Il Velodromo Maspes-Vigorelli
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Quando, nelle mie passeggiate, mi capita di passare davanti al “Vigorelli”, mi viene spontaneo ripensare agli anni della gioventù. Scusatemi se a distanza di vent’anni, sono rimasto ancora ancorato alla sua denominazione originale; “Vigorelli”. La nuova denominazione dell’impianto, “Maspes-Vigorelli”, è recente, del 2000, ed è stata attribuita a un mese dalla morte del campione, quale doveroso omaggio dei milanesi al grande concittadino Antonio Maspes, che, nell’arco della sua carriera, ha inanellato nel suo palmarès, qualcosa come ben sette titoli mondiali di ciclismo su pista!
Non credo di essere il solo, ma per me, da ragazzo, il Vigorelli è sempre stato un luogo mitico, fucina di campioni del ciclismo. E dire ché, a differenza di tanti miei amici, non sono mai stato un patito del ciclismo. Amavo seguire alla radio, i vari arrivi di tappa del Giro d’Italia, quelli del Tour de France, come pure anche le radiocronache delle più importanti competizioni ciclistiche indoor, che si tenevano proprio al Vigorelli. I mezzi tecnici non erano molti all’epoca, ma i radiocronisti erano davvero bravi e riuscivano a coinvolgere l’ascoltatore, descrivendo le varie fasi delle gare, al punto da sembrare di essere lì con loro a vivere i momenti più emozionanti. Erano naturalmente gli anni in cui, la televisione, almeno in Italia, non esisteva ancora. Noi ragazzi ci esaltavamo per le imprese leggendarie dei vari Coppi, Bartali, Magni, Bobet, Koblet, Geminiani, Kubler, Ruiz, tutti nomi che allora andavano per la maggiore ed erano ovviamente i nostri idoli. Era quello il periodo in cui ci scambiavamo i doppioni delle figurine dei ciclisti, comprate all’edicola, per poche lire, in bustine da cinque o da dieci!
Ricordi indelebili
Un gioco d’altri tempi …. il ‘Vigorelli’ virtuale!
Avrò avuto forse otto, dieci anni. Il nostro gioco preferito, ricordo, era quello delle ‘gare ciclistiche’, gioco che, qui a Milano, non ho mai visto fare ai ragazzini di oggi. Erano ovviamente immaginarie quelle gare, poiché nessuno, all’epoca, avrebbe potuto permettersi una bicicletta vera! Abitavo a Trieste, allora. La città è in collina, tutta salite e discese: cosa di meglio se non disegnare a terra, col gesso, lungo i marciapiedi in pendenza del giardino vicino casa mia, delle ‘piste’ tortuose (sul tipo di quella del gioco dell’oca), su cui far ‘correre i nostri idoli’? Le nostre ‘biciclette’ erano i tappi di metallo recuperati dalle bottigliette di analcolici o della birra, ognuno di questi, personalizzato con le figurine dei nostri ciclisti preferiti, ritagliate con dovizia e inserite all’interno, sotto un cerchietto di plexiglas. I tappi venivano sospinti con le dita (pollice e medio uniti), dosando sapientemente la forza del colpo onde evitare che uscissero dalle linee tracciate, pena il ritornare al punto di partenza! Era troppo facile giocare su terreno orizzontale, mentre ci voleva tecnica e abilità per affrontare soprattutto le curve in salita e discesa! Fra queste piste virtuali, poteva mancare quella del Vigorelli? Certo che no! Era un ellisse molto approssimativo, disegnato alla bene meglio, sull’asfalto, ma per giocare, andava benissimo ugualmente! Tutti i tappi in linea di partenza, e poi, via, un colpo a testa! Chi arrivava per primo al traguardo col minor numero di colpi, senza uscire dalla ‘pista’, ovviamente aveva vinto! Bei tempi quelli! I tappi di quelle bottiglie, erano il nostro oro! Ci si divertiva davvero con poco!
E’ passata parecchia acqua sotto i ponti da allora, ma il mitico Vigorelli (quello vero), è sempre lì! Si sono cimentati su quella celebre pista, corridori che, chi non è più giovanissimo, ricorda quanto meno di nome, avendo tutti fatto parlare di sé e delle loro imprese, sui giornali sportivi dell’epoca: mi riferisco a ciclisti del calibro di Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Roger Rivière, Gino Bartali, Fiorenzo Magni, Eddy Merckx, Francesco Moser e Felice Gimondi, solo per citarne alcuni.
Tra le sfide epiche, si ricordano quelle tra “il re del Vigorelli” Antonio Maspes e Sante Gaiardoni.
Certamente non ha avuto una vita facile questo impianto, una storia tribolata, fatta di successi e distruzioni, di serate di gala e di tristi abbandoni, di gloria per i record di grandi campioni e improvvisi declini. Sono innumerevoli gli episodi che, in tutti questi anni, lo hanno coinvolto, facendolo assurgere, nel bene e nel male, agli onori della cronaca. A guardarlo dall’esterno, non si riesce a percepire l’incredibile ed intrigante bellezza nascosta al suo interno.
Nato inizialmente come “tempio del ciclismo su pista”, tale destinazione d’uso, risultando essere un vincolo troppo restrittivo, si estese, nel corso degli anni, ad altre discipline sportive, diventando una struttura polifunzionale. Il Vigorelli è molto più di un normale impianto sportivo, è un monumento a tutti gli effetti, tutelato dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia.
Ottantacinque primavere sono indubbiamente parecchie per un impianto di questo tipo, che ha visto due guerre, eppure, tutte le volte che ha rischiato la distruzione, altrettante volte, è stato salvato dall’iniziativa popolare, che lo considera, a ragione, un luogo del cuore.
