Il ruée, mestiere scomparso
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I vecchi milanesi, lamentandosi spesso della sporcizia a Milano, e soprattutto in periferia, ricordano con nostalgia il ruée, mestiere oggi scomparso. Indubbiamente, l’evidenza, documentata di certe situazioni locali, giustifica le lagnanze dei residenti, comunque, ogni giudizio è innegabilmente soggettivo e strettamente correlato al personale concetto di ‘pulizia’.
Se ci catapultiamo non molto indietro, non più di 230-240 anni fa, quindi 1780-1790, in quella che chiamo la ‘Milano di ieri‘, beh, ci sarebbe davvero da inorridire! Da allora ad oggi, bisogna ammetterlo, si sono fatti, davvero, passi da gigante!
1780 – La situazione igienica in città
Storicamente Milano, in quegli anni, era ancora sotto il governatorato austriaco (Maria Teresa d’Asburgo, duchessa di Milano, imperatrice d’Austria), e si era pure alla vigilia degli accadimenti della Rivoluzione francese. Testimone inconfutabile delle usanze e dei costumi dell’epoca, fu il poeta Giuseppe Parini, uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo e dell’Illuminismo in Italia, vissuto a Milano, dal 1754, alla sua morte nel 1799.
Durante una riunione accademica del gruppo dei Trasformati, (gruppo di intellettuali lombardi, cui lui aveva aderito insieme a Cesare Beccaria, Pietro Verri e altri), sviluppò componimento poetico sul tema “l’aria“, facendo riferimento proprio a Milano. Trattandosi di un componimento riportato poi in una delle sue Odi, fu scritto in linguaggio aulico (con latinismi e tecnicismi vari) per trattare argomenti di basso livello e spesso disgustosi. Inserisco qui la parafrasi, molto più comprensibile, per dare un’idea di quella che doveva essere effettivamente Milano, ai suoi tempi.
……… (omissis)
— Ma ai piedi dei grandi palazzi una gran quantità di letame fermenta e infetta con esalazioni nocive l’aria immobile, che rimane a ristagnare tra le case alte.
— Qui le case dei poveri versano dai vasi da notte fonti, che recano disturbo al pubblico, di liquidi marci e malvagi, dai quali il vapore si diffonde e viene inspirato assieme al fiato.
— Animali morti, abbandonati per le vie affollate, riempiono i giorni estivi di esalazioni malsane, spettacolo che provoca ribrezzo al cittadino che sta camminando.
— Appena è sceso il sole, navazze vaganti con aperture spalancate percorrono ogni strada della città, che quando si sveglia, respira l’aria nociva.
……… (omissis)
Il regolamento comunale, allora, prevedeva che ogni famiglia lasciasse all’esterno, all’ingresso del caseggiato, tutti i contenitori dei liquami. Verso sera o nottetempo, sarebbero passati i navazzari con le loro navazze (carretti chiusi), per svuotare i singoli recipienti. Ognuno poi, interpretava il regolamento a proprio comodo. Non esistendo, nelle case, i servizi igienici, per evitare di fare le scale, tanti si arrangiavano spesso in modo poco urbano. Quindi, uscire di sera, a parte il guardarsi dai ladri e lestofanti onnipresenti, si circolava per strada a proprio rischio e pericolo … e questo, non accadeva solo in periferia, ma pure in pieno centro , a pochi passi dalla Scala appena inaugurata! Nessuno denunciava questi lanci, dalle finestre, dei gavettoni maleodoranti di indubbio contenuto …. la gendarmeria austriaca non avrebbe preso alcun provvedimento … visto che, anche a Vienna, accadeva altrettanto!
Milano, come le altri capitali europee
Certo, erano altri tempi … le contrade, paurosamente buie … l’olezzo insopportabile, soprattutto d’estate, anche per le immondizie abbandonate ovunque …. per non contare, poi lo sterco dei cavalli! A Vienna come a Londra, a Madrid come a Parigi, dappertutto era così … quell’abitudine era talmente radicata, particolarmente in una certa fascia di popolazione, che, per qualunque governante, non sarebbe stato semplice, anche a suon di editti e sanzioni, riuscire ad abituare la gente a un comportamento più civile. Oggi diremmo che il problema si sarebbe potuto risolvere prima, facendo ‘interventi strutturali‘ difficili da realizzare in breve tempo (cioè creando servizi igienici nei caseggiati, almeno a livello di pianerottolo). Sicuramente tanti altri, come il Parini, non accettavano questa situazione e loro malgrado, erano costretti a conviverci anche a rischio di malattie. Allora, evidentemente la rassegnazione doveva essere tale, che nessuno, quasi, faceva più caso a queste cose. Si viveva in mezzo alla sporcizia e basta!
