Il curriculum-vitae di Leonardo da Vinci
Sommario
ToggleDisoccupato …. in cerca d’impiego!
Conoscendo (a posteriori) quanto grande sia stato Leonardo da Vinci, fa davvero sorridere, oggi, l’idea che anche un ‘genio’ come lui, possa aver avuto difficoltà a trovare qualcuno che “gradisse i suoi servigi”. Sembra assurdo che anche lui, ad un certo momento della sua vita, per farsi conoscere ed apprezzare, sia stato costretto a scrivere alla “selezione del personale” del Ducato di Milano, (nella fattispecie, al Duca Ludovico il Moro in persona), una sorta di curriculum-vitae, una lettera di presentazione o di autopromozione, in cui elencare le conoscenze acquisite e le più recenti esperienze maturate: in altre parole, “quanto fosse bravo lui, e di quali benefici avrebbe goduto il Duca, assumendolo”!
Prima però di arrivare a questo punto, faccio il solito passo indietro per capire come mai e perché Leonardo, abbia avuto la necessità di scrivere questa lettera di presentazione.
I suoi primi anni
Leonardo nacque presumibilmente ad Anchiano, una frazione di Vinci, nella campagna fiorentina, il 15 aprile 1452. Era il primo figlio, peraltro illegittimo, di un affermato notaio, tal Ser Piero (di cui si era persa ogni traccia del nome del casato) e di Caterina, una modesta contadina. Lì, ad Anchiano, suo padre aveva la casa e un grande podere. Privo quindi di cognome reale, Leonardo fu sempre da tutti chiamato ‘da Vinci’, ad indicare, come usanza di allora, la provenienza da quella località. Fu forse a causa delle umili origini della donna, che i genitori di Leonardo non si sposarono mai. Fu il padre che si dedicò all’istruzione del figlio.
Il trasferimento della famiglia a Firenze
Poiché il padre mirava a diventare ‘notaio della Signoria fiorentina’ alla Corte dei Medici, tutta la famiglia si trasferì a Firenze, quando Leonardo aveva solo 10 anni. La città ovviamente offriva molte più occasioni di lavoro e di relazioni, che non una semplice borgata di campagna (Vinci). Essendo il ragazzo figlio illegittimo, non avrebbe potuto diventare notaio come il padre, per cui dovette seguire strade diverse. Non ricevette un’istruzione tradizionale: amava moltissimo osservare la natura e dimostrò spiccata predisposizione per l’arte figurativa.
Andrea Verrocchio, il suo precettore
Avendo notato che il ragazzino sembrava particolarmente dotato nel disegno, suo padre, approfittando del giro delle sue conoscenze fiorentine, dovute alla professione che esercitava, volle presentare il figliolo a un precettore di spicco, nel campo della scultura e della pittura, per sentire cosa ne pensasse. Era Andrea Verrocchio, uno dei più rinomati artisti di Firenze, l’orafo, alla cui scuola, si formarono tra gli altri, il Botticelli, il Perugino e il Ghirlandaio!
Questi, visti i disegni del giovane, intuendo il suo talento, lo prese volentieri come apprendista nella sua bottega, per insegnargli i rudimenti della sua arte! Così gli anni dell’adolescenza di Leonardo furono, a Firenze, totalmente dediti al disegno, alla pittura e alla scultura. Era appena quattordicenne, quando disegnò il famoso “Paesaggio con fiume”, una veduta a volo d’uccello della valle dell’Arno, oggi conservato al Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi. Indubbiamente il ragazzo aveva la ‘stoffa’ per diventare un ‘grande’!
Cominciò a farsi presto nome come pittore. All’età di vent’anni, nel 1472, diventò membro della Corporazione dei Pittori Fiorentini, e cominciò ad acquisire i suoi primi lavori.
E non tardò a dimostrare la sua bravura già nel 1473, in quello che fu un dipinto a tre mani (lui, il Verrocchio ed un terzo artista), noto come il “Battesimo di Cristo”, un’opera a olio su tavola (177 x 151 cm), conservata agli Uffizi.