I detrattori insistono col dire che il “Vigorelli” non ha più nessuna ragione di esistere oggi, perché la sua pista, così lunga, è inattuale e del tutto inutile. Le piste dei velodromi attuali, sono più corte e più veloci, quindi più “spettacolari” per il pubblico che vi assiste. Ottime ragioni, forse, per lo sport agonistico di oggi. Non m’intendo di ciclismo al punto da poter controbattere a queste osservazioni, probabilmente fatte da chi, sicuramente, ne sa più di me. Tuttavia, se è vero che su questa pista, nel corso degli anni sono stati stabiliti ben sei record dell’ora, il merito è certamente degli atleti (indubbiamente eccezionali), bensì anche della bontà e della scorrevolezza della pista, fiore all’occhiello di questo impianto. Ci sarà ben una ragione, se il “Vigorelli” viene universalmente riconosciuto, come la “Scala” del ciclismo. E i milanesi ne sono giustamente orgogliosi.
Un po’ di storia del ciclismo
Torniamo indietro di qualche decennio, alle origini di questo sport.
I velocipedi
La prima officina di Milano ad avviare delle attività legate alla nuova moda dei velocipedi, fu quella di Giovanni Greco nel 1867. Questa moda era stata importata da Londra e Parigi, nei cui parchi cominciavano a vedersi strani mezzi meccanici azionati a pedali. Si era ovviamente agli albori: erano mezzi che destavano curiosità, ilarità o passione fra la gente. Sulla scia di quell’entusiasmo, nacquero in città altre piccole officine pioniere in questo settore: la C. Baroni nel ’69 (diventerà poi ditta Luigi Pisa), la Bartolomeo Balbiani nel ’70 e la Turri e Porro nel ’80.
La prima grande classica del ciclismo italiano con velocipede, di cui si ha notizia, fu la Milano-Torino, disputata nel 1876. Non penso sia difficile immaginare l’organizzazione, senza mezzi al seguito, per l’assistenza agli atleti. Furono in tutto otto i valorosi concorrenti che si presentarono al via, muniti del loro penny-farthing (ruota grande davanti, piccola dietro). La partenza fu data alle quattro del mattino, per permettere ai corridori di arrivare il pomeriggio, ancora con la luce del sole. Le cronache riferiscono che era numerosissimo il pubblico presente ad attendere i corridori, qualcosa come diecimila persone, in corso Giulio Cesare, a Torino. Al termine dei 150 chilometri di gara, risultò vincitore uno studente in ingegneria, tal Paolo Magretti, che fu il primo dei quattro concorrenti, che riuscirono a tagliare il traguardo, dopo quasi dodici ore ininterrotte di pedalate; degli altri quattro, si persero totalmente le tracce! Indubbiamente, non doveva essere semplicissimo stare in equilibrio su quei “trabiccoli” a due ruote, a gomme piene e assolutamente privi di molleggio! Storica comunque, anche la media della corsa, forse la più bassa di tutti i tempi: 13,3 Km/h! Ed era già una gran bella media, considerato lo stato delle strade di allora, tutte piene di buche, dissestate o lastricate da pietre irregolari, ottime per i cavalli, non certo per le bici.
Le biciclette
La bicicletta, nel senso in cui la intendiamo oggi, risale alla fine del 1800. Qui in Italia, il primo a promuoverne la diffusione, fu Edoardo Bianchi, nel 1888, seguito quattro anni dopo dalla ditta Prinetti & Stucchi, che dal ’92 affiancò la produzione di biciclette a quella di macchine per cucire e turaccioli, e più tardi ancora da Umberto Dei (’96), seguito nell’arco di qualche altro anno dai vari Rossignoli, Atala ecc.
Edoardo Bianchi, col suo “bicicletto”, ebbe la fortuna di sfondare sul mercato italiano anche grazie alla notorietà ottenuta dalla stampa, per aver regalato alla regina Margherita, che desiderava provarla, la sua ultima creazione: una nuovissima bicicletta da donna. Per inciso, fu proprio lui il primo a modificare il telaio del suo bicicletto, in modo che fosse facilmente accessibile anche al gentil sesso.
Considerando che nel 1890, nella sola città di Milano, tra piccole e grandi erano in tutto 9 le officine che si occupavano di questo settore e che, dieci anni dopo, erano già diventate 78, si può intuire l’interesse del pubblico suscitato da questo nuovo mezzo di locomozione ritenuto utile, pratico e veloce. Sicuramente complici alcune corse pionieristiche, la febbre del pedale contagiò rapidamente i milanesi: prima di tutto i nobili e gli aristocratici che vedevano nella bicicletta, un piacevole motivo di trastullo, poi, man mano, anche la gente comune, che, con l’aggiunta di qualche piccolo supporto (cesti, portapacchi ecc), cominciava ad utilizzarlo come mezzo di trasporto utile per le proprie attività lavorative. Non se ne parla poi dei giovani, che, sensibili alle novità del momento, acquistavano il mezzo o per poter emulare i loro idoli, oppure per spirito di competizione sportiva fra loro.
