La chiesa di San Cristoforo sul Naviglio
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Storicamente, facendo parte dei Corpi Santi, il comune istituito nel 1782 (comprendente le cascine e i borghi agricoli che si trovavano attorno alla città, appena oltre le mura spagnole del capoluogo lombardo), il borgo di San Cristoforo è uno dei più famosi ma anche dei più sconosciuti di Milano. Sorge, affacciandosi sul Naviglio Grande, attorno ad una delle chiese più particolari e antiche della città. Il borgo entrò a far parte del capoluogo lombardo, quando, nel 1873, il comune dei Corpi Santi venne definitivamente annesso a Milano.
Purtroppo non posso dire che questo, oggi, sia uno dei borghi più belli della città: essendo tuttora visto come zona periferica di Milano, tutta l’area è decisamente trascurata, mentre avrebbe necessità di maggiore considerazione e valorizzazione da parte dell’Amministrazione Comunale, proprio per il significato storico-artistico che questo luogo rappresenta. Il mondo del design e della moda si sta lentamente spostando proprio da queste parti, in questa zona del naviglio (via Savona, via Tortona ecc,). Il quartiere è apprezzato dagli studenti, dai creativi, dagli street artist e da chi vuole vivere l’atmosfera della Milano di un tempo.
Ndr. – E in effetti, arrivare qui, non pare di essere a Milano, ma catapultati d’incanto in una realtà meno frenetica, più “umana”, se a farci ripiombare nella realtà non fosse quell’anacronistico transito di automobili proprio davanti al sagrato della chiesa. E dire che non ci vorrebbe molto a mettere un po’ di ordine, a cominciare proprio dalla viabilità, con una sacrosanta pedonalizzazione della piazzetta medioevale antistante l’antica bellissima chiesetta del XII secolo, e l’eliminazione di quell’incredibile, pericolosissimo passaggio a livello in piena città, proprio a due passi dalla chiesa. Una risistemazione di tutta l’area potrebbe tranquillamente consentire a questo monumento di entrare a far parte dei circuiti turistici tradizionali, dai quali mi risulta sia attualmente escluso. Ma questo è forse chiedere decisamente troppo all’Amministrazione … anche se il ritorno d’immagine sarebbe garantito.
La chiesa
Poco distante dalla Darsena, allontanandosi a piedi lungo l’Alzaia del Naviglio Grande, in direzione della periferia, appena passato il ponte delle Milizie sulla circonvallazione più esterna, ci s’imbatte in una delle più antiche e suggestive chiese di Milano, piccolina, raccolta, un autentico gioiellino, considerata oggi monumento nazionale: si tratta della bellissima chiesa di San Cristoforo sul Naviglio, un complesso costituito da due chiesette affiancate e da un caratteristico campanile quattrocentesco, noto a tanti anche col nome di “faro meneghino“. Non era chiaramente un faro di quelli che intendiamo oggi, usato dai naviganti, ma la sua funzione, nei secoli passati, dal Quattrocento in poi, era esattamente la stessa.
Nel medioevo infatti, questa era una chiesetta sperduta nella sconfinata pianura lombarda, a qualche chilometro dalle mura medioevali di Milano. Il suo campanile, visibile a distanza, preannunciava ai viandanti che la città era ormai prossima. La porta più vicina infatti, ad alcune miglia da quel punto, era la Porta Ticinese medioevale, a ridosso della fossa interna del Naviglio (quella che possiamo ammirare ancora oggi, anche se rimaneggiata, accanto alle Colonne di San Lorenzo). Per i viandanti, i pellegrini ed i barcaioli, quel campanile a forma conica, così caratteristico, era quindi un punto di riferimento per quanti provenivano dal Ticino. Non a caso, il Santo a cui è dedicata questa chiesa, è il protettore dei viandanti, dei barcaioli, dei pellegrini e non solo ….
