzata come via d’acqua, e la copertura degli stessi per convogliare il traffico cittadino su rotaia, “sotto il piano di terra”. Praticamente un lunghissimo tunnel, precursore dell’odierna metropolitana. Progetto questo anche valido, ma allora i tempi non erano ancora maturi per simili idee d’avanguardia e avremmo dovuto ancora attendere un secolo per vedere realizzare nel 1964, la linea rossa del metrò!
Quando nel 1864, venne inaugurata la nuova Stazione Centrale di Milano in piazza Fiume (attuale Piazza della Repubblica), tutti i percorsi delle linee degli omnibus delle zone limitrofe vennero modificati, in funzione di tale nuovo polo ferroviario..
Le vetture S.A.O.. circolanti a tale data, sembra fossero 35 in tutto, e le linee undici, con capolinea unico in piazza Duomo.
1869 – Omnibus a cavalli anche per trasporto funebre
La S.A.O. assunse, per conto del Comune, pure il servizio di gestione dei trasporti funebri per il Cimitero Monumentale aperto nel novembre del 1866, subito fuori Porta Volta, .
Leggi in proposito, la Gioconda, tram ‘unico’
La società degli Omnibus disponeva di due sedi: una più grande a Porta Orientale, l’altra a Porta Volta. Negli anni di massima espansione della società, quella di Porta Orientale, fra le vie Spallanzani, Melzo e Sirtori, aveva scuderie che negli anni Ottanta, arrivarono a tenere addirittura 580 cavalli, mentre l’altra, 426.
Sono ancora riconoscibili in via Sirtori tre delle quattro scuderie dell’epoca da 44 cavalli, che ospitano gli uffici della società di consulenza Roland Berger in via Sirtori 32 e il negozio Nervesa in via Sirtori 26. Queste ultime erano state trasformate in fabbriche del ghiaccio. L’edificio di via Sirtori 32 conserva la struttura delle scuderie con il piano terreno per i cavalli con colonne in pietra ed il primo piano per il fienile con capriate in legno.
Lo stabilimento di Porta Volta sarà restaurato all’interno dei lavori per il Programma Integrato di Intervento Enel e adibito a museo della Fondazione ADI per il Design Italiano.[rif. Wikipedia]
1881 – Gli omnibus a cavalli, su strada ferrata
Una prima significativa evoluzione del sistema di trasporto pubblico in città, si ebbe all’inizio degli anni ottanta, quando ci si convinse che le rotaie entro la cerchia dei navigli potevano essere la soluzione sia per una maggiore capacità di trasporto che per viaggi più confortevoli per i passeggeri, evitando i forti sobbalzi sul pavé.
A dire il vero già alcuni anni prima, dall’8 luglio 1876, si era sperimentata la soluzione su rotaie per un collegamento extra-urbano, sulla falsariga di altre città europee. Era l’ippovia Milano-Monza, una linea di omnibus dedicati, un’alternativa a basso costo del treno che già dal 1840 collegava fra loro, le due località. Non erano mezzi velocissimi … ci volevano almeno due ore, per coprire i 15 km del percorso! Giocando sul fatto che l’attrito delle ruote del mezzo su rotaia era decisamente inferiore a quello su terra battuta, avevano ideato un nuovo modello di carrozze, più capiente, a due piani raddoppiando la capacità di trasporto, a parità di fatica dei ronzini.
Gli studi intanto proseguivano su vari fronti. L’evoluzione dei motori per i mezzi cittadini, stava facendo passi da gigante. La trazione a vapore già sperimentata sui lunghi percorsi, vedi la “Ferdinandea“, cominciava a prendere piede pure sui tram, per tratte extra-urbane di 20-30 km. Il 9 settembre 1878, infatti, la M.M.C. (Milano Magenta Castano) ottenne la concessione per la costruzione di una tramvia a vapore tra Milano e Magenta, di circa 23 km di lunghezza,. Era il famoso “Gamba de legn”! Quei mezzi non erano tuttavia utilizzabili in città, a causa del vapore sprigionato dalle motrici.
