La fontana di Piazza Fontana
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E’ incredibile come, qui da noi, nulla sia più definitivo, del provvisorio. Questo, ad esempio, è proprio il caso di Piazza Fontana che nacque, di fatto, verso la fine del XVIII secolo, in seguito alla riorganizzazione di tutta l’area vicina all’Arcivescovado, su progetto e direzione dell’architetto Giuseppe Piermarini (1734-1808). Il nome ‘Piazza Fontana‘ fu, all’epoca, ‘temporaneamente’ assegnato a quella piazza, grazie alla presenza della fontana sistemata nel bel mezzo della stessa, ovviamente con l’intento di trovarvi prima o poi un nome più consono. Naturalmente, a tutt’oggi, la piazza si chiama ancora ‘Piazza Fontana’ !
A dire il vero, pare che in una sola occasione, abbia effettivamente cambiato nome, ma la cosa durò solo qualche anno. Sembra infatti che, sotto il Regno di Napoleone, nel 1807, per un breve periodo, sia stata battezzata “Piazza del Tagliamento”, in seguito all’annessione del Veneto, al Regno Italico. Durò molto poco, poiché, caduto Napoleone nel 1814, con la Restaurazione che ne seguì, gli austriaci si ripresero la Lombardia, e tutto tornò come pochi anni prima, (quindi pure “Piazza del Tagliamento” ritornò ad essere “Piazza Fontana”).
In quel luogo, proprio sotto le finestre dell’Arcivescovado, tutto il giorno c’era un gran vociare, un urlo continuo di gente che litigava per un’anguria o un chilo di salsicce … era il mercato ortofrutticolo, il Verziere (‘Verzee ‘ in milanese), che, per poter eseguire la ristrutturazione, venne spostato poco lontano da lì, nella piazzetta alla fine di via San Clemente, nelle vicinanze di brolo Santo Stefano. In effetti, con tutta probabilità, la presenza di quei banchetti di arance, catalogna, rape o stoccafisso, proprio sotto le finestre dell’austero Arcivescovado, era considerata poco confacente alla dignità dell’alto prelato e del suo entourage, che lì vi abitavano.
Abbattute alcune vecchie case, poste tra l’Arcivescovado e la Casa del Capitano di Giustizia (il vecchio Tribunale – ora Comando della Polizia Locale di Milano), il Piermarini trovò gli spazi per ricavare una piazza di maggior respiro, costruendo al centro, una semplice fontana.
La fontana
Quando nel 1770, a Giuseppe Piermarini, venne commissionata questa fontana, mai avrebbe detto che gli ci sarebbero voluti quasi 13 anni, per portare a termine l’opera! La sua inaugurazione infatti, avvenne appena il 15 agosto 1782!
La cosa risulta davvero singolare se consideriamo che, in seguito, gli bastarono due soli anni (1776-1778), per costruire nientemeno che il Teatro alla Scala! Come mai allora tutto questo tempo, per una semplice fontana? Per lui, quella, rispetto alla progettazione e alla costruzione del Tempio della Musica, avrebbe dovuto essere una ‘quisquilia‘! Milano era sotto l’Austria, e, simili lungaggini nella consegna dell’opera, non erano certo imputabili agli intoppi burocratici che, qui in Italia oggi, fermano le opere per anni. E allora? Vediamo di capirlo meglio.
La prima fontana di Milano
Sembra incredibile, eppure risulta essere la prima fontana, mai costruita a Milano. E, a quanto pare, resterà anche l’unica, per un altro secolo e mezzo, nonostante vari tentativi di costruirne delle altre.
Per fare un confronto, la più antica fontana di Roma (quella sul lato del Palazzo Apostolico), risale al 1490, ma venne completamente ricostruita nel 1614 da Carlo Maderno, mentre la “gemella”, sul lato opposto della piazza, costruita da Carlo Fontana o da Gian Lorenzo Bernini, fu inaugurata nel 1677 [rif. Wikipedia].
Come mai Milano era così in ritardo rispetto a Roma?
Nel 1770, tramite il ministro plenipotenziario austriaco, governatore della Lombardia, conte Carlo Giuseppe di Firmian, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria diede il suo benestare per la costruzione di una fontana in quella piazza di Milano.
Firmian quindi dette l’incarico all’allora trentaseienne Giuseppe Piermarini che, essendo diventato ufficialmente in quel periodo, ‘Imperial Regio architetto‘, stava già restaurando, per suo conto, il palazzo del Governatore (Palazzo Reale), vicinissima all’attuale Piazza Fontana. Il manufatto commissionato, avrebbe avuto un duplice scopo: prima di tutto ornamentale, per abbellire la piazza, e in secondo luogo, vasca come riserva d’acqua, in caso di necessità.
A quei tempi infatti, gli incendi erano molto frequenti essenzialmente a causa della presenza di numerose strutture in legno e delle candele usate per l’illuminazione degli ambienti.
Leggi, in proposito, l’articolo La storia del teatro
Piermarini si mise subito al lavoro, solletticato probabilmente dall’idea che quella fontana sarebbe stata la prima mai costruita in città e sarebbe stata naturalmente opera sua.
La progettò in stile neoclassico, a struttura circolare, su un’area di circa 20mq, a tre vasche di dimensioni diverse, sovrapposte tra loro, con due sirene a cavallo di delfini poste sulla colonna , fra la prima e la seconda vasca. Le vasche furono realizzate in granito rosa di Baveno, le sirene, in marmo bianco di Carrara. Si avvalse della collaborazione dello scultore Giuseppe Franchi, artista dell’Accademia di Brera, che già lavorava con lui alla decorazione del Palazzo Reale e successivamente avrebbe curato anche i decori del Teatro alla Scala. Le sirene, le cui forme giunoniche erano, forse un po’ troppo irriverenti per gli inquilini del vicino Arcivescovado, non sfuggirono ai milanesi che, ben presto, le battezzarono “Teodolinde”.
