Il Carnevale ambrosiano, fuori tempo massimo
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Non è sempre facile il compito del nonno, quando, interrogato dai nipotini (tutti oggi particolarmente svegli e curiosi), deve rispondere (possibilmente correttamente) alle loro legittime domande, spesso non banali! Nonno, perché ……? Non l’essere in grado di fornire ai propri nipoti una risposta corretta e convincente, ne andrebbe irrimediabilmente del suo prestigio! Il tema in questione è, tutto sommato, semplice ed anche attuale: il Carnevale! Attenzione però, questo è un argomento insidioso soprattutto se i nipoti non sono milanesi, ma abitano usualmente in altra regione d’Italia, ove magari il Carnevale è appena terminato mentre qui è ancora in corso! Nonno perché …… ?
Come tutti sappiamo, il Carnevale tanto atteso, viene vissuto, particolarmente dai bambini, come un periodo di feste, scherzi, tanta allegria, sfilate di carri allegorici, esibizioni per strada di clown, maghi, giocolieri, maschere, lancio di coriandoli e stelle filanti e soprattutto scorpacciata degli squisiti dolcetti tipici di questo periodo (in primis le chiacchiere e poi i tradizionali tortelli “milanesi”). Insomma, una vera pacchia, un mondo da favola!
Quest’anno poi, nel clima d’incertezza dovuto anche ai venti di guerra alle porte di casa, pure i grandi non disdegnano festeggiare, ancor più degli altri anni, pur di dimenticare, per qualche ora, le tristezze quotidiane. “Semel in anno licet insanire” (una volta all’anno è lecito folleggiare) recita così un vecchio proverbio latino, e quando si può fare tutto ciò, se non a Carnevale? C’è solo tanta voglia di divertirsi, di socializzare, riportando in vita tante antiche tradizioni. Il Carnevale meneghino affonda le sue radici nel IV secolo d.C.
Il Carnevale
A differenza del Natale o dell’Epifania, la data d’inizio non è fissa, ma varia di anno in anno. Il periodo di Carnevale è legato alla celebrazione della Pasqua cristiana, che, a sua volta, è una festa “mobile”, nel calendario. Legate inoltre a questo periodo, vi sono alcune giornate particolari, note come martedì grasso, giovedì grasso, e sabato grasso. Siamo sicuri che saremmo tutti in grado di dare ai nostri nipoti, una risposta corretta su questi quesiti? Forse si, forse no! Sembrano domante ovvie, ma non lo sono affatto,
Vediamo, se possibile, di fare un po’ di chiarezza su questo argomento …. probabilmente scopriremo, leggendo queste note, alcune cose che naturalmente si sanno, e magari altre, un po’ meno perché su queste, sicuramente diversi di noi (e mi ci metto io per primo), non hanno mai riflettuto.
Iniziamo dalla Pasqua
La data della Pasqua è definita “mobile” poiché viene stabilita di anno in anno, in rapporto alle fasi lunari.
Il legame con il calendario lunare deriva dal fatto che la Pasqua cristiana trae origine dalla Pèsach (o Pesah), la Pasqua ebraica, festività che, a differenza della Pasqua cattolica che celebra la risurrezione di Gesù, commemora la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù e l’esodo dall’Egitto guidato dal profeta biblico Mosè verso la Terra Promessa.
Gli ebrei, ancora oggi, utilizzano un calendario i cui mesi durano quanto un ciclo lunare (29 o 30 giorni). La Pasqua ebraica è da sempre celebrata il quattordicesimo giorno del mese nissàn, cioè in corrispondenza della luna piena di marzo-aprile. Perciò, fino al II secolo, i cristiani celebravano la Pasqua il 14 nissàn per ricordare la morte di Gesù che, secondo l’evangelista Giovanni, era avvenuta in quel giorno.
In seguito prevalse il desiderio di celebrare la risurrezione del Cristo, e la definizione della data venne stabilita durante il Concilio di Nicea del 325 d.C. presieduto dall’imperatore Costantino.
METODO DI CALCOLO DELLA DATA DELLA PASQUA
Il Concilio di Nicea, primo concilio del Cristianesimo (che ebbe inizio il 20 maggio del 325), stabilì, interpretando un passo di San Paolo, la regola che fissa la data per la celebrazione della Pasqua, ovvero la domenica successiva al primo plenilunio, dopo l’equinozio di primavera, che, per la Chiesa, è convenzionalmente il 21 marzo.
Da precisare in proposito che, astronomicamente, la data dell’equinozio può in effetti cadere il 20 o il 21 marzo.