Di qui, iniziò spontanea la sfida fra le officine del settore: progettazione e produzione di biciclette ‘sportive’, sempre più tecnologicamente avanzate, studi e realizzazioni, supportati ovviamente da una domanda sempre più crescente. Ecco quindi nascere in quegli anni, le prime competizioni ciclistiche su strada, a livello nazionale ed internazionale. Una, notissima ancora oggi, è ad esempio la Liegi-Bastogne-Liegi che vide il suo esordio nel ’92. L’anno successivo, la Parigi-Bruxelles, nel ’96 la Parigi-Roubaix e, qui da noi, nel ’97, la Coppa del Re (corsa in linea maschile di ciclismo su strada per dilettanti) . Via via di seguito, gli altri: il Gran Premio di Kiev nel ’98, l’anno successivi il Gran Premio di Pietroburgo, nel 1905 il Giro di Lombardia, nel 1907 la Milano-Sanremo, per accennare solo ai più importanti. Per quanto concerne le corse a tappe, il primo fu il Tour de France nel 1903, seguito nel 1908 dal Giro del Belgio, l’anno successivo dal Giro d’Italia e infine, nell’11, dalla Volta a Catalunya.
Problemi di affidabilità dei mezzi
A pensarci, quelli erano davvero tempi eroici! La cronaca di quelle gare, era spesso costellata di episodi davvero incredibili. Non esisteva allora per il corridore, la possibilità di cambiare “macchina” durante la gara, ossia non poteva cambiare il mezzo meccanico, e i casi di guasti, a quell’epoca, erano frequentissimi. I corridori che incorrevano in qualcuno di questi inconvenienti dovevano inoltre da soli riparare il guasto o andare a cercare a piedi un’officina che potesse dar loro assistenza. Arrivavano a perdere anche diverse ore: per non penalizzarli troppo, dunque, si adottava una formula di classifica a punti. Solo nel 1914, migliorata l’affidabilità dei mezzi, venne adottata la classifica a tempo.
Inizialmente le bici erano tutte solo a scatto fisso. La pedalata era solidale con il movimento della ruota posteriore. Non si poteva quindi smettere di pedalare a meno che non si avesse l l’intenzione di fermarsi.
Lo scatto fisso, non consentiva di tenere i pedali (e le gambe) liberi di non ruotare, o anche di ruotare indietro, mentre la bici avanzava. Se questo andava bene in pianura o in salita, diventava un problema nelle discese, perché obbligava il ciclista a pedalare comunque, frenando l’avanzamento.
Le bici a scatto fisso non hanno freni.
L’andatura a ruota libera diventò possibile con una innovazione tecnologica che, in Italia, si diffuse appena dopo il 1920.
Se Parigi era, allora, la capitale mondiale del ciclismo, Milano si stava ritagliando uno spazio sempre più importante nel panorama italiano e internazionale. Come è facilmente intuibile, non esistevano qui da noi, strutture sportive dedicate al ciclismo. Tutte le manifestazioni sportive più importanti si svolgevano infatti su strada.
I primi impianti sportivi
L’idea del ciclodromo nacque per poter fare gli allenamenti in tutta sicurezza e svolgere nuove discipline di questo sport. Vennero pertanto costruiti diversi impianti, nel giro di pochi anni.
Cos’è il ciclismo su pista?
Oltre al ciclismo su strada, una fra le varie altre discipline di questo sport, che si diffuse rapidamente diventando col tempo, di grandissima tradizione, fu proprio quella del ciclismo su pista, ancora oggi attualissima. La sua caratteristica principale è che in questa disciplina, i ciclisti utilizzano in pista, delle biciclette a scatto fisso, cioè senza cambio e senza freni.
il ciclismo su pista ha una storia iniziata nel 1893. Fu inventato dagli americani a Chicago, con il primo Mondiale che si svolse durante l’Esposizione Universale: un gioco di equilibri sottomesso al potere della forza centrifuga.
Come sono fatte le piste per questa disciplina?
Date le caratteristiche dei mezzi che le usano, le piste sono particolarmente studiate per consentire di realizzare alte velocità sia in rettilineo che in curva. Per tal motivo, infatti, le curve sono rialzate e in forte pendenza. Particolarmente pregiate sono le piste in legno, per il fatto che offrono maggiore scorrevolezza rispetto a quelle in calcestruzzo e quindi permettono ai ciclisti di realizzare prestazioni migliori, a parità di sforzo.
A puro titolo di curiosità, per chi fosse interessato a conoscere l’elenco e le caratteristiche dei vari ciclodromi in città, rimando alle note in fondo a questo articolo. Le piste in terra battuta sono naturalmente piste di allenamento per le altre specialità.
Chi era Vigorelli?
Giuseppe Vigorelli, era un industriale meneghino, sindaco di Garbagnate e assessore allo sport al Comune di Milano nella giunta Mangiagalli del 1922. Prima di assumere incarichi politici, era stato un corridore. Fu sua l’idea di far costruire un velodromo semicoperto.
Come nacque il “Vigorelli“
La mancanza di un impianto sportivo specificatamente dedicato al ciclismo su pista, in una città di grande tradizione come Milano, indusse Giuseppe Vigorelli, unitamente a un alto dirigente sportivo Alberto Bonacossa, (fondatore della Federazione Italiana dello Sci e di altri sport), a darsi da fare affinché sorgesse in città un nuovo impianto, dedicato principalmente a questa particolare disciplina del ciclismo.
Il Palazzo dello Sport di piazza VI Febbraio (vedi nota), in qualità di struttura multifunzionale, aveva ospitato diverse competizioni ciclistiche su pista. Disponeva infatti di una pista in legno, coperta e smontabile, non comunque adeguata per poter effettuare competizioni internazionali di rilievo. L’idea, quindi, di creare una nuova struttura nei pressi del vecchio velodromo Sempione (vedi nota), demolito nel ’30, trovò concreta approvazione in Consiglio Comunale e realizzazione, nel giro di qualche anno.