Verrocchio assegnò a Leonardo il compito di dipingere un angelo in quella suo opera. La maestria dimostrata dal giovane in questo lavoro sbalordì tutti, soprattutto il Verrocchio stesso, col quale si divertiva a rivaleggiare a pennellate. Leonardo scrisse poco tempo dopo “E’ un misero allievo colui che non supera il suo maestro”
Leonardo dipinse per la prima volta nella storia della pittura, una figura rivolta verso l’osservatore. Fino a quel momento le figure venivano rappresentate frontalmente in posa molto statica, un tipo di rappresentazione della tradizione medioevale. Fu lui il primo a introdurre il movimento nelle figure. Quando dipinse la testa dell’angelo nel “Battesimo di Cristo“, il Verrocchio esclamò : “Mio Dio, sono stato superato”!
Altra opera giovanile di rilievo, la “Madonna Dreyfus” (Madonna della melagrana) è un piccolo dipinto a olio su tavola (15,7×12,8 cm) del 1469, che si trova oggi alla National Gallery of Art di Washington ecc. .
Molto curioso e interessato all’apprendimento di varie discipline, studiò architettura, meccanica, idraulica, anatomia, botanica e persino musica, pur continuando sempre a frequentare la bottega del Verrocchio.
Indubbiamente doveva essere un soggetto un po’ ‘sui generis’, se si dà fede a quanto riportano gli storici a proposito delle sue ‘esperienze giovanili’. A poco più di vent’anni, invece di andare a divertirsi con gli amici, usava andare per ospedali a sezionare cadaveri per “integrare le sue conoscenze di anatomia” … I suoi disegni, da libera espressione della fantasia, si tramutarono man mano, in veri e propri studi di possibili realizzazioni meccaniche o idrauliche, per la soluzione di problematiche reali.
Uno dei progetti più interessanti cui partecipò, fu la posa, in cima alla cupola del Duomo di Firenze, della grande sfera di rame dorato realizzata dal Verrocchio. [ndr. – La sfera misura 2,30 metri di diametro e pesa quasi 2 tonnellate]. Fu un’impresa davvero grandiosa, per l’epoca.
Alla Corte di Lorenzo il Magnifico
Vista la sua particolare predisposizione nel campo della pittura e i multiformi interessi nelle altre discipline, nel 1479, Il Verrocchio, lavorando a Palazzo, per conto del Medici, suoi grandi mecenati, pensò di presentare il suo giovane pupillo, a Lorenzo il Magnifico e alla sua cerchia. Questi prese a benvolere il ragazzo e, viste le conoscenze tecniche che il giovane dimostrava di possedere, pensò di assegnargli qualche piccola consulenza in campo militare. Non risulta comunque che, sotto i Medici, sia stata praticamente realizzata alcuna macchina bellica, sulla base dei disegni da lui elaborati.
Leonardo si avvicinò alla politica medicea, praticamente fin da subito. Si era all’indomani della congiura dei Pazzi, quando nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Bernardo Bandino Baroncelli, aveva assassinato Giuliano de’ Medici, fratello minore di Lorenzo il Magnifico.
La congiura dei Pazzi fu un complotto organizzato il 26 aprile 1478, dalla famiglia omonima, per togliere ai Medici il predominio di Firenze. L’uccisione di Giuliano (1453-1478) e il ferimento di Lorenzo de’ Medici, però, non ebbero altro risultato che un rafforzamento del potere mediceo e lo scoppio della guerra tra Firenze e il papa Sisto IV, il più importante alleato della famiglia Pazzi. [rif. Treccani]
Il fallimento dell’azione comportò la vendetta spietata dei Medici.
A differenza degli altri complottisti già giustiziati da un pezzo, Bernardo Bandini Baroncelli riuscì a fuggire a Costantinopoli dove, alla fine del 1479, venne catturato, imprigionato ed infine consegnato alle autorità di Firenze. Arrivato in città il 26 dicembre, venne impiccato sulla pubblica piazza, presente Leonardo, il 29 dicembre 1479, Quest’ultimo fece il disegno dell’impiccagione dell’omicida, praticamente un’istantanea, in cui il Baroncelli portava ancora gli stessi abiti orientali che aveva indosso durante la cattura.
Nel 1480, Leonardo entrò a far parte dell’accademia del Giardino di San Marco, sotto il patrocinio di Lorenzo il Magnifico. Questo fu il suo primo approccio con la scultura.