A causa delle difficoltà che il Piermarini incontrò nella realizzazione della fontana, a furia di rimandare il lavoro, il Franchi realizzò per ultime le due Teodolinde in marmo. Sbagliò tuttavia i tempi, al punto che, alla data dell’inaugurazione della fontana stessa, non erano ancora pronte! Lo scultore fu costretto a fare per quell’occasione, una copia in gesso delle due statue. Le sirene in marmo vennero installate solo l’anno successivo.
Le difficoltà tecniche incontrate
A volte, le piccole cose fanno impazzire più delle grandi e il Piermarini ne ebbe piena conferma! Infatti, nella costruzione della fontana, s’imbattè in una serie di difficoltà tecniche dovute essenzialmente a problemi di pendenze ed eccessive differenze di ‘quota’.
Milano, lo sappiamo tutti, è una città in pianura. Il problema non era la costruzione del manufatto, ma come alimentarlo. Allora non esisteva l’acqua nelle case e le donne usavano rifornirsi ai pozzi e lavare la biancheria nell’acqua non certo cristallina, del Naviglio. Dove andare a prendere l’acqua? Lì vicino, in Contrada Larga, passa il Seveso! Ma il pelo dell’acqua del fiume è più basso rispetto al livello del ciottolato della piazza e, a maggior ragione, a quello della vasca più alta della fontana. Quindi, per il principio di Archimede (dei vasi comunicanti), senza la presenza di qualche artificio, mai l’acqua del Seveso sarebbe potuta arrivare a sgorgare dalla fontana. Come sollevare l’acqua al punto da farla sgorgare con un bello zampillo dalla sommità del manufatto? Domanda banale per noi oggi, non altrettanto per il Piermarini nel 1770! La soluzione era naturalmente una pompa idraulica, inventata, fra l’altro. relativamente da poco. Ma nel 1770 non c’era ancora l’elettricità che avrebbe potuto farla funzionare e risolvere i suoi problemi; sarebbe arrivata non prima del 1883-1884, quindi, oltre un secolo più tardi!
Come quindi fare funzionare la pompa?
A Roma, il discorso era completamente diverso: nessuno di era posto problemi simili. Essendo adagiata su sette colli, e avendo i romani costruito degli acquedotti ‘in quota’, l’alimentazione delle fontane in centro città, avveniva senza l’uso di pompe, ma semplicemente per ‘caduta d’acqua’.
Non c’erano molte alternative all’epoca: o la pompa veniva attivata a trazione animale oppure a vapore (macchinario da poco inventato, un gioco di pistone-cilindro azionato dal vapore – con tanto di caldaia quindi, per la produzione dello stesso – movimento che, creando una depressione all’interno del cilindro, consentiva di aspirare, cioè di sollevare di qualche metro, una colonna d’acqua).
Per fare funzionare la fontana quindi, il Piermarini dovette trovare un ambiente ove collocare una potente pompa, non lontano dalla fontana. La scelta ricadde su via delle Ore, di fianco al palazzo dell’Arcivescovado, via che si trovava in posizione più o meno equidistante fra il punto di prelievo (‘pescaggio’) dell’acqua dal fiume (in contrada Larga) e quello della sua ‘utilizzazione’ , cioè la fontana!
Si può notare che, per ridurre al minimo il dislivello fra il fiume e la fontana, e quindi il lavoro di aspirazione della pompa, la fontana stessaè stata sistemata leggermente al di sotto del livello stradale del resto della piazza.
I giudizi della gente
Come immaginabile, la novità della fontana, quel monumento ‘sputa acqua’, venne accolta entusiasticamente dalla popolazione, che non ne aveva mai vista una, prima. Schiere di grandi e piccini, milanesi e forestieri arrivavano a frotte sia per ammirarla, che per assaggiarne l’acqua. In effetti il gioco d’acqua era molto gradevole Lo zampllo d’acqua alla sommità scendeva a cascata dalla vasca superiore più piccolina nella vasca intermedia, sotto la quale sono presenti i delfini e le due sirene, per poi scendere ancora nella vasca principale inferiore e, attraverso questa, sgorgare attraverso quattro bocche in altrettante vaschette a terra.
Le cronache dell’epoca riferiscono che lo stesso senatore Gabriele Verri, padre di Pietro e di Alessandro, un giorno del 1783, incuriosito da tanto clamore, arrivò in carrozza, nei pressi della fontana, ordinando al brumista di fermarsi. Mandò il suo attendente a prendergli un po’ di quell’acqua che sgorgava dalla fontana e degustandola, la trovò eccellente! Quell’acqua veniva direttamente dal Seveso che scorreva lì vicino, senza alcun filtraggio!
Oggi, tutto è naturalmente cambiato. L’acqua ‘a perdere’, viene direttamente prelevata dall’acquedotto comunale e non più dal Seveso. E’ sparita ovviamente anche la potente pompa in via delle Ore.
Penso che tentare di ripetere oggi, senza alcun filtraggio preventivo, la prova che qualche secolo fa, fece il senatore Verri prelevando l’acqua del Seveso che scorre attualmente sotto via Larga, sia un esperimento altamente sconsigliabile!
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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