Nel ’32, avendo previsto di disputare a Roma i Campionati del mondo di ciclismo su strada, si manifestò l’esigenza di far preparare una pista provvisoria, da montare allo stadio del Partito nazionale fascista (l’attuale stadio Flaminio). La pista fu commissionata alla Carpenteria Bonfiglio di Milano, su progetto dell’architetto Clemens Schurmann di Monaco. capostipite di una dinastia di progettisti specializzata in velodromi, tuttora in attività. Finita la manifestazione sportiva a Roma, la pista venne smontata pezzo per pezzo, e rispedita a Milano. Venne restaurata e riadattata alla geometria del nuovo velodromo milanese che, nel frattempo Giuseppe Vigorelli aveva provveduto a far costruire, in via Arona 19, quello che sarebbe poi diventato la “Scala” del ciclismo. Il lavoro d’installazione della pista, venne eseguito dalla stessa Carpenteria Bonfiglio, secondo le direttive e sotto la supervisione del primo progettista.
Realizzato dal Comune di Milano, il 28 ottobre 1934, data dell’anniversario della marcia su Roma, il nuovo impianto fu inaugurato, pur non essendo ancora finito. Prese il nome Vigorelli, da quello dell’assessore che a suo tempo era stato campione di ciclismo. Era stato costruito a tempi di record, in sostituzione del Velodromo del Sempione, per poter ospitare nel ’35, i giochi del Littorio, con la sponsorizzazione della Gazzetta dello Sport.
La pista si rivelò immediatamente di una scorrevolezza incredibile. Alla prima gara ufficiale, a soli tre giorni dall’inaugurazione dell’impianto, Giuseppe Olmo, il campione di Celle Ligure (SV) , il 31 ottobre 1934, batté il primato mondiale dell’ora (detenuto dal francese Maurice Richard) infrangendo con 45,090 km, il muro dei 45km. Il record gli sarebbe stato strappato dallo stesso francese, in una rivincita l’anno successivo, il 14 ottobre 1936, sempre a Milano, realizzando in un’ora, 45,398 km.
Caratteristiche della pista
La pista del Vigorelli, ha uno sviluppo di 397,70 metri, ed una larghezza di 7,50 metri, con una pendenza variabile dai 6,57 gradi, nei tratti rettilinei a un massimo di 42,5 gradi, nelle curve. Originariamente, la pista, era rivestita da 72 chilometri di listelli di pino siberiano, dapprima induriti e impermeabilizzati e poi perfettamente connessi, senza lasciare alcun margine alle infiltrazioni, in modo da costituire un manto uniforme, levigato e scorrevole che opponesse pochissima resistenza al rotolamento delle ruote e ai giochi di equilibrio che caratterizzavano le competizioni ufficiali.
Guardando la foto della pista da sinistra a destra, si possono notare delle striscie sul parquet, di colore diverso: in celeste, la fascia di riposo; in nero, la linea di misura; in rosso, la linea degli sprinter; in celeste, la linea degli stayer. All’interno della pista ciclistica correva un percorso concentrico con fondo in scorie di carbone, adatto a gare podistiche e motociclistiche su terreno difficile (dirt track)
Sprinter è il corridore specializzato in corse veloci su pista.
Stayer è il corridore specialista in gare di mezzofondo dietro ad una moto.
Pistard è il ciclista specialista delle gare su pista.
Il Vigorelli divenne. fin dall’inizio, teatro di importanti corse ciclistiche e fu frequentato da un numero sempre più crescente di appassionati.
Fu anche scelto come luogo di arrivo di corse su strada. come il Giro d’Italia ( per 23 volte), il Giro di Lombardia (per 21 volte) e il trofeo Baracchi.
I mondiali su pista del 1939 al Vigorelli
I Mondiali di ciclismo su pista, che il velodromo Vigorelli ospitò a Milano nel 1939, furono una delle pagine più nere negli annali della storia del ciclismo. Era il 1 settembre 1939: conclusa, quel pomeriggio, la finale per il terzo e quarto posto nella velocità individuale, avrebbe dovuto svolgersi subito dopo, la finale per l’assegnazione del primo e secondo posto. La competizione venne interrotta a seguito della notizia della dichiarazione di guerra di Hitler alla Polonia. Era l’inizio della tragedia della Seconda Guerra Mondiale. L’ olandese Arie Van Vliet e il belga Jeff Scherens, i due sfidanti in pista, si trovarono ex-aequo. La finale per l’oro nella velocità individuale, non venne mai disputata, malgrado il terzo posto già assegnato al tedesco Albert Richter, Altrettanto accadde per il mezzofondo.
Il 7 novembre 1942 consegnò alla storia il primato mondiale dell’ora di Fausto Coppi: 45,798 km.
Distruzioni durante la Seconda guerra mondiale
Il Vigorelli, non fu immune dai bombardamenti e dalla pioggia di bombe incendiarie che, nell’agosto ’43, colpirono Milano. Interessarono parzialmente la copertura dell’impianto, ma ne distrussero la pista. Il 20 ottobre dell’anno successivo invece, causarono il crollo della tettoia di parte delle tribune, lato via Savonarola. Nel primissimo dopoguerra, si era pensato a ricorrere all’uso del calcestruzzo come alternativa al legno per la ricostruzione della pista: si decise per la soluzione legno, caldeggiata anche dalla FCI (Federazione Ciclistica Italiana), in quanto il calcestruzzo, sicuramente meno dispendioso, avrebbe significato declassare ad un velodromo qualunque, quello che era stato per Milano, uno dei suoi migliori gioielli, in materia di impianti sportivi. La pista venne ricostruita nel 46. Per il suo restauro, si utilizzarono 11 tonnellate di abete rosso, pari a 50 alberi. Questo tipo di legno, caratterizzato da scarsa nodosità, era l’unico ammesso dalle Belle Arti e dal protocollo del 1935, che ne aveva stabilito i criteri di costruzione. Per assicurare la sostenibilità del progetto, e in previsione di ulteriori interventi di restauro, furono piantati cinquecento nuovi alberi nel Bosco, detto appunto Vigorelli, in val di Fiemme. Dopo i lavori, l’impianto venne ufficialmente riaperto nel 1946
Non durò molto, forse qualche mese. Bastò la prima nevicata un po’ consistente, per fare nuovamente danni. Era l’inverno del 1947. Vi fu un crollo strutturale di circa 900mq di copertura del lato verso via Arona.
