Il telegrafo ottico
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ToggleCuriosità storica: una storia poco conosciuta
Siamo nel periodo delle guerre napoleoniche, i francesi stanno dilagano ovunque. Napoleone non ha rivali, al punto di riuscire a conquistare, nel giro di pochi anni, mezza Europa.
Possibile che nessuna coalizione europea fosse in grado di fermarlo? La risposta c’è, anche se i libri non lo dicono. Lui aveva un’arma segreta che nessun altro evidentemente possedeva ancora! Non invento nulla, è semplicemente storia!
Siamo in Francia attorno al 1790. Il telegrafo e il telefono non sono stati ancora inventati. La vita procede non certo col ritmo forsennato di oggi. Per dare un’idea, ci volevano 70-80 ore a cavallo, a seconda dei capricci del tempo, per percorrere la distanza Milano-Parigi (circa 900km). Quindi per inviare qualunque dispaccio via corriere, ci volevano mediamente cinque giorni (tenendo conto che bisognava anche dormire e far riposare i cavalli). Considerando che ce ne volevano altrettanti per avere la risposta, è chiaro che tutto funzionava piuttosto a rilento.
Chi ha inventato il telegrafo
Claude Chappe (1761-1805), un giovane fisico di Brulon (dipartimento Sarthe), disoccupato come i suoi tre fratelli, desiderando comunicare con gli amici che abitavano ad una certa distanza da casa sua, decise di sviluppare, con i fratelli, un sistema di comunicazione a distanza mediante segnalazioni meccaniche. Oggi chiameremmo pomposamente quest’applicazione, una ‘start-up’!
Claude, a dire il vero, stava, per conto suo, tentando di sperimentare la trasmissione di impulsi elettrici, realizzabile grazie all’uso di cavi, ma vista la difficoltà pratica a realizzare un ‘telegrafo elettrico’, si indirizzò verso un più semplice sistema.
Non era assolutamente una novità. Storicamente, gli antichi Greci e Romani avevano già fatto qualcosa di simile con giochi di specchi o altro, nel medioevo, anche qui, si usavano, fin dal X secolo le famose torri di guardia che, dislocate a distanza dal Castello Sforzesco, con fumi o segnali ottici, preavvisavano le guarnigioni a difesa della città, dell’imminente arrivo dei nemici.
C’era però una differenza: nessuno aveva mai pensato ad inventare un ‘linguaggio’ che consentisse di trasmettere o ricevere messaggi veri, non pre-codificati.
All’epoca, non c’erano ancora le pile (Alessandro Volta inventerà la sua, appena nel 1800), men che meno l’elettricità come la intendiamo oggi.
Claude e i suoi fratelli, dopo una serie di prove, nel 1793, presentarono all’Assemblea Legislativa, a Parigi, la loro invenzione, facendone omaggio allo Stato.
Si trattava di uno strumento ad asta, su cui era installato un braccio rotante che portava alle estremità due bracci minori (una sorta di ‘spaventa passeri stilizzato). I tre pezzi mobili erano azionati da un gioco di corde, pulegge e contrappesi; Il braccio maggiore poteva assumere quattro posizioni fisse, i due minori, sette ognuno per un totale di 4x7x7=196 diverse combinazioni possibili.
Ad ogni configurazione, si poteva dare, a piacere, diverso significato: lettere, numeri e ordini di servizio. Le postazioni dovevano essere necessariamente a vista: questo significa che la distanza massima fra due postazioni successive non poteva essere superiore ai 10-15 Km.
Bisognava ovviamente dotarsi di ‘binocolo’, strumento già noto ai tempi di Galileo per scopi di ‘astronomia’, ma perfezionato ad uso ‘terrestre’ solo di recente (1750). Dalla postazione successiva a quella di partenza, il messaggio veniva letto da un addetto con ‘binocolo’ e veniva ritrasmesso alla stazione seguente, e così via, fino ad arrivare a destinazione.
Due erano i limiti di questo sistema:
- non poteva funzionare di notte;
- funzionava male nelle giornate di scarsa visibilità dovute a nebbie o condizioni atmosferiche avverse.
Il problema di privacy poteva essere ‘bypassato’, crittografando il messaggio con un codice noto soltanto al mittente e al destinatario finale. I vantaggi però, per i tempi di allora, erano innegabili: un messaggio, sulla distanza Parigi-Lille di 200 km, prevedendo una quindicina di stazioni intermedie, veniva ricevuto a destinazione nell’arco di circa mezz’ora, tenendo conto pure dei tempi di transcodifica. Era una velocità incredibile allora, considerando che un messo a cavallo, avrebbe potuto recapitare la missiva non prima di cinque o sei ore, e con tutti i rischi del caso!
A volte non basta l’idea, ci vuole anche il momento propizio ed un pizzico di fortuna, per realizzarla. In questo caso, il momento propizio fu la Rivoluzione francese. La Rivoluzione era orientata alla ricerca di elementi che favorissero l’unità di tutta la nazione (si ricordi che il motto iniziale era “Unitè, libertè, egalitè, fraternitè”). La nazione francese all’epoca, era ingabbiata in un sistema che utilizzava decine di metodi di misura diversi che ostacolavano e rendevano complessa la vita civile ed il commercio. L’idea s’inseriva perfettamente in questa nuova filosofia.
Il telegrafo diventa un punto di forza per Napoleone
Infatti l’innovazione, presentata a Napoleone con l’esperimento della trasmissione dati Parigi-Lille, fu da lui immediatamente vista in chiave militare e venne subito sperimentata sui campi di battaglia, con la creazione di stazioni mobili.