Il giardino di San Marco, svolse un ruolo fondamentale nella Firenze di fine Quattrocento. Fu come un primo tentativo assoluto di realizzare un’accademia d’arte ardentemente voluto e finanziato da Lorenzo de’ Medici.
Spirito irrequieto ed incostante
Leonardo, pur essendo un pittore talentuoso, durante la sua carriera giovanile, subì diverse battute d’arresto, a causa della sua geniale irrequietezza ed incostanza. Di lui si diceva che iniziasse un’opera con vigore ed entusiasmo per abbandonarla con indifferenza poco dopo. Ed era vero: infatti, distratto da altri interessi, non sempre portava a compimento le opere che gli venivano richieste.
Nel 1481, ad esempio, i Canonici regolari di Sant’ Agostino, gli commissionarono l’Adorazione dei Magi , dipinto ad olio su tavola (2.46×2,43 mt.), per la chiesa di S. Donato a Scopeto appena fuori Firenze, lavoro che lui si impegnò a portare a termine entro trenta mesi, ma che non finì mai. L’opera incompleta, è visibile oggi alla Galleria degli Uffizi.
Deluso ed insoddisfatto
Da qualche frase riportata sul Codice Atlantico, dallo stesso Leonardo, soggetto perennemente alla ricerca di forti stimoli professionali, traspare un certo grado d’insoddisfazione, per non dire di delusione, presso la Corte dei Medici. Firenze cominciava a stargli stretta.
Perché Leonardo andò a Milano?
Qui, purtroppo, la documentazione disponibile risulta scarsa, lasciando adito a congetture diverse, tutte ugualmente plausibili. Non è in realtà certo, come Leonardo sia arrivato a Milano, se di sua volontà, proprio perché insoddisfatto della situazione, oppure perchè fu Lorenzo de’ Medici a inviarlo alla Corte di Ludovico il Moro.
Indubbiamente un trentenne come lui, col carattere non facile che aveva, avrebbe potuto benissimo mollare “baracca e burattini”, decidendo di andarsene all’estero, ad offrire i suoi servigi, ad esempio, alla corte di Ludovico Sforza, nel Ducato di Milano. Motivi d’insoddisfazione ne aveva sicuramente, anche per colpa del suo carattere: se l’era presa proprio con i Medici che, ultimamente, ferendo il suo orgoglio, gli avevano fatto il torto di escluderlo, non certo per il suo talento ma per la sua incostanza, dal gruppo degli artisti che Lorenzo il Magnifico aveva deciso di inviare a Roma, per affrescare la Cappella Sistina. Sarà stato questo il motivo per cui scrisse nel Codice Atlantico: «I Medici mi crearono e distrussero»? Non lo sapremo mai con certezza.
Ulteriore ipotesi potrebbe essere, che sia stato Ludovico il Moro, a richiedere a Lorenzo de’ Medici, la presenza di Leonardo a Milano. Aveva infatti bisogno di uno scultore, capace di eseguire un monumento equestre per celebrare la memoria del padre Francesco Sforza, e Leonardo era indubbiamente un artista in grado di soddisfare le sue richieste. Come faceva Ludovico il Moro a conoscere Leonardo? Molto probabilmente fu Lorenzo stesso a parlargli del “genio”, durante la breve visita di Ludovico Sforza a Firenze, nel 1478.
Potrebbe anche darsi, come riporta “l’Anonimo Gaddiano”, che il da Vinci fu inviato alla Corte di Ludovico Sforza, come “ambasciatore” dei Medici. Questo, nell’ambito delle politiche diplomatico-culturali che Lorenzo il Magnifico stava portando avanti con varie Signorie italiane, presso le quali, usave inviare i maestri fiorentini, in veste di “ambasciatori” del predominio artistico e culturale di Firenze.
“l’Anonimo Gaddiano“, databile al 1540 circa, è il primo manoscritto trovato sulla vita di Leonardo, chiamato così, perché appartenuto alla famiglia Gaddi.
Probabilmente, se non emergeranno nuovi documenti, finora non trovati, non si saprà mai come siano andate realmente le cose. Tuttavia, vi è un dettaglio, direi non trascurabile, un omaggio di Lorenzo de’ Medici fatto al Duca di Milano (di cui accennerò fra un momento), che farebbe pendere la bilancia a favore di quanto riportato nel manoscritto dei Gaddi. Proverò quindi a privilegiare quest’ultima ipotesi, sulle altre precedentemente formulate.