Colpo di spugna, per fortuna, fallito
E’ una chiesetta, che, dopo oltre settecento anni di “onorato servizio”, nel secolo scorso, ha rischiato di scomparire per sempre, in ben due occasioni: la prima volta, nelle prime decadi del Novecento, quando, vittima designata, come tanti altri pregevoli monumenti milanesi, della solita speculazione edilizia, ha evitato, per un soffio, di essere cancellata dalle mappe, grazie ad un minimo scarto di voti a favore del suo mantenimento, in una decisiva votazione in Comune; la seconda volta, invece, quando, durante la Seconda Guerra mondiale, la pioggia di bombe incendiarie del ’43, l’ha “risparmiata” dalla distruzione, solo perché troppo decentrata rispetto agli obiettivi primari da colpire!
Ndr. – Giustificando, in Consiglio Comunale, la necessità di abbattere la chiesa di San Cristoforo e le relative pertinenze per creare spazio per le rotaie della ferrovia (per Corsico, Trezzano, Abbiategrasso, Vigevano) che transita a fianco, in realtà la speculazione edilizia, totalmente incurante dell’arte e della storia di quel monumento, mascherava, in nome del progresso, la reale intenzione di sfruttare quell’area per costruirvi uno o più edifici in vetro-cemento ad uso residenziale o uffici, indubbiamente più redditizi ed adeguati ai tempi odierni.
E pensare che le origini di questa piccola chiesa risalgono addirittura alla seconda metà del XII secolo, quando appena si intravedevano gli scavi del Naviglio! In precedenza, pare, che al suo posto, ci fosse addirittura un antichissimo tempietto pagano.
Due chiesette in una sola
La chiesa di San Cristoforo è un interessante esempio, peraltro non unico a Milano, di due chiesette accostate l’una all’altra, costruite in epoche diverse, quindi sorte inizialmente indipendenti, e solo più tardi unificate, in modo da formare, alla fine, una chiesa unica. Si ignora quale fosse il reale motivo per cui all’Oratorio originale, sia stata accostata successivamente, in quello stesso luogo, una Cappella Ducale del tutto indipendente (cioè con ingresso separato) e strutturalmente diversa. Un esempio analogo (quanto ad accostamento di due chiese), di dimensioni decisamente maggiori rispetto a San Cristoforo, è quello della chiesa di Santa Maria Incoronata in Corso Garibaldi (oltre Largo La Foppa in direzione della Circonvallazione interna), costruito ai tempi di Francesco Sforza (pochi anni dopo il completamento di questa Cappella Ducale), oppure quello della chiesa di San Michele alla Chiusa, edificio situata all’incrocio tra le attuali via Chiusa e via Disciplini, e oggi scomparso (perché demolito nel 1930).
Vediamo di analizzare meglio questo strano connubio:
La chiesetta di sinistra (Oratorio)
Antichi racconti attestano che i milanesi fossero particolarmente affezionati a questo minuscolo Oratorio che, corrispondendo approssimativamente alla navata sinistra della chiesa attuale, era composto da una semplice cappella coperta da due falde a capanna. Anche esternamente, aveva una facciata molto più semplice di quella che vediamo oggi. Probabilmente costruita sulle rovine di un tempietto romano (cioè pagano) preesistente, era sorta lungo il percorso che dalla Lomellina conduceva a Milano, in un punto di passaggio obbligato nella rete dei vari corsi d’acqua. Non si conosce esattamente la data della sua costruzione originaria.
Nel 1099 i lombardi partirono proprio da questa chiesa, verso la Terra Santa, per combattere la prima crociata. Un luogo ricco di storie, quindi, che ne hanno fatto un punto di riferimento per i milanesi e per chi visita la città.
Dopo la distruzione totale di Milano nel 1162, operata dal Barbarossa, i milanesi che erano riusciti a fuggire, avevano trovato riparo ed ospitalità nei vari borghi intorno alla città distrutta, in attesa di poter rientrare per ricostruirla, appena finite le ostilità con l’imperatore tedesco.
Storicamente, risulterebbe che proprio in questa chiesetta, nel 1176, sia stato dato ai milanesi scampati al massacro, il primo annuncio della sconfitta dell’imperatore Federico Barbarossa, da parte della Lega Lombarda, nella battaglia di Legnano.