Qualora il plenilunio dovesse cadere il 20 marzo, bisognerebbe aspettare il successivo, quello del 18 aprile; e se quel giorno fosse pure una domenica, farebbe cadere la Pasqua alla domenica successiva, il 25 aprile.
La ricorrenza della Pasqua deve ricadere all’interno di un periodo che va dal 22 marzo al 25 aprile. Da ciò derivano le definizioni di Pasqua bassa (dal 22 marzo al 2 aprile), Pasqua media (dal 3 aprile al 13 aprile), Pasqua alta (dal 14 aprile al 25 aprile).
Cos’è la Quaresima
La Quaresima è una delle ricorrenze che la Chiesa cattolica e altre Chiese cristiane, celebrano lungo l’anno liturgico. È un periodo di quaranta giorni che precede la celebrazione della Pasqua ….
Tale periodo è caratterizzato dall’invito alla conversione a Dio. Sono pratiche tipiche della quaresima il digiuno ecclesiastico e altre forme di penitenza, la preghiera più intensa e la pratica della carità. È un cammino che prepara alla celebrazione della Pasqua, che è il culmine delle festività cristiane.
Il periodo quaresimale è volto a ricordare i quaranta giorni di digiuno trascorsi da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo nel Giordano e prima del suo ministero pubblico. È anche il tempo in cui i catecumeni vivono l’ultima preparazione al loro battesimo.
Faccio una piccola digressione:
Oggi la Chiesa latina, o Rito latino, si differenzia fondamentalmente in tre diversi riti ufficiali: il rito romano, il più diffuso e praticato; il rito ambrosiano, proprio della Chiesa di Milano e dintorni; il rito ispano-mozarabico, diffuso in alcune regioni della Spagna.
Ci sono poi riti minori, legati a particolari città o alle pratiche di precisi ordini religiosi, come il rito certosino.
Nel nostro paese, dunque, i riti maggiormente praticati e seguiti dai fedeli cattolici, sono il rito ambrosiano e il rito romano.
Il rito romano è certamente il più diffuso, in quanto diretto discendente di quello praticato dalla Chiesa di Roma.
Il rito ambrosiano è d’altronde riuscito a resistere quando tutti gli altri riti minori sono stati eliminati. Anzi, il Concilio di Trento (1545-1563) ne riconobbe la piena legittimazione, soprattutto grazie all’intercessione di San Carlo Borromeo, uno dei principali fautori del Concilio, nonché vescovo di Milano.
Questo particolare rito, risale probabilmente al mandato di Sant’Ambrogio, che fu vescovo di Milano dal 374 d.C. fino alla morte, e che in seguito divenne patrono della città lombarda. Quando Ambrogio morì, l’eredità da lui lasciata nell’arcidiocesi di Milano fu di tale portata che il suo successore venne definito dall’allora Papa Gregorio Magno come “vicario” di sant’Ambrogio, definizione riservata precedentemente solo al vescovo di Roma.
[Ndr. – vicario è chi esercita un’autorità o una funzione in sostituzione o in rappresentanza di altra persona di grado superiore].
Ancora oggi il rito ambrosiano riconosce come suo capo, l’arcivescovo di Milano.
Il rito ambrosiano si diffuse dunque nell’arcidiocesi di Milano e nelle aree urbane e rurali che ad essa appartenevano anticamente.
Alla fine del VI secolo Papa Gregorio I tentò di sopprimere tutti i riti minori, per uniformare la chiesa di allora in un unico, legittimo, rito romano. Ma non riuscì ad eliminare il rito ambrosiano.
Il rito ambrosiano è fortemente legato alla figura di Cristo e ha tratti in comune con le liturgie orientali.
Le differenze tra rito romano e rito ambrosiano sono riscontrabili in particolare nel calendario ambrosiano, con riferimento al periodo della Quaresima, nel messale ambrosiano, nelle letture ambrosiane. Ci sono poi differenze legate ai paramenti sacri e agli abiti talari, che differiscono nei due riti per colori e accessori.
[ rif. – https://www.holyart.it/blog/articoli-religiosi/ ]
Non essendo milanese, se non di adozione, la differenza fra il Carnevale ambrosiano e quello romano cui ero abituato, mi ha fatto sempre sorgere spontanee alcune domande per le quali, non esistendo ancora internet, non riuscivo a trovare una giustificazione convincente.
Visto che per i cattolici, la Quaresima di penitenza inizia il mercoledì delle Ceneri,
- perché a Milano si continua a festeggiare il Carnevale e a fare baldoria fino a tutto il sabato successivo?
- a cosa è dovuta questa differenza di ben quattro giorni rispetto al resto d’Italia?