A Milano, come ambasciatore dei Medici
Nel 1482, come riporta il manoscritto, fu lo stesso Lorenzo de’ Medici a mandare Leonardo, in qualità di “ambasciatore musico” a Milano, insieme ad un suo giovane allievo fiorentino, tale Atalante Migliorotti (1466 – 1532) aspirante musicista sedicenne, con l’incarico di far udire alla Corte di Milano. i traguardi musicali raggiungibili con lo “istrumento” da lasciare in dono al Duca Ludovico il Moro, una “lyra a braccio” d’argento, di pregevole fattura, che Leonardo sapeva suonare in maniera assolutamente magistrale.
Milano era allora una delle più grosse città europee, indubbio polo d’attrazione per tanti artisti, sia per le numerose committenze da parte di una Corte degli Sforza, che tendeva alla magnificenza, sia per l’altro grande cantiere di quel periodo, il tiburio del Duomo, quella cupola a spicchi destinata a chiudere la costruzione del grandioso edificio gotico.
Durante la reggenza del Moro, Milano attraversò davvero un periodo d’oro. Erano quelli gli anni in cui vennero realizzate molte opere di ingegneria civile e militare come canali e fortificazioni oltre poi alle estese coltivazioni del gelso, per la produzione di tessuti di seta.
Essendosela immaginata diversa, Leonardo rimase affascinato da Milano. Quella città d’acqua, con i suoi Navigli ed i suoi ponti, lo stregò, al punto da indurlo a pensare seriamente di stabilirsi nel capoluogo lombardo.
Il dono della “lyra” a Ludovico il Moro
Arrivato dunque al Castello di Porta Giovia, Leonardo si presentò a Palazzo, da Ludovico il Moro, con una originalissima “lyra da braccio“, in argento, costruita da lui stesso.
Da due autorevoli fonti dell’epoca, si evince infatti che il genio fiorentino realizzò una lyra da braccio “d’argento gran parte in forma d’un teschio di cavallo, cosa bizzarra e nuova, acciò ché l’armonia fosse con maggior tuba e più sonora di voce” [rif, – Giorgio Vasari, Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti]
Leonardo, prima di consegnargliela come dono da parte di Lorenzo de’ Medici, volle suonare lo strumento di persona, in onore del Duca, facendogli ascoltare alcuni brani. L’esibizione fu un successone perché al concorso organizzato lì per lì, da Ludovico il Moro, che aveva chiamato a parteciparvi, tutti i musici di Corte, Leonardo, stracciò tutti vincendo la competizione musicale.
A quanto pare, fu proprio in quest’occasione, che, scambiando due chiacchiere con costoro, durante un intervallo dello spettacolo, venne a sapere che il Duca, era alla ricerca di personale qualificato per varie realizzazioni sia di carattere civile, che militare.
Leonardo non poté, naturalmente, quel giorno, offrire al Duca la propria disponibilità, dato la sua veste di ambasciatore della Corte Medicea. Nei giorni successivi al suo primo incontro con Ludovico il Moro, maturò in lui la convinzione di voler restare a Milano, rinunciando a ritornare a Firenze. [ndr. – vi resterà quasi diciotto anni, fino al 1499 ].
Decisione questa comunque non facile, una sorta di salto nel buio, non avendo al momento alcun lavoro per vivere in una città ove praticamente nessuno lo conosceva. Poiché già allora, la raccomandazione era una regola consolidata per riuscire a ricoprire qualunque tipo di incarico, lui sapeva benissimo che non avrebbe più potuto contare sull’appoggio di Lorenzo de’ Medici, sicuramente indispettito nei suoi confronti, per il mancato ritorno a Firenze. Senza conoscere il latino (un’onta bella e buona per un uomo di cultura ai tempi del Rinascimento) l’”Omo senza lettere” si avventurò nell’impresa, come fanno oggi tutti i giovani in cerca d’impiego, a scrivere a Ludovico Il Moro una lettera di presentazione di sè stesso e delle sue reali capacità, lettera che potesse impressionarlo favorevolmente in modo da poter essere assunto alle sue dipendenze.