La chiesetta originale venne ricostruita nel 1192, come esempio di arte romanica e fu poi ampiamente rimaneggiata nel Trecento, in concomitanza con i lavori per il Naviglio Grande. E’ questa certamente la parte più antica della chiesa che possiamo ammirare oggi.
Ndr. – L’arte romanica è la fase dell’arte medievale europea che derivando dal romano antico, si è sviluppata a partire dalla fine del X secolo fino all’affermazione dell’arte gotica, cioè fin verso la metà del XII secolo in Francia e i primi decenni del successivo, in altri paesi europei (Italia, Inghilterra, Germania, Spagna)
La chiesetta era in pratica una piccola aula, terminante con un’abside semicircolare. La facciata era ed è ancora oggi, ornata da un ricco portale in cotto, un bel rosone gotico a raggi intrecciati ed inoltre tre stemmi evidentemente applicati in epoche diverse: il biscione dei Visconti, quello con la croce rossa in campo bianco del Comune di Milano, e quello col cappello cardinalizio ed il sole radiante tra le stelle, del cardinale Pietro Filargo da Candia (1339-1410), vescovo di Milano (nel 1402) e poi pontefice (antipapa) con il nome di Alessandro V (1409-1410).
Il caso di “cronaca nera”
Si era in età comunale, un periodo turbolento caratterizzato da lotte interne fra diverse fazioni politiche per la conquista del potere. La città era retta da un Consiglio di consoli. Oltre ai ceti nobiliari protagonisti della iniziale costituzione del regime comunale, era andato via via crescendo di importanza il ceto dei mercanti (società della “Motta”) e quello degli artigiani (associazione della “Credenza di Sant’Ambrogio”). La necessità di dirimere i sempre più frequenti contrasti insorti tra le parti, portò all’affermazione del governo del podestà, un soggetto usualmente esperto di leggi, eletto annualmente dal Consiglio dei Consoli, forestiero (cioè non milanese) a garanzia della sua imparzialità di giudizio nelle varie cause.
Nelle acque del Naviglio, di fianco alla chiesetta di San Cristoforo, nel novembre del 1257, si vide un bel giorno, galleggiare un cadavere. Era quello “eccellente” del podestà di Milano, tal Benno de’ Gozzadini, bolognese. Era stato il popolo in tumulto che lo aveva trascinato in strada, lo aveva ammazzato di botte, e facendo scempio del suo cadavere, ne aveva gettato il corpo nel Naviglio. Ma cosa aveva fatto di così grave quel pover uomo da meritarsi una fine simile? Nulla, assolutamente nulla da giustificare tale violenza! Anzi aveva avuto il merito di essere promotore della decisione di allungare e rendere in seguito navigabile il fossato difensivo detto Ticinello, da Abbiategrasso verso Milano, passando quindi per Gaggiano, Trezzano sul Naviglio, Buccinasco e Corsico e dando pertanto così origine al Naviglio Grande. Non aveva altra colpa che quella di aver tentato di far accelerare i lavori per il Naviglio Grande, i cui scavi si erano arenati per la cronica mancanza di fondi; il Podestà aveva pensato bene, per non inventare nuovi balzelli o aumentare quelli già in vigore, a carico comunque sempre degli stessi cittadini già oberati di tasse, di far pagare questa volta le imposte anche al clero che, fino ad allora, aveva sempre avuto il privilegio di esserne esentato. La Chiesa naturalmente si ribellò con tutti i mezzi, compreso quello di accusare ingiustamente il Podestà di concussione, e di aizzargli contro la plebe, usando mille stratagemmi, per non sporcarsi direttamente le mani. La fine della vicenda fu che Benno trovò la propria tomba proprio davanti alla chiesetta di San Cristoforo, in quel Naviglio per il quale si era tanto dato da fare.
L’ospedale
Attigua all’Oratorio, un frate, tale Pietro Franzoni di Tavernasco, fece costruire, pare nel 1364, un ospedale con funzione anche di ospizio per i pellegrini. Entrambi le strutture (chiesetta ed ospedale) furono dedicate a San Cristoforo.