La pulizia, era un concetto ‘poco sentito’
Del resto, anche l’igiene personale, a tutti i livelli, lasciava molto a desiderare … i nobili si distinguevano dal popolino, essenzialmente per due fattori: il ricco abbigliamento di facciata, e lo smodato uso di profumi, il cui unico scopo era quello di ‘coprire’ il fatto che non sapevano ‘cosa fosse l’acqua’. E non servì nemmeno la paura delle numerose ondate di epidemie di peste e di colera, ad indurre la gente a tentare di modificare le proprie abitudini. Sicuramente l’analfabetismo diffuso nel buon 90% della popolazione, ebbe il suo ruolo in questo contesto. La storia dimostra che l’abitudine alla ‘pulizia’ , fu un processo molto lento, che nei secoli passati ebbe modo di scontrarsi con usanze e mentalità, difficili da sradicare. Processo questo che, mancando anche le condizioni al contorno (esistenza di bagni pubblici, ecc), stentò molto a farsi strada, coinvolgendo diverse generazioni, prima di riuscire a essere assimilato compiutamente dalla popolazione.
1807 – Inizia la ‘presa di coscienza’ del problema ‘pulizia delle strade‘
La denuncia del Parini sullo stato della pulizia delle strade della città, suonò come grido d’allarme che venne recepito molto lentamente dalle istituzioni. Bisognerà attendere, infatti, ancora una cinquantina d’anni perché cominciasse effettivamente a muoversi qualcosa …
Subito dopo l’incoronazione di Napoleone a Re d’Italia, infatti, iniziò il rinnovamento urbanistico di Milano. Nel 1807, il Comune istituì la Commissione d’Ornato, con la partecipazione di architetti famosi, per redigere un ‘Piano Generale di Milano per l’edilizia e il decoro della città’.
Fu proprio questa Commissione a predisporre uno studio dettagliato per la rimozione dei rifiuti dal suolo pubblico e per il lavaggio delle strade. Non risulta invece ancora alcuna disposizione, riguardante il prelievo dei rifiuti dalle case (il famoso porta a porta)… Comunque, per lo meno questo, era un primo passo, una iniziale presa di coscienza da parte dell’Amministrazione Comunale, di un problema reale … ci sarebbero voluti ancora anni, prima che il discorso potesse diventare effettivamente operativo .. con un servizio di pulizia delle strade, dato in appalto a privati.
Protagonista indiscusso del servizio di raccolta rifiuti casa per casa, non fu tuttavia l’addetto alla pulizia delle strade che, usualmente, lavorava di notte, bensì il ‘ruée’, un personaggio caratteristico che, per tutto l’800 e l’inizio del ‘900, si vide circolare, fin dalle prime luci dell’alba, per le strade di Milano.
Chi era il ruée?
Perché si chiamava così? Cosa faceva?
Il ‘ruée era un personaggio ‘sui generis’ che, con gerla in spalla, dotato di pala, ramazza e carretto, passando di casa in casa, svuotava la ‘ruéra’, cioè l’angolo del cortile dove si ammassavano i rifiuti dei vari appartamenti del caseggiato. A dire il vero il termine ‘svuotare’ è improprio … lui in effetti non svuotava ma sceglieva ….
Lavoratore autonomo …
A differenza degli attuali netturbini (o operatori ecologici), il ruèe era un piccolo ‘imprenditore’. Sembra un’eresia, ma è assolutamente vero! Lui non prelevava tutto quello che trovava, come fanno oggi i nostri netturbini, ma ‘ravanava’ fra i rifiuti, faceva le sue selezioni, riversava, quanto prescelto, nella sua gerla, per poi scaricarlo sul carretto che aveva lasciato in strada. davanti all’ingresso del caseggiato.
Acquistava, riparava, rivendeva …
La cosa, per noi oggi ‘singolare‘, è che mentre noi ‘paghiamo’ profumatamente il Comune per l’effettuazione del servizio raccolta domiciliare dei rifiuti,, ieri era il ruée che ‘acquistava’ i rifiuti prescelti, quelli, che, secondo la sua valutazione, avrebbero potuto essere ‘riparati’ a casa e che quindi, avrebbe potuto rivendere! Magari li pagava pochi spiccioli, ma, per lui, quell’immondizia, era fonte di ricchezza.