La decisiva spinta all’istituzione in città, di un servizio di tranvie su rotaia a trazione animale, lo diede come sempre l’occasione di una manifestazione importante: la Grande Esposizione Nazionale (Esposizione Industriale Italiana), fissata per la primavera del 1881 ai Giardini Pubblici. Già ai primi di marzo, squadre di operai intrapresero i lavori di sterro per la posa dei binari lungo le arterie che portavano alla Mostra; sicché il 5 maggio, giorno dell’inaugurazione, erano pronte le linee di omnibus su rotaia che gravitavano su Corso di Porta Venezia.
Poiché da qualche anno il Comune aveva assorbito il Comune di Corpi Santi (8 giugno 1873), l’esigenza di servire i borghi limitrofi con dei mezzi pubblici, subito fuori le mura, si fece maggiormente sentire. La S.A.O. quindi predispose un servizio di omnibus più moderni e con maggior capienza per le linee dirette alle periferie, lasciando circolare in centro i mezzi più piccoli e più maneggevoli. Nel 1882 venne attivata la linea extra-urbana Milano-Affori.
1883 – I primi segnali di cambiamento
Intanto gli studi di Giuseppe Colombo sull’energia elettrica avevano portato, come si è visto alla costruzione della centrale termoelettrica di Santa Radegonda, che venne inaugurata nel marzo del 1883.
Nel 1884 la S.A.O., che aveva praticamente il monopolio del trasporto pubblico, inaugurò la linea extra-urbana su rotaia Milano-Corsico (naturalmente a cavalli).
Il ‘voler fare orecchio da mercante’ si paga a caro prezzo!
Il cavalier Emilio Osculati, (titolare della S.A.O.), non recepì il significato e la portata delle scoperte di Colombo, non credendo forse che l’energia elettrica potesse avere campi d’applicazione diversi dalla semplice illuminazione di case, teatri o strade. Quella sua azienda, sempre pronta alle innovazioni, non aveva fatto i conti con una nuova scoperta destinata a cambiare il mondo: l’elettricità. Questo atteggiamento, sordo alle novità portate dal progresso, costò ad Osculati l’inizio della fine della sua floridissima società.
Angelo Bertini, si è visto, stava pure lui lavorando per conto suo al progetto dei tram a trazione elettrica e non solo. Infatti aveva capito già a livello di progetto della rete tranviaria che la centrale di Santa Radegonda non sarebbe stata in grado di erogare la potenza necessaria per far muovere tutto il parco dei mezzi previsti.
1893 – I tram a trazione elettrica
Nuova innovazione importante: trazione non più animale, ma elettrica! Era il 2 novembre 1893, quando venne inaugurata la prima linea (tre chilometri di elettrificazione aerea), la Duomo-Arco della Pace. Partendo da Piazza Duomo (in prossimità dell’ingresso alla Galleria Vittorio Emanuele II, correva lungo la via Dante (appena aperta lungo l’asse via Orefici – Largo Cairoli) e arrivava fino all’Arco della Pace, attraversando il nuovo quartiere residenziale intorno al Castello Sforzesco. Era l’inizio di una nuova era dei trasporti! Questa volta non era più la S.A.O. a presentare il nuovo tram, bensì la Edison!
. La scelta di privilegiare questo percorso rispetto agli altri, molto probabilmente fu dettata dalla presenza dell’impianto dell’Arena (in prossimità della fermata Arco della Pace), molto usato sia in occasione di eventi sportivi che di balli, concerti e spettacoli vari. Nel tram elettrico l’energia veniva portata alla vettura tramite la famosa “perteghetta“, un dispositivo posto sul tetto costituita da: un’asta con rotellina che per attrito captava la corrente sul cavo aereo.