Il raddoppio della facciata
La chiesetta originaria cambiò volto nel 1399, quando il Duca Gian Galeazzo Visconti diede il via ai lavori di costruzione di una Cappella, sul lato destro dell’Oratorio ed aggiungendovi un bel campanile sul retro (il famoso faro meneghino).
Ndr. – Nel 1395, Gian Galeazzo Visconti, realizzando un sogno covato da anni, era riuscito a diventare il primo Duca di Milano facendo eleggere a Ducato la citta che, fino ad allora, era stata una Signoria. Pagando si può tutto!!!
Per ulteriori dettagli sul passaggio da Signoria a Ducato, leggi l’articolo, cliccando sul seguente link:
Dalla Signoria al Ducato … quello che la Storia non racconta
La chiesetta di destra (Cappella Ducale)
Comunemente chiamata Cappella Ducale, la chiesetta di destra, in stile tardo gotico, risale quindi ai primissimi anni del XV secolo. Fu eretta, sotto il patrocinio del duca, adempiendo il voto popolare per perorare la cessazione della peste scoppiata improvvisamente nel 1399, epidemia che, quell’anno, aveva già fatto più di 20.000 morti a Milano (e di cui lui stesso poi sarebbe stato vittima a Pavia nel 1402). Gian Galeazzo Visconti non la vide mai completata: la Cappella Ducale infatti, venne terminata appena nel 1404. Fu intitolata non solo a San Cristoforo, come già l’Oratorio e l’ospedale, ma pure ai santi Giovanni Battista, Giacomo, e alla beata Cristina, protettori dei Visconti, per commemorare la vittoria viscontea contro Giovanni d’Armagnac presso Alessandria, avvenuta il 25 luglio 1391 (proprio il giorno della festa di san Cristoforo). Sulla facciata venne inserito il celebre stemma di famiglia con il biscione, accanto a quello del Comune di Milano con la croce rossa in campo bianco.
Perché Cappella Ducale?
Probabilmente l’appellativo popolare di chiamare Cappella Ducale, la chiesetta di destra, discende dalla vox populi che voleva fosse qui la sepoltura segreta di Matteo I Visconti (1250-1322), secondo signore di Milano, morto scomunicato a Crescenzago. La sua sepoltura in questo sito, mai storicamente documentata, non ha trovato alcun riscontro, neppure dopo i consistenti lavori di restauro dei primi anni del nostro millennio.
La “schola”
Il lazzaretto, in cui era stato trasformato l’ospedale accanto alla chiesa, ai tempi della peste del 1399, venne soppresso già nel 1408. Fu invece creata, al suo posto, una schola, di cui faceva parte una scuola vera e propria, e la Confraternita dei santi Giacomo, Cristoforo e Cristina, che resse le sorti del complesso ecclesiastico, fino alle soppressioni decretate dall’ imperatore austriaco Giuseppe II, nel 1784.
Il saluto ad Isabella
Nel 1489. la Cappella Ducale e il sagrato antistante furono teatro di una grande festa popolare. I milanesi si erano spinti fino a quella chiesa, in mezzo alla campagna, per festeggiare l’arrivo in città della coppia ducale. Gian Galeazzo Sforza (1469-1494) aveva da poco sposato per procura a Napoli, il 21 dicembre 1488, la diciottenne cugina Isabella d’Aragona (1470-1524), figlia del duca di Calabria.
Il matrimonio per procura è un atto in cui uno o entrambi gli individui che si uniscono in matrimonio, non sono fisicamente presenti durante la cerimonia, ma sono rappresentati da altre persone. In assenza di entrambi i partner si verifica il doppio matrimonio per procura.
Il matrimonio per procura è celebrato di solito quando una coppia desidera sposarsi, ma uno o entrambi i nubendi non possono partecipare per motivi quali il servizio militare, la reclusione o le restrizioni di viaggio; oppure quando una coppia vive in una giurisdizione in cui non può sposarsi legalmente. [ rif. Wikipedia ]
Essendo in gioco motivi di prestigio e soprattutto grandi interessi, quel matrimonio era stato sapientemente orchestrato da Ludovico il Moro (zio e tutore del nipote duca). Sarebbe poi stato lui (Ludovico), ad ereditare il Ducato, alla più che sospetta morte del giovane duca, avvenuta appena 5 anni più tardi.