E’ del 1949, l’apertura, sotto una gradinata, dell’officina Faliero Masi, ancora attiva, specializzata in telai, che si occupa di produrre bici da corsa, per chi corre al Vigorelli. Da allora l’officina Masi disegna “bici su misura” per ciclisti. Escono dalla sua officinale le biciclette dei maggiori campioni della strada e della pista. Fausto Coppi, Fiorenzo Magni, Jacques Anquetil e Eddy Merckx, utilizzarono tutti le sue creazioni.
Con la ripresa post bellica, il ciclismo fu uno sport molto popolare e seguito in Italia, per cui negli anni ’51, ’55 e ’62 vi si svolsero nuovamente i campionati mondiali di ciclismo su pista.
Pugilato
Duilio Loi, triestino,nel 1959 vinse al Vigorelli il titolo europeo dei pesi welter di pugilato, battendo ai punti il toscano Emilio Marconi.
Il 14 settembre 1962, al Vigorelli, l’americano Eddie Perkins riuscì a strappare, con verdetto ai punti, il titolo mondiale dei pesi welter, al pugile triestino, Loi tre mesi dopo, al Palazzo dello Sport di Milano, riuscì a prendersi la rivincita contro l’americano, riconquistando nuovamente il titolo.
Il 7 settembre 1963 Sandro Mazzinghi si laureò Campione del Mondo di boxe, nella categoria dei pesi medi junior, battendo l’americano Ralph Dupas, proprio in questo velodromo. E’ di pochi giorni fa, la notizia della sua morte (20 agosto 2020). Rimane sempre vivo comunque, il ricordo della sua storica rivalità con l’altro grande campione di allora, il triestino Nino Benvenuti.
Eventi diversi
Il Vigorelli, come impianto multifunzionale, non era solo ad uso esclusivo dello sport, ma ospitò anche eventi più mondani.
Il concerto dei Beatles (1965)
Il 24 giugno 1965 arrivarono in Italia i Beatles per quella che sarebbe stata la loro unica esperienza nel nostro Paese. Una tournee organizzata da Leo Wachter, impresario teatrale italiano, di origine polacca. Quattro giornate in tutto, tre le tappe: a Milano il 24, Genova il 26 e Roma il 27 e 28 giugno, con due esibizioni al giorno, una pomeridiana e una serale.
A Milano furono ospitati sul palco allestito al centro del Velodromo Vigorelli. In quel periodo, la Beatles Mania era al suo culmine. e il quartetto di Liverpool era capace di scatenare la follia dei fans, ovunque andassero: per quanto questo possa sembrare incredibile, non fu così qui da noi, dove, in nessuna delle quattro date italiane, si fece il tutto esaurito. Il Vigorelli, che aveva una capienza di 22 mila posti, ospitò solo 7 mila persone nel concerto pomeridiano, e 20 mila in quello serale. Da noi, evidentemente, i tempi non erano ancora maturi. Una data, quella del 24 giugno 1965, che comunque fece storia. I concerti delle star internazionali, duravano molto meno di oggi. Lennon, McCartney, Harrison e Starr suonarono poco più di mezz’ora in tutto, dodici canzoni per la precisione! A far loro da apripista, alcuni nomi, all’epoca, molto in voga: Peppino di Capri e Fausto Leali, Angela, i New Dada. i Novelty ecc.
Presenti in platea, Mastroianni, Sordi, Rascel, Delia Scala, Rossella Falk. Il biglietto costava dalle 700 alle 3000 lire, corrispondenti circa a 7 – 31€ di oggi.
Nel 2000, in occasione del 35mo anniversario dello storico evento, il Comune fece apporre al’interno del Velodromo, una targa ricordo.
Il concerto dei Led Zeppelin (1971)
I Led Zeppelin furono un gruppo musicale britannico formato nel 1968, considerato tra i grandi innovatori del rock e tra i principali pionieri dell’hard rock. La loro musica, le cui radici affondano in generi diversi tra cui blues, rockabilly e folk, costituì una formula completamente inedita per l’epoca, finendo con l’influenzare in qualche modo tutti i gruppi rock del loro tempo. Il gruppo si sciolse poi nel 1980 [rif. Wikipedia]
Il rockabilly, genere musicale sviluppatosi nei primi anni cinquanta, è una delle prime forme di rock & roll. È una fusione tra bluegrass, country, boogie woogie e jazz, originaria del sud degli Stati Uniti. Era tra i generi più suonati dai musicisti bianchi (di cui molti del sud degli Stati Uniti) [rif. Wikipedia]
Giornata decisamente storta quel 5 luglio 1971, passato alla storia, come “la notte da incubo” per i Led Zeppelin, che si esibivano, pure loro, per la prima volta in Italia, al Vigorelli appunto. Scontri tra pubblico e forze dell’ordine, manganellate, lancio di lacrimogeni, durante l’unico concerto italiano del gruppo. La spettacolo durò una ventina di minuti in tutto, il palco totalmente distrutto, la strumentazione della banda, in pezzi. Fu un puro miracolo che non ci scappasse il morto! La band, anziché essere la protagonista della serata (non cantò del tutto), fu, suo malgrado, spettatrice di una autentica guerriglia urbana! Risultato: dopo quell’esperienza, non misero mai più piede in Italia!