Ad essere corretti, questa lettera non la scrisse lui, di suo pugno, ma la dettò ad un amico ‘destro’. Notoriamente, essendo ‘mancino’, era molto più avvezzo a scrivere con la sinistra, da destra verso sinistra che non viceversa. Infatti, quasi tutti i suoi scritti, se si fa caso, sono vergati al rovescio e leggibili solo usando uno specchio. Allora si usava la piuma d’oca, che doveva essere frequentemente intinta nella boccetta d’inchiostro. Non è che scrivendo così, lui intendesse non far capire agli altri, i suoi appunti, ma semplicemente, essendo mancino, questo suo modo di scrivere gli evitava di fare inavvertitamente, macchie sul foglio! .
Quindi l’esistenza di questa lettera, oggi trovata tra gli scritti del Codice Atlantico, e conservata alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, documenta che Leonardo arrivò alla Corte Ducale e, sulla base delle esperienze dichiarate nella lettera di presentazione, venne assunto da Ludovico Sforza.
Curriculum-vitae (1482)
Qui di seguito, ripropongo questa lettera di presentazione di Leonardo, ‘tradotta’ in un italiano più facilmente comprensibile di quello dell’epoca.
Curriculum-vitae di Leonardo da Vinci
Avendo constatato che tutti quelli che affermano di essere inventori di strumenti bellici innovativi , in realtà non hanno creato niente di nuovo, rivelerò a Vostra Eccellenza i miei segreti in questo campo, e li metterò in pratica quando sarà necessario. Le cose che sono in grado di fare sono elencate, anche se brevemente, qui di seguito (ma sono capace di fare molto di più, a seconda delle esigenze):
1 – Sono in grado di creare ponti, robusti ma maneggevoli, sia per attaccare i nemici che per sfuggirgli; e ponti da usare in battaglia, in grado di resistere al fuoco, facili da montare e smontare; e so come bruciare quelli dei nemici.
2 – In caso di assedio, so come eliminare l’acqua dei fossati e so creare macchine d’assedio adatte a questo scopo.
3 – Se, sempre in caso di assedio, la fortezza fosse inattaccabile dalle normali bombarde, sono in grado di sbriciolare ogni fortificazione, anche la più resistente.
4 – Ho ideato bombarde molto maneggevoli che lanciano proiettili a somiglianza di una tempesta, in modo da creare spavento e confusione nel nemico.
5 – Sono in grado di ideare e creare, in modo poco rumoroso, percorsi sotterranei per raggiungere un determinato luogo, anche passando al di sotto di fossati e fiumi.
6 – Costruirò carri coperti, sicuri, inattaccabili e dotati di artiglierie, che riusciranno a rompere le fila nemiche, aprendo la strada alle fanterie, che avanzeranno facilmente e senza ostacoli.
7 – Se c’è bisogno costruirò bombarde, mortai e passavolanti [per lanciare sassi e ‘proiettili’] belli e funzionali, rielaborati in modo nuovo.
8 – Se non basteranno le bombarde, farò catapulte, mangani, baliste [macchine per lanciare pietre e ‘fuochi’] e altre efficaci macchine da guerra, ancora in modo innovativo; costruirò, in base alla situazione, infiniti mezzi di offesa e difesa.
9 – In caso di battaglia sul mare, conosco efficaci strumenti di difesa e di offesa, e so farne navi che sanno resistere ad ogni tipo di attacco.
10 – In tempo di pace, sono in grado di soddisfare ogni richiesta nel campo dell’architettura, nell’edilizia pubblica e privata e nel progettare opere di canalizzazione delle acque. Posso realizzare opere scultoree in marmo, bronzo e argilla, e opere pittoriche di qualsiasi tipo.
Potrò eseguire il monumento equestre in bronzo che in eterno celebrerà la memoria di Vostro padre [Francesco] e della nobile casata degli Sforza. Se le cose che ho promesso di fare sembrano impossibili e irrealizzabili, sono disposto a fornirne una sperimentazione in qualunque luogo voglia Vostra Eccellenza, a cui umilmente mi raccomando.