Così l’ambasciatore Giacomo Trotti (consigliere segreto di Ercole d’Este, padre di Beatrice, la futura moglie di Ludovico il Moro) descrisse Isabella in occasione delle nozze: “la prefata Duchessa novella di volto è negretta e non molto bella, ma l’ha una zentile et bella persona”.
Ambrogio da Corte, (maestro di casa e di cerimonie di Ludovico il Moro), più impietosamente. la descrive addirittura “brutta, negra, guercia, troppo imbellettata, e che le puzza il fiato“. Viceversa “el Duca è bellissimo et bonissimo”.
La neo-sposa, giunta da Napoli a Genova dopo 19 giorni di burrascosa navigazione, si incontrò con Gian Galeazzo a Tortona. I due ovviamente, non si erano mai visti prima. Fu organizzato in onore degli sposi un banchetto veramente principesco, al termine del quale, essi si ritirarono in camere separate come tutti i cronisti dell’epoca non mancarono di notare. Qualcuno disse che tale comportamento del duca fosse dovuto a prudenza dettata da una sfavorevole congiunzione astrale, motivo questo che avrebbe consigliato di astenersi dal consumare il matrimonio, altri, molto più realisti, furono pronti ad asserire che fosse l’evidente testimonianza di difficoltà amatorie del giovane regnante, probabilmente dovute alla palese bruttezza di lei. Comunque fosse, la scena si ripeté invariata, la notte successiva, a Vigevano.
Così, il 2 febbraio 1489, scendendo lungo il Naviglio, la coppia ducale arrivò alla chiesa di San Cristoforo, a bordo di una splendida imbarcazione nuziale. Lì, c’era ad attendere gli sposi, una quantità incredibile di milanesi decisi ad accompagnare a piedi il corteo, fino al Castello Sforzesco. Lungo le alzaie erano schierati trombettieri ed armigeri, mentre la barca con i regnanti, scivolava lentamente sull’acqua tra gli applausi, seguita da un lungo corteo d’imbarcazioni.
NOTA
La coppia dette scandalo in tutta Italia per via del fatto che per ben tredici mesi, Gian Galeazzo si rifiutò di consumare il matrimonio con Isabella. Molte le ipotesi fatte a riguardo: vi fu chi accusò Gian Galeazzo di impotenza, di frigidità, di vergogna, di essere stato addirittura “affatturato“. Così, anche la voce raccolta da Francesco Guicciardini (scrittore, storico e politico italiano), secondo cui Ludovico Sforza, innamoratosi di Isabella, avrebbe reso impotente il nipote tramite malefici, affinché non potesse consumare il matrimonio.
Possibilmente il suo rifiuto derivava in parte, da una forma di protesta verso l’obbligatorietà di quel matrimonio, in parte, dall’aspetto poco gradevole della moglie. Così conferma l’ambasciatore fiorentino Stefano da Castrocaro: “è paruto a qualchuno che in questo primo aspecto [incontro] el Duca [Gian Galeazzo] abbi facto qualche segno che la Duchessa [Isabella] non li sia molto piaciuta, et stasera da poi che fu scavalcata non l’à voluta a faticha toccare; non so s’el viene da vergogna o pure da altro. Ma parmi vedere che a questo sirà aiutato, acciocché non li abbia a volere troppo bene”.
Solo nell’aprile 1490, quando ormai i parenti d’Aragona erano pronti a chiedere l’annullamento del matrimonio, Isabella riuscì a convincere infine il marito riluttante, a consumare e nel giro di pochi giorni lei si trovò incinta.
ALTRI RIFERIMENTI STORICI
Due anni più tardi, nel 1491, proprio qui, davanti alle due chiesette di San Cristoforo, Ludovico il Moro volle venire ad attendere lungo le sponde del Naviglio, l’arrivo della futura giovane sposa Beatrice d’Este, che gli veniva portata da Ferrara.