Sembra che a scatenare gli incidenti, fosse stato un grave errore di programmazione, da parte dell’organizzatore della serata, evidentemente ignaro delle possibili reazioni dei fans della band.
Il concerto con i Led Zeppelin, era stato inserito all’interno di una serata del Cantagiro. Al Vigorelli c’era un pubblico misto, giovani a caccia unicamente di hard rock, famiglie accorse per ascoltare le esibizioni dei cantanti nostrani e gente venuta lì, unicamente per vedere il Dirigibile che volteggiava sopra il Velodromo. Il pubblico, secondo le stime, si aggirava tra le 12.000 e le 15.000 presenze. L’intervento dei Led Zeppelin, previsto in tarda serata, lasciava ampio spazio prima, alle canzoni di Gianni Morandi, Mia Martini, Milva, Lucio Dalla, New Trolls, Ricchi e Poveri, una quindicina di artisti in tutto.
Naturalmente le canzoni melodiche che andavano bene alle famiglie, furono sonoramente fischiate dai giovani che attendevano di sentire solo il rock dei Led Zeppelin. Gianni Morandi cacciato a forza dal palco, perché i giovani non volevano sentire altro che la band per cui avevano pagato il biglietto.
La polemica poi, riguardava anche la musica, giudicata troppo “cara” dagli estremisti della politica, anche se il prezzo del biglietto era solo di 1.500 lire, corrispondente a circa 13€ di oggi! L’ organizzatore, secondo loro, teneva in ostaggio i poveri musicisti britannici, che non vedevano l’ora di suonare “gratis” per il pubblico!
Chi ne fece le spese, come detto, fu il primo cantante della serata: proprio Gianni Morandi che, dopo aver cantato le sue canzoni, preso a pomodori, lasciò di corsa il palco fra le lacrime e sonore bordate di fischi. Gli altri cantanti italiani, vista l’aria che tirava, saggiamente rinunciarono a presentarsi sul palco. Intervennero, più tardi, pure i Led Zeppelin, ma ormai il parapiglia fra i presenti era generale e, nonostante l’invito alla calma, non riuscirono a sedare la rivolta che nel frattempo, era scattata anche fuori dal Vigorelli, dove, agitatori politici, manifestanti e quanti erano stati respinti all’ingresso perché senza biglietto, colsero l’occasione per inscenare la guerriglia con le forze dell’ordine, in assetto antisommossa.
Fortunatamente, serate simili non si ripeterono più!
Altri concerti
Fra il 1974 e l’83, l’impianto ospitò altri undici concerti con gli artisti internazionali più famosi del momento, quali gli Emerson, i Lake & Palmer, Frank Zappa, Carlos Santana, Peter Tosh, la Muddy Waters Blues Band, gli Iron Maiden, i Kiss, i Ramones, i Clash, i Dire Straits, per dire solo i più noti.
La storica nevicata del 1985 e il declino
Oltre al Palasport di San Siro, la memorabile nevicata del 1985, poteva non avere fra le sue vittime illustri, anche il Vigorelli? Certo che no! Sotto il peso di 90 cm di neve, appesantita dall’aumento della temperatura, si registrò il crollo quasi completo della tettoia, dei tralicci di sostegno e delle travi reticolari in ferro, che, rovinando sul parquet, lo danneggiarono in modo grave. Questo fu davvero il colpo di grazia, che determinò il declino dell’impianto sportivo.
I lavori di ristrutturazione, per fare riprendere l’attività ciclistica, portarono alla ennesima ricostruzione della pista, ma non della tettoia, per la quale erano necessari interventi più radicali. Si ebbero tre anni di suo utilizzo ridotto, fino alla totale sospensione delle attività ciclistiche nel gennaio 1988. Successivamente, venne completato il rifacimento pure della copertura, con struttura a travi e pilastri metallici e manto di lamiera a una sola falda. Nonostante, nel 1991 avessero anche installato e collaudato un nuovo impianto di illuminazione, la struttura venne riaperta, non prima del dicembre del 1997.
Ripresa lenta e a singhiozzo
Sci nordico
Il velodromo venne riaperto, quell’anno (1997), solo grazie all’intervento di sponsor privati, che pensarono proprio al Vigorelli, per ospitare un evento sportivo decisamente singolare per un impianto simile, una gara di coppa del mondo FIS di sci di fondo! Si trattava di una tappa che prevedeva un tortuoso percorso alla Fiera Campionaria lì vicino, con arrivo al Velodromo Vigorelli. Per l’occasione, venne creato, sul prato centrale del velodromo, che era stato nel frattempo ricoperto con erba sintetica, uno speciale percorso con neve artificiale.
Football americano, calcetto e hockey su prato
Finite le gare, da allora, l’impianto diventò la sede ufficiale delle due squadre milanesi di football americano, Seamen e Rhinos Milano, entrambe in Prima Divisione. Il prato viene ancora oggi utilizzato, per poter ospitare incontri di campionato di football americano, calcetto e hockey, ed eventi internazionali di queste discipline. Nel 2013 infatti, proprio in questa sede, si disputarono i campionati europei di football americano.
Ciclismo
Nel settembre del 1998, il velodromo ospitò nuovamente una competizione di ciclismo con una gara a eliminazione tra alcuni noti pistard e stradisti. Questa però, rimase purtroppo, un evento isolato. L’ultimo utilizzo della pista, risale all’11 settembre 2001, con una gara di campionato Italiano, sospesa a causa dell’attentato alle Torri Gemelle di New York.