La gente povera acquistava di tutto dal ruée
Ma cerchiamo di capire meglio il perchè di tutto questo …
Allora, esattamente all’opposto di quanto avviene oggi, la condizione di povertà della popolazione era tale, da rendere quasi obbligatorio, il maggior ricupero possibile dei rifiuti stessi. In pratica, lo scarto di uno, si traduceva in ricchezza per qualcun altro. Gli scarti dei più abbienti, sempre molto ambiti, venivano sicuramente ‘riciclati’ e rivenduti. Si riutilizzava quasi tutto e il ruée, fungeva da intermediario ‘riparatore tuttofare’.
Gli abiti vecchi buttati via, venivano riusati fino alla consunzione, le scarpe, risuolate e riciclate… gli avanzi di tessuto potevano servire per fare pannolini per neonati, … i metalli erano merce rara,.. . gli avanzi di cibo, difficili da trovare, perché le massaie, molto oculate, non buttavano via nulla, venivano ricuperati, come alimento per gli animali. I tegami rotti, se ammaccati o senza manici, quindi riutilizzabili, erano un articolo ambito … il ruèe, tornando a casa, la sera, alla fine del suo giro, avrebbe riparato quei tegami e li avrebbe rivenduti il giorno successivo, al miglior offerente ….
Le discariche non erano necessarie
Gli avanzi organici, come ad esempio le parti non commestibili degli ortaggi, potevano venire riutilizzati in agricoltura o come alimento per maiali, … il pentolame, a suo giudizio inservibile, e i metalli vari, venivano da lui comunque raccolti, per essere venduti al ‘rottamaio’ che se ne sarebbe servito diversamente … la cenere di legna, ricca di soda, poteva essere usata per lavare i panni, … il vetro era praticamente inesistente … la carta o il legno venivano usati per il fuoco, …l’unica cosa che davvero non serviva a nulla era la cenere del carbone usato per il riscaldamento, cenere che doveva essere effettivamente eliminata. Ecco perché in passato il problema ‘discariche’ non esisteva proprio!
Il ‘ruée’ proprio perché ‘selezionava’ i rifiuti, lasciando sul posto l’inservibile, scatenò le lamentele degli abitanti. Il Comune, impose ai ruée, nel corso degli anni, un regolamento per tentare di porre un freno a questa attività sregolata.
1877 – Il Comune prese in carico la pulizia delle strade
Fu appena nel 1877, che la Civica Amministrazione di Milano, maturò la decisione di avocare a sé il servizio di pulizia delle strade cittadine, precedentemente, come detto, in mano ai privati. Prese in carico il servizio diurno, lasciando ad un’impresa appaltatrice privata, quello notturno. Assunse allo scopo 58 operatori municipali (per lo più brianzoli), dotati di una sorta di uniforme, con un mansionario e un regolamento ben preciso. Questo fu il primo organico ufficiale di operatori comunali, per il servizio di pulizia delle strade della città.
Non si parla però ancora di raccolta delle immondizie nelle abitazioni. Questo avverrà ancora più tardi nonostante già allora, aumentando la popolazione residente, cominciasse a diventare un problema abbastanza sentito. Il volume d’immondizia prodotto settimanalmente da ogni singola famiglia era un decimo di quello che produciamo oggi. Non esistendo ancora la plastica, gli imballi ecc., i rifiuti non riciclati erano quasi tutti biodegradabili, rendendo relativamente facile il loro smaltimento che avveniva per semplice decomposizione, negli orti privati.
Quindi, in base alle nuove norme imposte dal Comune, i ‘ruée’ furono costretti a prelevare dalle case tutta l’immondizia, anche quella per loro inutile. Che cosa se ne facevano? La scaricavano ove capitava, fuori dalla cinta urbana (fuori dalle porte della città). Al pari dei colleghi assunti dal Comune per la pulizia delle strade, pure loro, erano brianzoli, la maggior parte provenienti da Missaglia in provincia di Lecco.
Fatta la solita cernita del recuperabile, abbandonavano il resto, in luoghi diversi, a seconda dei sestieri di provenienza. Questi operatori, lavorando in proprio o facendo parte di piccole cooperative, avevano comunque limitate risorse finanziarie. Quindi, anche i mezzi che utilizzavano, non erano tecnologicamente avanzati.