L’unificazione dell’Oratorio con la Cappella Ducale
Appena nel 1625 venne finalmente abbattuto il muro che separava l’Oratorio dalla Cappella Ducale, creando un unico luogo di culto, così come lo vediamo noi oggi.
L’interno, trasformato in due navate, presenta, in quella di sinistra, un soffitto ligneo e sulla parete, frammenti di affreschi della scuola di Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone.
L’abside conserva invece affreschi cinquecenteschi della scuola di Bernardino Luini.
La navata di destra invece (Cappella Ducale) ha due campate con volte a crociera e le pareti sono decorate da affreschi gotici; alla parete di destra una pregevole statua lignea del XIV secolo rappresentante San Cristoforo e il Bambino Gesù.
La parete della controfacciata della Cappella Ducale, restaurata nel 2015, ha permesso di evidenziare subito sopra il portale d’ingresso, una Crocifissione e, più in alto, la Madonna sul trono affiancata a destra da San Cristoforo, a sinistra da Sant’Antonio Abate, sotto il quale stanno due committenti inginocchiati. È uno dei rari affreschi dei primi del Quattrocento lombardo, nei quali compare, alla base del trono, la firma dell’autore: Bassanolo de Magistris. L’affresco, oltre ai problemi causati dal tempo e dalle risalite di umidità, era stato danneggiato pure da una bomba carta lanciata dentro la chiesa alcuni anni prima.
La chiesa presenta pure alcuni affreschi rinascimentali, di scuola dei fratelli Zavattari, questi ultimi molto apprezzati nell’ambito del panorama di metà Quattrocento ed autori delle meravigliose storie di Teodolinda nel Duomo di Monza, il più pregevole ciclo di affreschi tardogotici, presente in Lombardia.
Sul retro della sacrestia c’è la così detta “cappella dei morti”, edificata in occasione della peste (1630) descritta dal Manzoni, durante la quale, riprendendo l’antica vocazione, il complesso di san Cristoforo servì da Lazzaretto.
Dal Settecento in poi
All’epoca, per i nobili diretti nelle loro dimore di campagna, una sosta delle loro carrozze davanti alla chiesa di San Cristoforo, era d’obbligo, come atto referente di saluto, prima di proseguire il viaggio verso il Ticino.
NOTA STORICA
Sul ponte sul Naviglio Grande antistante la chiesa, furono dati alle fiamme nel 1813, gli atti della Repubblica Cisalpina.
Nell’Ottocento, nelle giornate di bel tempo, la zona era anche la meta di gite domenicali. Le famiglie si recavano spesso a mangiare lì vicino alla chiesa, sull’altra sponda del Naviglio. all’osteria “Ca’ Bianca” che si riempiva di gente in vena di scampagnate tra prati e mughetti e di abbuffate di formaggi, salumi e asparagi. Anche oggi, i dintorni della Chiesa sono spesso animati da molta gente sia per la presenza dei ristoranti e dei locali, sia per le feste e le esposizioni che vi si tengono. Ogni anno richiama grandi folle, la popolare festa dei Navigli che, altro non è che un moderno proseguimento della tradizione antica di festa del San Cristoforo, patrono del borgo.
Chi era San Cristoforo
Jacopo da Varagine (nome latino di Varazze) vissuto nel XIII secolo, fu un vescovo cattolico, frate domenicano, l’autore che, in Occidente, con la sua Legenda Aurea (una monumentale raccolta medievale di biografie agiografiche di Santi, scritta in latino), rese celebre San Cristoforo (De sancto Christophoro).
LA LEGGENDA DI OFFERUS
Pare fosse Offerus il nome di colui che avrebbe preso successivamente quello di San Cristoforo. Era un giovane gigante (un secondo Ercole) molto rozzo e dalla mente decisamente ottusa: diceva a tutti che la sua massima aspirazione era quella di servire il Signore più potente esistente sulla terra. Avuto notizia di un re molto potente, si recò da lui, chiedendo di potersi mettere al suo servizio. Questi lo accolse alla sua corte, ben felice di avere un servitore di simile prestanza fisica.