Luogo di culto
Il venerdì islamico, o musulmano, è il giorno in cui i musulmani si recano alla moschea per le preghiere pubbliche dette Jumuʿa (in arabo: جمعة). Queste preghiere sono recitate a mezzogiorno, in sostituzione della preghiera detta dhuhr che si recita privatamente negli altri giorni della settimana. [Rif. Wikipedia]
In viale Jenner a Milano, all’altezza di piazzale Maciachini, esiste da molti anni un centro islamico. Essendo quella, una strada della circonvallazione, è sempre trafficatissima. Erano diversi anni, che la gente del quartiere si lamentava per la situazione insostenibile dovuta al fatto che ogni venerdì a mezzogiorno, centinaia di musulmani si inginocchiavano per pregare sul marciapiede antistante l’ingresso al centro, intasandolo totalmente per un lungo tratto. In tal modo, anziani, mamme con carrozzine ecc che transitavano da quelle parti, erano obbligati di fatto, a scendere dal marciapiede, col timore di rimanere investiti dalle macchine di passaggio.
Nel luglio del 2008, Abdel Hamid Shari, presidente del centro culturale islamico di viale Jenner, e il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, s’incontrarono per risolvere il problema. Dopo lunghe trattative, giunsero ad un accordo teso a venire incontro alle richieste dei residenti. Venne concesso, provvisoriamente, l’uso del Velodromo, esclusivamente per la preghiera del venerdì, in attesa dell’ individuazione di un altro luogo più idoneo per celebrare i loro riti religiosi (Palasharp o altro)
La riqualificazione e la faticosa ripresa
Nel 2012, l’Amministrazione Comunale indisse un concorso internazionale di idee per la riqualificazione, il rilancio e la valorizzazione della vocazione sportiva del Vigorelli. Da troppo tempo abbandonato a se stesso era utilizzato solo al 20% delle sue possibilità, unicamente per le partite di football americano, e la storica pista per le gare di velocità era ormai in stato di grande degrado.
Nel 2015, il Comune affidò a City Life, che già stava iniziando la riqualificazione della vastissima area occupata dalla ex-Fiera Campionaria, il compito di ristrutturare pesantemente il Vigorelli, unitamente al vicino Palazzo delle Scintille (vecchio Palazzo dello Sport – ex Padiglione 3 della Fiera). Dopo anni di lavori, si è finalmente arrivati a conclusione del gigantesco progetto di riqualificazione di tutta l’area. Serviti dalla linea “lilla” della metropolitana, numerosi nuovi edifici di pregio immersi in un vasto parco urbano, fanno da cornice ai tre grattacieli, il ‘Dritto’, lo ‘Storto’, e il ‘Curvo’ che abbracciano idealmente la nuova piazza Tre Torri, oltre ad un bel centro commerciale a più piani. In tale contesto, anche il Vigorelli può dirsi restituito alla magnificenza dei tempi migliori. Oltre agli interventi strutturali, sotto il controllo della Sovraintendenza ai Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, è stata risistemata nuovamente la pista, in modo da poterla restituire alle grandi competizioni di ciclismo.
Fatti tutti i necessari collaudi della pista, il 23 febbraio 2020, lo storico Velodromo Vigorelli avrebbe dovuto riaprire al pubblico, per una sessione di allenamento libero. Non so se questo sia veramente accaduto. Probabilmente lo avranno aperto, come anticipato sulla stampa, per poi richiuderlo subito dopo, a causa del ‘lock down’. Covid permettendo, quando verrà riaperto, vi si potrà accedere con la propria bicicletta da pista oppure si potrà noleggiarne una, sul posto. Nell’ottica di un rilancio della struttura, il CVV (Comitato Velodromo Vigorelli) ha recentemente stipulato un accordo con l’azienda Look (francese) la quale fornirà al Velodromo una flotta di nuovissime biciclette da utilizzare nel progetto di Scuola di ciclismo su pista cui il comitato di gestione, sta lavorando da mesi. L’obiettivo è naturalmente, da un lato una nuova vita per il Vigorelli, dall’altro, la scoperta di nuovi talenti fra i giovani, nella speranza di riuscire con queste operazioni, ad invogliarli alla carriera di pistard e a creare così, i campioni di ciclismo su pista del domani.
Oggi comunque il Vigorelli, è disponibile per l’uso sportivo, anche da parte di altre federazioni. Quella del rugby e del football americano, ad esempio, stanno concordando ora, con il Comune di Milano, la gestione delle loro attività. Per quanto riguarda l’ambito ciclistico, indubbiamente non è facile ritornare ai fasti del passato : ai record dell’ora, alle quattro edizioni di Campionati del Mondo di ciclismo e alle innumerevoli sfide nelle diverse specialità, dalla velocità individuale al mezzo fondo. Il CVV, che oggi riunisce un centinaio di soggetti e gruppi sportivi, ci sta provando. Sta puntando a riattivare in maniera completa, lo storico velodromo. L’augurio è che il suo sforzo venga premiato, e che il “Tempio del ciclismo” possa tornare quanto prima, agli antichi splendori!
Come arrivarci
Velodromo Maspes-Vigorelli – via Arona 19, Milano:
Mezzi pubblici che fermano nelle vicinanze:
- Bus : 43, 69, 78, 91
- Tram : 1, 19
- Metro : M5 (lilla) fermata Tre Torri o Domodossola
- Treno : R16, R22, R27, S3, S4 fermata Domodossola
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Note:
Elenco degli impianti sportivi di Milano, (prima del Vigorelli)
“Teatro Olympia” (1872 pista terra battuta – L.go Cairoli)
La prima pista di cui si ha notizia, venne allestita nei sotterranei di quello che diventerà poi, nel 1901, il “teatro Olympia” in largo Cairoli: il piccolo anello di appena 125 mt., tenne a battesimo i primi velocipedisti milanesi.