- è vero che la durata effettiva della quaresima, a Milano è più breve che altrove?
Ricordo che, a suo tempo, avevo tentato d’interrogare in merito qualche prelato, il quale sbrigativamente mi aveva liquidato con la banale risposta che naturalmente già conoscevo “qui a Milano vige il rito ambrosiano, mentre altrove il rito romano“. Da profano in materia, avrei voluto conoscere le motivazioni un po’ più dettagliate ed anche, perché no, gli eventuali calcoli che vi stanno dietro. Cosa questa, che mi ha spinto a fare qualche ulteriore indagine per conto mio.
Secondo quanto riporta Famiglia Cristiana, citando gli appunti di Monsignor Marco Navoni, Direttore della Biblioteca Ambrosiana, il rito ambrosiano risale ad una tradizione più antica di quello romano (cui peraltro Milano si è sempre rifiutata di uniformarsi).
Ndr. – Marco Navoni, all’anagrafe Marco Maria Navoni (Milano, 11 giugno 1953), è un sacerdote della Diocesi di Milano, canonico del Duomo e della Basilica di Sant’Ambrogio. Dal 1991 è Dottore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, di cui dal 2018 è Viceprefetto.
A differenza del rito romano, quello ambrosiano, ad esempio, non ha mai avuto un “mercoledì delle Ceneri” e l’inizio della Quaresima si fa partire dalla domenica successiva cioè dalla sesta domenica prima di Pasqua, (quella in cui si legge il Vangelo del digiuno di Gesù nel deserto).
Il rito ambrosiano conserva infatti, nella liturgia delle domeniche intermedie del periodo quaresimale , precise tracce della connotazione antica della Quaresima, in senso battesimale. Questo infatti era il periodo in cui i catecumeni (coloro che, nella Chiesa delle origini, ricevevano la prima istruzione cristiana) si preparavano al battesimo, amministrato, come tuttora avviene, durante la veglia di Pasqua (cioè durante la messa solenne che celebra la risurrezione di Gesù e che si tiene la sera del sabato santo e prima dell’alba della domenica di Pasqua).
Scrive Monsignor Marco Navoni nei suoi appunti:
Rito romano
“La Quaresima inizia ufficialmente il mercoledì delle Ceneri e finisce la sera del sabato santo.”
Il mercoledì delle Ceneri, si chiama così per il rito dell’imposizione sul capo dei fedeli delle ceneri, ottenute bruciando i rami di palma benedetti durante la domenica delle palme dell’anno precedente.
Ndr. – La domenica delle palme è quella che precede la Pasqua. In questo giorno, si ricorda il trionfale ingresso a Gerusalemme di Gesù, in sella a un asino e osannato dalla folla che lo salutava, agitando rami di palma.
La cenere assume un duplice significato: da un lato, sta ad indicare la fragilità della condizione umana di fronte al Signore (“ricordati che sei polvere e polvere ritornerai”, tratto dal libro della Genesi), dall’altro, vuole essere per il fedele pentito, un segno concreto per riprendere, con spirito rinnovato, il proprio cammino verso il Signore.
Alla data del mercoledì delle Ceneri, il clero della Chiesa cattolica, a dire il vero, è già da due settimane e mezza, entrato in un tempo di “più mite penitenza”, il cosiddetto Tempo di settuagesima, detto informalmente anche Tempo di Carnevale, tempo liturgico questo, a carattere penitenziale.
Ndr. – Il fatto che questo periodo si chiami anche Tempo di Carnevale ha una sua giustificazione precisa: Il termine “Carnevale” deriva dall’espressione latina “carnem levare” ossia “eliminare la carne“. Ha una durata di due settimane e mezzo e, nel rito romano, termina con il martedì grasso, cioè il giorno prima del mercoledì delle Ceneri.
Il Tempo di settuagesima costituisce una preparazione alla Quaresima; Septuagesima in latino, significa settanta …. giorni prima della Pasqua. In questo tempo si iniziava l’astinenza dalle carni nei giorni feriali.
Un tempo, tra le popolazioni contadine, erano ben pochi coloro che potevano permettersi il lusso di mangiare la carne, che veniva consumata solo in occasioni speciali e feste particolari. Prima quindi dell’inizio della Quaresima, il Tempo di Carnevale serviva per eliminare tutta la carne affinché non andasse a male e soprattutto, in previsione del lungo periodo di astinenza, era questo un modo per togliersi pure tutti gli sfizi, dando libero sfogo a qualche peccatuccio di gola.