Ma un giorno, Offerus scoprì che al solo nome del diavolo pronunciato da un menestrello durante uno spettacolo, il re si era fatto il segno della croce. Avendogli chiesto perché l’avesse fatto, il re gli rispose di aver paura del diavolo. “Se lo temi, significa che è più potente di te” pensò il gigante: “Voglio servire il diavolo” aggiunse, e così dicendo, abbandonò il re e la sua corte, mettendosi alla ricerca del diavolo.
Attraversato il deserto, incontrò un misterioso uomo che diceva di essere il diavolo in persona e lui si mise a seguirlo. Incontrata una croce lungo il percorso, il diavolo tornò indietro. Chiestogli il motivo, l’uomo gli disse di aver paura di Cristo; Offerus abbandonò pure lui, ripartendo alla ricerca di Cristo per servirlo.
Lo indirizzarono da un eremita, che avrebbe potuto dirgli ove incontrare Cristo. Questi gli rispose “ovunque”, a patto di pregare, vegliare e digiunare. Ma Offerus poteva contare solo sulla sua forza bruta, non certo su questo tipo di pratiche. Quando però l’anacoreta, continuando a parlare con lui, gli raccontò che Cristo era il più forte di tutti i potenti della terra, gli fece venire il desiderio di convertirsi. L’asceta lo istruì allora sul precettoi della carità: Offerus, volendo esercitarsi in tale virtù e prepararsi così al battesimo, scelse di andare a vivere in una capanna nelle vicinanze di un fiume con l’idea di aiutare i viaggiatori a passare da una riva all’altra.
Una notte Offerus fu svegliato da un piccolo fanciullo che lo pregò di traghettarlo sull’altra riva del fiume. Caricatoselo pertanto sulle spalle, il gigante iniziò ad attraversare il corso d’acqua, ma man mano che procedeva, aveva sempre maggior difficoltà ad avanzare anche perché il peso del piccolo aumentava a dismisura ad ogni passo. “Bambino, perché ti fai così pesante? Mi sembra di portare il mondo!” Quando, stremato, riuscì a raggiungere l’altra riva col bambino sano e salvo, quest’ultimo gli disse. “Non solo hai portato il mondo, ma anche colui che lo ha creato. Per i tuoi servigi io ti battezzo nel nome di mio Padre, nel mio proprio nome, e in quello dello Spirito Santo. Da oggi, ti chiamerai Cristoforo, cioè portatore di Cristo”. Il bambino gli profetizzò a breve scadenza, il martirio. Cristoforo si recò in Licia a praticare la fede, e fu proprio lì, che venne martirizzato.
Come questa leggenda sia sorta, è ancora oggi un problema insoluto. Si sono formulate due ipotesi, quella di chi ritiene che sia stato il nome Cristoforo (cioè portatore di Cristo) ad aver suggerito tale storia; e chi viceversa suppone che l’iconografia di Cristoforo, con Gesù sulle sue spalle, sia anteriore alla narrazione di Jacopo da Varagine per cui sia stata questa rappresentazione, ad ispirare il motivo leggendario.
La festa di San Cristoforo in Occidente e celebrata il 25 luglio in Oriente il 9 maggio. Per quanto riguarda il folklore c’è da notare come esso non sia diminuito nei tempi recenti, sebbene abbia subito ovviamente degli adattamenti. Se nel medioevo San Cristoforo era venerato come protettore dei viandanti e dei pellegrini prima di intraprendere itinerari difficili e pericolosi, oggi il Santo è divenuto il protettore degli automobilisti che lo invocano contro la possibilità di incidenti e di disgrazie.
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Note
Indirizzo:
Via San Cristoforo 3, Milano 20144
Come arrivare:
Metrò Linea M2 (verde) – Fermata “Porta Genova”
Orari di apertura della chiesa:
tutti i giorni feriali e festivi 8.30 - 19.00 Per le visite è consigliato di verificare che non ci siano liturgie in corso.
Ingresso gratuito
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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