“di via Vivaio” (1875 pista terra battuta – Via Vivaio)
Da alcuni documenti si deduce l’esistenza fra il ’75 e il ’96, di una pista in terra battuta, costruita in largo Vivaio, a poche centinaia di metri dall’attuale villa Necchi-Campiglio. Questa pista era gestita dal “Veloce Club Milanese”, la più antica e rinomata “unione di velocipedisti italiani”, fondato nel 1870 dai baroni Giuseppe e Fausto Bagatti Valsecchi. Fu smantellata nel 1896 in seguito ad uno sfratto ricevuto dal conte Sola, propretario di quel terreno.
“pista d’Oriente” (1878 pista terra battuta – via Menabrea)
Altra pista in terra battuta, la “pista d’Oriente”, fu realizzata a Porta Volta in via Menabrea, divenendo ben presto, terreno di allenamento e competizioni del club “Milano Velocipedisti” (15 anni più tardi, sullo stesso terreno di Via Stelvio verrà costruito il primo campo da gioco dell’Unione Sportiva Milanese, terza società calcistica milanese, fondata da Romolo Buni nel 1902).
“Trotter Italico” (1893 pista terra battuta – Stazione C.le)
Per oltre un decennio, venne pure utilizzata la lunga pista di 600 metri del “Trotter Italiano“, costruita sul terreno oggi occupato dalla Stazione Centrale di piazza Duca d’Aosta, oltre a fungere da importante centro ippico.
“Arena Civica” (1894 pista in legno – Parco Sempione)
Sul finire del XIX secolo videro la luce le prime piste in legno: alla “Arena Civica”, Nel ’94 fu inaugurata una pista smontabile, su progetto dell’ingegner Lubini,
“Foro Bonaparte” (1896 pista in legno – via Canova)
Due anni più tardi, il 30 luglio del ’96, fu la volta della pista di “Foro Bonaparte”, in via Canova, progettata dallo stesso Lubini. Quest’ultima pista divenne teatro delle sfide tra i primi due grandi campioni del ciclismo italiano, Gian Fernando Tomaselli (che diventerà, a fine carriera, direttore della Bianchi fino agli anni ’30 del Novecento) e Federico Momo.
“Trotter di Turro” (1906 pista terra battuta – via G. Giacosa)
A causa della dismissione del “Trotter Italiano”, dovuto alla vendita del terreno, da parte del suo proprietario, nel 1906 venne inaugurato il “Trotter di Turro”, situato oggi (quel che ne resta) nell’omonimo quartiere tra Viale Monza e Via Padova. Oltre al galoppatoio, c’era una pista ciclistica, motociclistica e automobilistica.
“Velodromo Milanese” (1908 pista in legno- Via Argelati
Il 3 Maggio 1908 venne inaugurato il ciclodromo in legno di Via Argelati, costruito nella zona Sud di Milano e denominato “Velodromo Milanese”. Durò pochissimo, sei anni in tutto!
“Velodromo Sempione” (1914 pista terra battuta- Via Arona)
A causa della chiusura del vecchio ciclodromo di via Argelati ormai in disuso,(aveva solo sei anni), il 27 aprile del 1914 venne inaugurato il“Velodromo Sempione” in via Arona. Per oltre 14 anni divenne un punto di riferimento per il movimento ciclistico nazionale e il campo sportivo, all’interno dell’anello in cemento, venne utilizzato pure dal Milan come terreno di gioco per le partite casalinghe. La popolarità del ciclismo su strada vide In quegli anni un ulteriore incremento togliendo interesse alle corse su pista. Proprio questo calo di interesse del pubblicò portò ad una drastica riduzione della manutenzione della pista con un conseguente abbandono del Velodromo Sempione che, nel 1930, venne abbattuto
“Palazzo dello Sport” (1923 pista in legno – p.zza VI Febbraio)
Nel contesto di un articolato programma di rinnovamento urbano e di modernizzazione delle infrastrutture milanesi si pensò di creare una “città dello sport”. Così in piazza VI Febbraio, non lontano dal Velodromo Sempione, venne costruito il Palazzo dello Sport, (attuale Palazzo delle Scintille), storico edificio in stile liberty, progettato dall’architetto Paolo Vietti Violi, inaugurato nell’aprile 1923, in occasione del Salone dell’Automobile. Studiato per ospitare eventi sportivi indoor, fu uno dei primissimi edifici (Padiglione 3) a vedere la luce, nel nascente quartiere espositivo di Fiera Milano, , Esso conteneva una pista smontabile in legno da 200 metri, Accanto a questo edificio, nello stesso periodo vennero costruiti l’Ippodromo del trotto (1924), progettato dallo stesso arch. Vietti Violi), lo Stadio di San Siro (1927), il Lido (1930) e il Velodromo Vigorelli (1935).
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I record
record dell’ora:
1934: Gianni Olmo
1936: Maurice Richard
1937: Frans Slaats e Maurice Archambaud
1942: Fausto Coppi
1956: Jacques Anquetil
1956: Ercole Baldini
1957 e 1958: Roger Rivière
A questi record vanno aggiunti il record non omologato di Jacques Anquetil del 1967 e le due prove di Francesco Moser nel 1986 con oltre 49kmh di media.
record femminili
Sono oltre 150 le migliori prestazioni mondiali ottenute da corridori singoli o quartetti di diverse categorie e nazionalità sulle varie distanze (200m, 500m, 1km, 2km, 20km, 100km).
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Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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