Curiosità sul termine “el manetta”
‘El manetta’, è l’appellativo dato scherzosamente dai milanesi al generico tranviere (manovratore). La convinzione generale è che questo nome derivi a quella sorta di manovella (manetta), ancora oggi presente sui tram, che il manovratore aziona per dare impulso alla corrente (tecnicamente è un reostato) allo scopo di avviare la vettura e darle l’accelerazione. Infatti l’espressione “andare a manetta” equivale ad “andare a forte velocità”
Non sembra che tale convinzione sia corretta e che il motivo di questo soprannome sia invece totalmente diverso!
Luigi Manetta era, guarda caso, un manovratore tramviario della Edison. Eravamo nel 1894. Lui stava guidando uno dei primi tram elettrici in circolazione per Milano (la vettura tramviaria n. 26, per la precisione) … Allora non c’erano ancora i semafori; forse una distrazione, forse la velocità, forse l’inesperienza, il poveretto .. provocò un clamoroso scontro con una vettura privata. Ovviamente, trattandosi del primo incidente con questo nuovo mezzo di locomozione da poco in servizio, la cosa fece notizia e lui finì, suo malgrado, agli onori della cronaca cittadina.
Da allora il conduttore tranviario milanese furono chiamato ironicamente “el manetta”!
Naturalmente, per poter sopperire alla maggiore richiesta di energia, si dovette inizialmente, già nel 1893, raddoppiare la centrale di Santa Radegonda con nuove dinamo capaci di erogare corrente continua sufficiente per l’alimentazione della rete aerea per le tramvie che, nel progetto, avrebbero sostituito man mano le medesime linee già esistenti a trazione animale.. Comunque vi erano due problemi non trascurabili da superare: il primo, che la potenza erogata dalla centrale era comunque insufficiente a coprire il fabbisogno dell’intera rete tranviaria prevista. Il secondo, che i costi di esercizio erano troppo elevati. In effetti, trattandosi di una centrale termoelettrica, il suo funzionamento prevedeva l’uso di caldaie alimentate a carbone. Per questo motivo infatti, era stata costruita quell’orribile ciminiera di 52 metri… per la dispersione dei fumi prodotti dalla combustione.
Centrale idro-elettrica Bertini
E fu così che Angelo Bertini, si mise all’opera per progettare una nuova centrale che fosse in grado di utilizzare, a basso costo, le risorse di cui abbondiamo, cioè l’acqua. In collaborazione con Enrico Carli, esperto ingegnere di opere idrauliche, individuò la zona ideale per creare l’impianto, in prossimità di un corso d’acqua. Così mentre Enrico Carli, che ebbe l’intuizione di utilizzare la forza motrice del fiume, progettava già nel 1888, un canale di derivazione in corrispondenza delle rapide di Paderno d’Adda (LC), Angelo Bertini si dedicava alla stesura dei progetti per la nuova centrale a Cornate d’Adda (MB).
Lo scopo principale della costruzione di quell’impianto era avere sufficiente potenza ed energia per procedere all’elettrificazione della rete tramviaria di Milano, servizio pubblico che Edison aveva preso in concessione dal Comune.
A partire dal 1893, mentre la centrale di Santa Radegonda potenziata, cominciava ad alimentare la rete aerea per le tramvie che, nell’arco di qualche anno, avrebbero sostituito le medesime linee della S,A.O., a trazione animale, la Edison diede immediatamente il via alla costruzione della centrale idroelettrica progettata dal Bertini. I lavori iniziati il 6 febbraio 1896, durarono circa due anni. Ultimati nel giugno del 1898, il 28 settembre, la centrale entrò in esercizio. La Bertini, è la più antica centrale idroelettrica del gruppo Edison ed una delle più antiche d’Italia. Quando fu inaugurata, era il più grande impianto elettrico d’Europa ed il secondo nel mondo, solo dopo quella delle cascate del Niagara. Le macchine generatrici installate (9.500 kW) erano, per l’epoca, le più potenti d’Europa.