È evidente che la rapidità della notifica, al centro comando, di qualunque informazione concernente, ad esempio, i movimenti delle truppe nemiche sul campo di battaglia, dava la possibilità a Napoleone, di prendere, in anticipo, tutte le misure necessarie per contrastare l’attacco. Questo gli dava una indubbia posizione di vantaggio su qualunque nemico che naturalmente non avrebbe più potuto ‘giocare’ sul fattore sorpresa.
Passato felicemente questo test, Napoleone ordinò immediatamente la costruzione di una rete di collegamenti telegrafici, prima in Francia collegando Parigi con le grandi piazzeforti strategiche lungo il mare e vicino la frontiera sud (ad esempio la Parigi-Lione), poi, a livello internazionale, collegando la capitale francese con Magonza, Anversa ed Amsterdam.
Il telegrafo in Italia
In Italia, il primo collegamento fu la Parigi-Torino tramite il prolungamento della rete fra Lione e Torino , affrontando l’attraversamento delle Alpi (Monte Cenisio).
Dopo essersi incoronato Re d’Italia e aver collocato in sua vece, il figlioccio venticinquenne Eugenio de Beauharnais come vicerè del neo-costituito Regno d’Italia, Napoleone ordinò subito l’installazione a Milano di una stazione ‘telegrafica’ per poter comunicare con Eugenio e dargli le disposizioni che riteneva più opportune.
La linea fu costruita rapidamente, grazie ad un decreto che imponeva la libera fruibilità da parte dei francesi, di tutte le torri e dei campanili esistenti in Lombardia.
Si trattava, quindi, solo di impiantare in loco il meccanismo di Chappe e di ‘formare’ il personale a presidio delle postazioni.
Chiesa di San Celso in Corso Italia 37 Torre su cui è stato installato il telefrafo ottico
Come stazione ‘telegrafica’ di Milano, la scelta ricadde sull’antica torre campanaria (XI sec.) ‘dei Sospiri’ della chiesa di San Celso (nell’attuale Corso Italia n. 37). Per chi ne avesse voglia, sono 130 gli scalini da fare, per salire in cima alla torre campanaria!
Quella torre era chiamata ‘dei Sospiri’ perché, sembra, le spose usassero lasciare lì, ai piedi di essa, il loro bouquet, dopo il matrimonio, ‘sospirando’ al cielo, come augurio/speranza di un futuro roseo e felice.
Privata delle campane, in cima alla torre di oltre 30m di altezza, fu sistemato il meccanismo di Chappe con tutto il suo gioco di corde e pulegge, orientato in direzione di Torino. Tra ritardi vari, la postazione fu attivata, effettivamente, appena il 13 aprile 1809.
In una visita effettuata a Mantova nel giugno del 1809, sempre in chiave militare, Napoleone preparò un decreto per istituire immediatamente il collegamento via ‘telegrafo ottico’ della ‘piazza’ di Mantova con Milano e la Francia, mezzo che, ‘alla bisogna’, si sarebbe rivelato utilissimo per trasmettere i suoi ordini fino alla linea dell’Adige, allora confine con l’Austria.
Quindi, sulla torre di San Celso, venne installato un nuovo impianto orientato questa volta, in direzione Mantova.
L’occasione di vedere la linea in funzione, arrivò ben presto, a seguito dei nuovi venti di guerra con l’Austria.
Linea Mantova-Padova-Stra-Milano
Il vicerè, chiamato sui campi di battaglia a Stra, per fronteggiare gli Austriaci, doveva tenersi in continuo contatto con Napoleone (a Parigi), riferendogli l’andamento delle operazioni. Per questo, nel giro di pochissimi giorni, fu attrezzata la linea mobile Mantova-Padova-Stra, che, collegata direttamente a Milano permetteva, con la trasmissione dei messaggi dal campo di battaglia, di tenere informata Parigi sull’evolversi della situazione sul terreno.
Da Milano, inoltre, il ministro delle Finanze Giuseppe Prina, dal canto suo, aveva l’obbligo di informare giornalmente il suo omologo Aldini di Parigi, aggiornandolo di tutte le notizie relative a Milano. Era questo un modo come un altro, imposto da Napoleone, per controllare la situazione nei paesi conquistati. Quindi il ‘telegrafo ottico’ funzionava a pieno regime.
Ad esempio, la comunicazione della nascita, il 9 dicembre 1810, del nipote Augusto, il primo figlio maschio di Eugenio de Beauharnais, arrivò a Napoleone, a Parigi, in giornata, contro gli almeno cinque giorni che sarebbero stati necessari, in condizioni normali, mandando un messo a cavallo, nella capitale francese!
Il telegrafo elettrico
La stessa stazione di San Celso servì anche per collegare Milano a Venezia, passando per Mantova. La linea con la città lagunare, fu inaugurata il 22 luglio 1810.
Appena nel 1837, Samuel Morse inventò un sistema telegrafico elettrico impiegando un filo per il collegamento fra due diverse stazioni, e inventò pure il famoso Codice Morse, codificando le lettere dell’alfabeto in sequenze di impulsi di due diverse durate (punti e linee).
A Milano, il telegrafo ‘ottico’ verrà sostituito da quello ‘elettrico’ appena nel 1850, nel tratto Milano- Venezia, con cavo aereo sorretto da pali, lungo il tracciato della nuova linea ferroviaria Milano-Venezia.
Quando nel 1852, anche la Francia sostituirà il telegrafo ottico con quello elettrico, la rete Chappe aveva raggiunto Oltralpe, un’estensione di ben 4830 Km, con 556 stazioni!.
Dal 1861, con regio decreto di re Vittorio Emanuele II, il telegrafo ottico andò definitivamente in pensione su tutto il territorio nazionale, dopo circa cinquant’anni di onorato servizio.
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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