Alcune considerazioni sulla lettera
Colpisce il modo di porsi a un Duca: tono indubbiamente ossequioso ma, nel contempo, piuttosto aggressivo ed anche un po’ provocatorio! Difficilmente un giovane attualmente si presenterebbe con simile tono. Oggi, leggendo un curriculum di questo genere… verrebbe spontaneo dire: Ma chi pensa di essere questo sbruffone? Evidentemente allora questo modo di rivolgersi all’autorità era molto meno formale che non oggi.
Interessante comunque, il modo di presentare le proprie capacità e conoscenze, un vero maestro nel “vendersi al meglio” !
Se si fa caso. conoscendo la sua vita sino ad allora, dei dieci punti elencati nel curriculum, i primi nove fanno riferimento a tecniche o mezzi bellici, di cui lui in realtà non aveva alcuna esperienza pratica! Come mai quest’idea? In effetti, immedesimandosi Leonardo nel Duca, dato quel periodo storico turbolento che Milano stava vivendo, la sua candidatura sarebbe stata maggiormente presa in considerazione se l’aspirante si fosse presentato più come esperto di macchine da guerra e di strategia militare, che come artista.
Ndr. – Da notare che per lui, pacifista, la guerra era una “pazzia bestialissima.”
Vicino al suo progetto di sottomarino, ideato per affondare le navi nemiche, scrisse “questo non lo pubblico o divulgo per le male nature delli omini“
Ma si sa, pur di accaparrarsi il posto di lavoro, un pacifista è capace di diventare anche un guerrafondaio!
Quanto ad esperienze militari Leonardo non ne aveva proprio nessuna. Disponeva solo di studi e disegni, ancora mai tradotti in realtà.
Era convinto che l’esposizione di questi nove punti avrebbe attirato l’attenzione di Ludovico Sforza, soggetto sicuramente sensibile sia alle armi che ai mezzi bellici, date le numerose campagne militari da lui condotte in quegli anni.
I primi nove punti quindi, indicano la sua capacità a trovare soluzioni per risolvere le immediate necessità del Duca.
E’ solo nel decimo punto, che accenna alle sue reali esperienze nei campi dell’architettura, dell’edilizia e dell’idraulica.
Non accenna minimamente alla musica, sapendo che Ludovico lo aveva conosciuto proprio nella sua funzione di “ambasciatore musico”.
A fine testo, con astuta mossa psicologica e non certo per caso, propone al Moro il progetto di un grande cavallo di bronzo, dedicato al padre Francesco Sforza, duca di Milano, a cui, Leonardo sapeva, Ludovico teneva moltissimo.
Ndr. – Il cavallo monumentale alla fine, non si fece. Fu costruito il solo modello in creta, che andò anche perduto, demolito dai Francesi, durante la guerra del Moro contro di loro!
Per fugare infine ogni dubbio sulle sue reali capacità di mettere in pratica quanto asserito, interessante pure il suo suggerimento al Duca di metterlo alla prova perché potesse aver modo di “toccar con mano” le sue reali capacità.
Il Duca, che lo aveva già visto ed apprezzato nella veste di “ambasciatore musico”, lo assunse subito, senza ulteriori garanzie.
Comunque, almeno all’inizio, e per diversi mesi, gli fece fare tutt’altra attività, anche per lasciargli il tempo di ambientarsi nella nuova realtà meneghina (in particolare, doveva imparare il non facile dialetto. che a Milano era la “lingua ufficiale”). Leonardo si presentava molto bene in società e oltre ad avere un fisico prestante, era elegante e sapeva vestire in maniera ricercata. Era anche un giovane brillante, capace di intrattenere conversazione con chiunque, sapeva divertire il pubblico con barzellette e indovinelli di sua creazione. Il fatto poi di saper suonare alla perfezione, gli accattivò le simpatie di quanti lo ascoltavano, finendo col diventare uno dei protagonisti della vita mondana milanese. Ludovico il Moro lo utilizzò quindi all’inizio come regista, scenografo e costumista, incaricandolo di allestire per lui, feste e spettacoli che rimasero impressi a lungo nel ricordo dell’alta società meneghina.
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
Cosa stai cercando?
Mappe personalizzate di Divina Milano
Scopri curiosità, personaggi e luoghi sulla nostra mappa. Cliccando sulle icone leggi un piccolo riassunto e puoi anche leggere tutto l’articolo.
Il centro
Il Castello