La centrale fu collegata a Milano con una linea elettrica ad alta tensione lunga 32 km. Era la prima volta in assoluto che una tensione di tale potenza, elevatissima per l’epoca (13.500 volt), percorreva una tale distanza, per essere sfruttata in un luogo diverso da quello di produzione. La Società Edison provvide al materiale rotabile, alla rete di distribuzione e al personale. Capolinea unico per tutte le linee, piazza Duomo.
Poiché la convenzione tranviaria prevedeva che qualora la Edison avesse provveduto all’esercizio con un impianto posto fuori dal territorio comunale, avrebbe dovuto realizzare un altro impianto di riserva, capace di fornire tutta l’energia necessaria alla continuità del servizio, nel 1896, iniziarono i lavori per la costruzione di una nuova grande centrale termoelettrica situata a Porta Volta, su un’area che era appartenuta alla S.A.O.. L’impianto, dotato ancora di macchine a vapore alternative, entrò in servizio nell’aprile 1897, con una potenza iniziale di 2.500 kW.
L’ultima linea di omnibus ancora servita dai cavalli, quella di Porta Ticinese, venne sostituita con tram elettrici Edison il 19 dicembre 1898: Milano era una delle prime città europee con linee tranviarie interamente trasformate a trazione elettrica. La S.A.O., per la sua scarsa lungimiranza, era stata totalmente soppiantata in città dalla Edison. Le restarono ancora fino al 1900 le linee extraurbane Milano-Monza e la Milano-Affori, e fino al 1903 la Milano-Corsico, che passarono poi in carico ad Edison per l’elettrificazione. La S.A.O. continuò ad operare nel settore dei servizi trasporto privati e comunali fino al 1928, cambiando la ragione sociale di Società Anonima Omnibus e Vetture (SAOV)
La municipalizzazione dei trasporti
Con la promulgazione della legge 103 del 1903, con cui il Governo avrebbe finanziato il riscatto da parte degli enti locali, di tutti i servizi pubblici locali affidati a terzi, affinchè potessero gestirli in maniera autonoma, il Comune non rinnovò più alla Edison la concessione per l’illuminazione cittadina, dando conseguentemente vita all’Azienda Elettrica Municipale.
Quando, nel 1906, Milano festeggiò l’apertura del traforo del Sempione, con la grande Esposizione Internazionale, erano già in servizio 402 veicoli tra automotrici e rimorchi oltre a mezzi vari di manutenzione della linea e persino spazzaneve. Caratteristico il tram adibito alla pulizia delle strade, soprannominato dai milanesi la foca barbisa, perché gli spruzzi d’acqua laterali, ricordavano i baffi del mammifero polare.
Parallelamente alla Edison, la Ste (Società Trazione Elettrica), proponeva nel 1906 un nuovo modello di veicolo a trazione elettrica, senza necessità della posa delle rotaie …. erano le primissime filovie!
Per la municipalizzazione dei trasporti, il Comune preferì attendere ancora una decina d’anni, non essendo pronto ad assumere la gestione dei 76 chilometri di linee, e dei circa 300 mezzi in circolazione. Il 25 gennaio 1917, il Comune, che non aveva rinnovato la concessione scaduta l’anno prima, rilevò dalla Edison tutto il materiale rotabile e gli impianti per l’alimentazione della rete aerea. Anche il personale della Edison passò alle dipendenze del Comune. La gestione venne pertanto assegnata all’Ufficio Tramviario Municipale (UTM), già costituito nel 1896 per il controllo dell’esercizio Edison. L’Ufficio sarebbe stato tramutato poi in azienda autonoma nel 1931, con il nome di Azienda Tramviaria Municipale (ATM).
Aumentando la popolazione e le relative esigenze di spostamento, il traffico aumentò …. I viaggiatori lievitarono: alla metà negli anni 20, si mise a punto un piano globale di ristrutturazione della rete per soddisfare le nuove esigenze. Il capolinea comune in piazza Duomo venne eliminato e si cominciarono a studiare nuovi tipi di vetture: tram più leggeri sicuri e spaziosi (allora la capienza consentita era di 36 persone). Venne pure aumentata velocità di carico e scarico dei passeggeri con l’apertura di una porta centrale nelle vetture. Venne introdotto un bigliettaio fisso per il pagamento della corsa, poiché a quanto pare, pure allora, la piaga dei portoghesi era diffusissima.