Le giornate particolari nel rito romano
Si è visto che il Carnevale è un periodo di tempo che ha una durata di due settimane e mezza. Quello che usualmente viene chiamato
- il giovedì grasso rappresenta semplicemente l’inizio dell’ultima settimana di Carnevale. Il suo nome deriva dall’antica abitudine di celebrare con ricchi banchetti i giorni che precedono il tempo della Quaresima. Questo quindi è il primo di sei giorni di festeggiamenti uniti ad abbondanti libagioni
- Il martedì grasso essendo l’ ultimo giorno a disposizione per poter finire tutta la carne, ci si dà alla pazza gioia perché si deve esaurire tutto il cibo “buono” che non si potrà più mangiare nelle settimane successive.
- Il mercoledì delle Ceneri è il primo giorno del lungo periodo di digiuno e penitenza per i fedeli
Rito ambrosiano
La Quaresima inizia la sesta domenica prima di Pasqua e si conclude il giovedì santo (con l’inizio del triduo Pasquale, che comincia ai vespri del giovedì santo.)
Il rito ambrosiano intende la Quaresima come un periodo di penitenza.
Contando a ritroso 40 giorni a partire dal giovedì santo, si arriva esattamente alla prima domenica di Quaresima: è questo il motivo per cui i 40 giorni di penitenza, iniziano a partire dalla sesta domenica prima di Pasqua.
Le giornate particolari nel rito ambrosiano
- il giovedì grasso è esattamente una settimana dopo quello del rito romano ed è il primo degli ultimi tre giorni di festeggiamenti del Carnevale ambrosiano.
- Il sabato grasso è l’ultimo giorno di festeggiamenti e banchetti prima dell’inizio del lungo periodo di astinenza.
A Milano, il Carnevale ambrosiano è anche detto Carnevalone, perché non si conclude il martedì grasso, ma prosegue fino al sabato successivo
Il rito delle Ceneri si celebra direttamente la prima domenica di Quaresima, come avveniva anticamente.
Sei giorni di differenza fra i due riti
Il rito romano prevede una Quaresima di ben 6 giorni più lunga di quello ambrosiano. Questo si giustifica per il fatto che il computo dei 40 giorni di digiuno non considera le 6 domeniche di “non digiuno” che ci stanno in mezzo, per cui 40 diventa in effetti 46!
Se prendiamo infatti in considerazione solo la prima e l’ultima settimana (escludendo quelle intermedie, uguali in entrambi i riti), si possono notare evidenti, i 6 giorni di differenza. Quattro giorni, la prima settimana (cioè il mercoledì, il giovedì, il venerdì ed il sabato che, nel rito romano sono già di Quaresima, mentre per quello ambrosiano, sono ancora di Carnevale), e due giorni, l’ultima settimana prima di Pasqua (dove il venerdì santo e il sabato santo sono ancora giornate di Quaresima nel rito romano e non più in quello ambrosiano).
Tutto questione d’interpretazione
Questa differenza di 6 giorni trova giustificazione nella diversa interpretazione fra i due riti, del significato dei termini “penitenza” e “digiuno” riferiti alla Quaresima:
- secondo il rito ambrosiano, la Quaresima viene, da sempre, intesa come un periodo di quaranta giorni di penitenza, ma non di stretto digiuno, dato che, secondo un’antichissima tradizione, la domenica non si osservava comunque il digiuno.
- secondo il rito romano invece, fin dal medioevo, prese piede l’idea che i quaranta giorni di penitenza dovessero essere di digiuno effettivo e cambiò anche il modo di intendere la Quaresima venendo questa vista più come periodo di preparazione alla domenica di Pasqua, che non al Triduo pasquale, com’era inizialmente. Di qui derivò la necessità di un nuovo computo: se infatti partiamo dal sabato santo e contiamo a ritroso i famosi 40 giorni, escludendo però le domeniche in cui non si digiunava, giungiamo proprio al mercoledì che precede la prima domenica di Quaresima.
Questo calcolo fu accolto dalla Chiesa romana e si diffuse in tutto l’Occidente, tranne che a Milano, che si rifiutò di applicarlo, restando coerente con la propria interpretazione.
Tra storia e leggende
Alla tradizione del rito ambrosiano e in particolare a quella del carnevale, il cosiddetto “carnevalone” che a Milano si celebra fino il sabato successivo al mercoledì delle Ceneri del rito romano, si accavallano diverse leggende popolari, tutte legate all’agiografia (testimonianze scritte ma anche orali sulla vita) di Sant’Ambrogio.
Pare che nel IV secolo (all’epoca di Sant’Ambrogio), il Carnevale milanese fosse rinomato e considerato per importanza, al pari di quello veneziano.