1910 – La prima discarica
Questa attività andò avanti, invariata, per una trentina d’anni, finché, per mettere un pò di ordine anche in quel settore, il Comune, nel 1910, cominciò ad interessarsene direttamente, individuando un vasto terreno in località ‘delle Rottole’ (non lontano da Cascina Gobba), come unico sito ove portare tutte le immondizie della città. La cosa venne accettata di buon grado dagli operatori del settore, perché, nonostante il posto fosse spesso molto lontano dalle zone di loro competenza, tuttavia intravedevano l’utile conseguente al recupero degli scarti. Portando in unico posto le immondizie di tutta la città, ovviamente ci sarebbe stata molta più scelta, avendo pure a disposizione nello stesso sito, anche i rifiuti molto ambiti, proveniente dai quartieri ‘bene’ della città.
Il villaggio degli spazzini
Si venne così a costituire un villaggio di baracche spesso fatiscenti, una sorta di ‘favela’, insediamento noto alla cittadinanza come il “villaggio degli spazzini”. Qui, gli operatori vennero ad abitare con le loro famiglie, tutti ovviamente dediti alla selezione manuale della spazzatura, che, con l’occasione, riordinavano, come oggi, per classe merceologica.
Risulta che si dedicarono a questa attività, alcune centinaia di persone, per circa un ventennio, tutta gente che, vivendo sugli scarti degli altri, oggi definiremmo, ai margini della società. Anche questa, era una delle realtà della città di allora.
catapecchia degli spazzini frantumazione manuale dei materiali solidi in discarica
Questo stato di cose durò fino alla fine degli anni Venti, quando il Comune avendo espresso da tempo la necessità di uniformare il servizio, con quello di pulizia delle strade, già in gestione, propose loro l’affido dell’appalto del servizio a patto che sottostessero a determinate rigide condizioni: la raccolta dei rifiuti avrebbe dovuto essere non più occasionale, come fino a quel momento, ma cadenzata e continuativa entro le prime ore del mattino. Avrebbero dovuto uniformare a trazione meccanica (cioè con veicoli a motore), tutti i mezzi usati per la raccolta rifiuti, indossare una divisa con numero di riconoscimento, dotarsi di mezzi nuovi, comprese le classiche gerle che avrebbero dovuto essere “lavabili e disinfettabili” per ottemperare alle nuove recenti normative sull’igiene.
1929 – Raccolta rifiuti in gestione alla S.P.A.I.
Trattandosi di condizioni troppo onerose per le limitate possibilità economiche dei ‘ruée’, condizioni alle quali non sarebbero stati in grado di aderire forse nemmeno consorziandosi, questi ultimi, dopo aver creato qualche problema di ordine pubblico a causa delle vivaci proteste come reazione alle disposizioni comunali, furono costretti a lasciare il campo a ditte economicamente più ‘solide’.
Nel 1929 il Comune affidò pertanto il servizio di raccolta in concessione ad una sua società, la S.P.A.I. (Servizi Pubblici Anonima Italiana SPA), mentre la cernita dei rifiuti fu affidata ad un’altra società privata, la “Duomo”, con la quale il Comune collaborò, per la selezione dei materiali. Nello stesso luogo destinato alla raccolta (più o meno dove ora sorge, lungo la via Olgettina, la sede dell’AMSA), venne costruito, nello stesso anno, un grande impianto di cernita, dove l’attività veniva svolta su scala industriale con le immondizie movimentate con mezzi meccanici e nastri trasportatori, mentre la selezione effettiva, continuava ad essere fatta in larga parte a mano, arrivando ad impiegare sino a trecento persone al giorno, fra uomini e donne.
Riconoscimento del Comune ai ruée
Pure i ‘ruée’, alla fine, consorziandosi tutti sotto diverse sigle, riuscirono, ad adeguarsi alle normative comunali. Il Comune, in segno di riconoscimento, affidò loro l’appalto dello smaltimento delle immondizie dalle scuole, dagli edifici pubblici, dai mercati, dal macello, dai luoghi pubblici in generale.
La loro attività oggi, non è più quella di una volta e il loro vecchio mestiere è scomparso per sempre, scalzato dalle nuove esigenze, dalle nuove tecnologie, dalle macchine e dal progresso.
Di loro, a parte queste poche note, rimane solo un flash, … la nostalgia del ricordo sbiadito di un’ immagine che, ricurva sotto il peso di una gerla, si perde nella nebbia del tempo
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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