Finita la Grande guerra, ci fu una vera rivoluzione nel trasporto tranviario cittadino: a Cleveland, negli Stati Uniti d’America, nacque il “tram a carrelli”, un tram, le cui ruote montate su carrelli sterzanti, erano in grado di ruotare separatamente rispetto al corpo della vettura.
Il mod. “Ventotto”
È il tram della serie 1500 a carrelli, chiamato “ventotto”, che si vede circolare ancora oggi per la città, con gli interni in legno, le luci a lampade, di una volta, e una forma che ricorda i tempi antichi … .Nacque così nel 1927, come primo tram a carrelli di Milano! Il prototipo venne realizzato in poco più di 4 mesi, grazie allo studio degli Ing. Cuccoli e Dalò della Carminati & Toselli, sulla base del progetto di Peter Witt, politico di Cleveland, noto per aver ideato le omonime vetture tranviarie.
Dal deposito di via Messina , il 29 settembre 1927, il tram n. 1501 partì per la sua prima corsa di prova, seguito, a poche settimane di distanza, dal gemello 1502. Superato il collaudo, vennero ordinati 500 nuovi tram (numerati dal 1503 al 2002) a varie case costruttrici, per velocizzare i tempi di consegna. Oltre alla Carminati &Toselli, furono interessate alla realizzazione, la Tallero, le Officine Meccaniche di Milano, Reggio Emilia, Lodi e Novara e anche la Breda. Tutti i tram entrarono in servizio nel giro di tre anni. le prime vetture, addirittura alla vigilia della inaugurazione della 10ª fiera campionaria, nell’aprile 1929.
Oggi, ad oltre novant’anni di distanza, sia a causa dei bombardamenti del ’43, che per incidenti nel traffico caotico della città, o semplicemente per vecchiaia, tante di queste vetture, sono state demolite e rimpiazzate con veicoli più moderni ed efficienti. Eppure tra i simboli di Milano, questo tram rimane sempre uno dei favoriti, non solo tra i turisti, ma anche tra gli stessi milanesi, che lo hanno sempre considerato il “mezzo” per eccellenza, quello a cui emotivamente si è più legati, non foss’altro per quanto la sua storia è così unita a quella della stessa città e della sua gente. Il pittore Matteo Laganà ha fatto di questo tram il suo segno distintivo, eternandolo nella stragrande maggioranza dei suoi numerosissimi dipinti
Alcuni dei tram in circolazione sono ancora i mezzi originali di allora, che Atm ha saputo mantenere inalterati nel tempo, restaurati e pienamente efficienti, pronti a sferragliare in pieno centro come novant’anni anni fa. Tutt’oggi queste vetture storiche portano a bordo milanesi e non, curiosi di girare e conoscere la città lungo un percorso guidato da una prospettiva diversa e retrò.
Ancora oggi si vedono circolare in città diversi esemplari del “Ventotto” su alcune linee, la 1, la 10, la 19, spesso variamente colorati con colori sgargianti o nella loro classica livrea bianco-arancione. Non mancano anche qui una decina di vetture fortunate, tirate a lucido ed ‘emigrate’ oltre oceano, addirittura a San Francisco ed ancora operanti lungo la linea Fidel Castro – Fischerman’s Wharf. Indubbiamente a parte l’indicibile stupore, fa venire una punta di nostalgia l’incrociare per le vie di San Francisco, la più europea delle città americane, uno sferragliante ‘Ventotto’ bianco-arancione, assolutamente identico a questi di Milano, profumo di casa nostra, nonostante i quasi 10.000 km, in linea d’aria, che ci separano!
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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