A giustificazione dei quattro giorni di ritardo nell’inizio del periodo quaresimale, si narra che i milanesi abbiano voluto attendere il loro vescovo di rientro (in ritardo) da un pellegrinaggio, per poter iniziare con lui le liturgie quaresimali. Di questo racconto, circolano due varianti entrambi plausibili: la prima, secondo cui furono i milanesi stessi ad approfittare dell’assenza del loro vescovo per prolungare la festa fino al suo rientro; la seconda, vuole invece che sia stato Ambrogio in persona, a chiedere alla popolazione di aspettare il suo ritorno per iniziare insieme le liturgie quaresimali, posticipando di fatto, in tal modo, anche la fine del carnevale.
Un’altra versione, simile alla precedente, sostituisce al pellegrinaggio, un più istituzionale impegno diplomatico presso la corte imperiale. In tal modo, l’attesa da parte dei milanesi, viene interpretata come una forma di rispetto nei confronti di Ambrogio. Il ritardo dei 4 giorni nell’inizio del periodo quaresimale, di conseguenza, viene inteso come dispensa concessa dal vescovo al suo rientro.
Un’altra leggenda ancora, riporta che un anno, l’inizio della Quaresima fosse andata a coincidere con la fine di una delle tante guerre o pestilenze che infierivano in quel periodo e che, naturalmente, aveva impedito i festeggiamenti e costretto la popolazione alla fame, a causa dell’isolamento e del cibo razionato. Sarebbe stato lo stesso Ambrogio a chiedere al Papa la dispensa per prolungare i festeggiamenti per rinfrancare i milanesi.
Un’ultima teoria infine attribuirebbe il famoso slittamento di quattro giorni nell’inizio della Quaresima quale conseguenza della transizione dal calendario giuliano, basato sul ciclo delle stagioni, al calendario gregoriano, quello utilizzato ancora oggi, avvenuta soltanto nel 1582.
Nemmeno Carlo Borromeo riuscì a cancellare il “Carnevalone“
Quello che storicamente è certo, è che il Carnevale ambrosiano aveva ovviamente attirato l’attenzione di Carlo Borromeo, personaggio “ultra-scomodo” alle autorità spagnole. Intransigente com’era, da vescovo di Milano, il Borromeo non “poteva vedere” di buon occhio tale assurdo prolungarsi (soprattutto fra i nobili), di quelle feste amorali e peccaminose. Arrivarono addirittura alle orecchie del Papa Gregorio XIII a Roma, i contrasti anche vivaci che Carlo Borromeo ebbe per le sue intransigenze, con l’allora governatore spagnolo di Milano don Antonio de Guzman.
Ad una pastorale del Borromeo, in data 22 febbraio 1579, contro le feste e i tornei carnevaleschi, il Guzman aveva risposto mandando soldati in piazza a “disturbare” con tornei e squilli di tromba, le celebrazioni della Quaresima in Duomo, facendo pure diffondere opuscoli e appendere ai muri delle case lì intorno, stampati con violente critiche all’arcivescovo, per le sue esagerate pretese, i suoi atteggiamenti per cui non era ben visto, nonché la sua propensione a fomentare, con quelle sue invettive, ribellioni e disordini. Guzman e tutti gli altri autori della “bravata” si guadagnarono la scomunica, per questo, da parte dell’allora quarantenne arcivescovo. Ma neppure la maggior severità della Chiesa postridentina riuscì a modificare la tradizione esclusiva della città che conserva tuttora la tradizione, davvero unica, del suo Carnevalone fuori tempo massimo.
Le maschere tipiche meneghine
Due sono le maschere tipiche del Carnevale ambrosiano:
- Meneghino è il classico contadino della campagna lombarda, Messosi a fare il servitore, è un servo totalmente privo do spirito servile, che si burla dei nobili e che sceglie sempre di trovarsi accanto al popolo quando c’è da ribellarsi per qualcosa.
Il suo costume consiste in una lunga giacca di colore marrone, pantaloni corti, calze a righe bianche e rosse, una parrucca con codino e un cappello a tre punte. E’ molto goloso, ama mangiare, soprattutto il panettone, e si vanta spesso del so Domm, il suo Duomo.
Il suo nome è in realtà Domenico, il cui diminutivo è Domeneghin (poi trasformato in Meneghin). - Cecca è la moglie di Meneghino, la sciura Cecca (diminutivo di Francesca). Proprio perché ama adornare i suoi vestiti con nastrini vari, la chiamano “Cècca di birlinghitt”. Aiuta il marito come può, occupandosi della casa e facendo quadrare il bilancio familiare, per evitare di finire in rosso.
Per approfondimento in proposito, leggi l’articolo al seguente link Il Meneghino
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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