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Le origini del Conservatorio di Milano (1a parte)

Premessa

“Perché un Conservatorio a Milano? Chi ne fu il principale promotore?” Queste, le strane associazioni di pensiero che mi sono frullate per la mente, essendomi casualmente imbattuto nella “home page” del sito ufficiale del Conservatorio di Milano, attirato dalla bellissima foto del chiostro che le fa da sfondo. Stavo facendo, a dire il vero, tutt’altro tipo di ricerche a computer …. le ho sospese, per soddisfare questa mia improvvisa curiosità.

Nel sito del Conservatorio, dove speravo di avere una risposta accettabile, alla voce “La Storia”, non ho trovato nulla di quanto mi aspettassi. Vi è solo un accenno che sintetizza le sue origini e il resto è tutta storia di oggi! “Strano che in un sito simile (ufficiale) non se ne parli, sembra quasi si voglia ‘volutamente’ cancellare o nascondere un passato che è parte della nostra storia”, mi sono detto, “eppure una risposta ci deve pur essere!”. Così sono andato a cercare altrove, sia su internet che in biblioteca, su testi vari ed in effetti, pazientemente, ostinatamente, sono riuscito a trovare qualcosa …. Questa è solo una disordinata raccolta di appunti presi qua e là, informazioni che mi sembravano degne di nota e che mi sono preoccupato di mettere insieme unicamente in ordine cronologico.

Farò quindi solo un rapidissimo accenno al Conservatorio attuale, polarizzando invece l’attenzione, su aspetti certamente meno noti ai più, curiosità che riguardano da un lato, le motivazioni che hanno spinto a tale scelta, e dall’altro, i soggetti che hanno contribuito a dare origine e lustro a questa istituzione. Un nome in particolare, tale “Carlo Brentano de Grianty”, andato inspiegabilmente “quasi dimenticato”, nei meandri della burocrazia! Prima comunque di entrare in argomento e capire meglio di cosa si stia parlando, faccio, al solito, alcune digressioni indispensabili.

Il teatro milanese a fine Settecento

il 3 agosto 1778, con la rappresentazione dell’Europa riconosciuta del giovanissimo Antonio Salieri (1750 – 1825), si inaugurava il nuovo Teatro alla Scala, e l’anno successivo, con la Fiera di Venezia, opera del medesimo compositore, apriva le porte anche il nuovo Teatro della Canobbiana.

Fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, il teatro, come si sa, era molto diverso rispetto ad oggi: non era inteso come luogo deputato al composto ascolto (in religioso silenzio), di una rappresentazione, ma puramente come luogo di amenità e di svago ove si poteva fare praticamente di tutto. Gli spettacoli proposti erano ascoltati distrattamente, intesi quasi quale sottofondo musicale di altre attività, come il gioco d’azzardo (allora molto in voga) o, nei palchi, una cena tra amici. Era molto raro che l’attenzione dei presenti venisse catturata dalle esibizioni degli artisti sul palco.
Non esistendo una seria gestione artistica ed amministrativa, l’organizzazione degli spettacoli, così come la scelta delle opere e dei cantanti, era demandata ad impresari più preoccupati di fare cassa, che di offrire delle rappresentazioni artisticamente valide; di conseguenza, spesso, nei teatri, il malcontento del pubblico finiva col degenerare in disordini. I provvedimenti presi dal governo austriaco prima e da quello francese poi, per garantire il decoro degli spettacoli e l’ordine all’interno dei teatri, erano pochi, rari, e scarsamente efficaci. La colpa di questa situazione non era imputabile unicamente agli impresari, perché il malcostume era generalizzato: i cantanti, essendo quasi sempre inascoltati, facevano quel che volevano ed erano spesso capricciosi; il pubblico distratto ed indisciplinato, essendogli concessa ogni forma di divertimento, viveva il palco del teatro come fosse un’appendice del proprio salotto di casa, luogo di ritrovo fra amici dove, durante gli spettacoli, si pranzava, si giocava a carte, si chiacchierava, ci s’intratteneva con le amanti.
Ad occuparsi degli aspetti amministrativi e gestionali, era preposto un ispettore dei teatri, scarsamente spalleggiato dalle autorità competenti, spesso impotente davanti alle pretese di quanti lavoravano in teatro o di chi ne frequentava gli spettacoli e le feste. I librettisti mal pagati, pronti a stravolgere i testi, pur di compiacere i loro committenti, completavano il quadro in un sistema teatrale avviato alla totale decadenza.
Il governo, per far fronte alla situazione di degrado nella quale versavano i teatri cittadini, promosse dapprima alcune edizioni di un concorso per la stesura di un piano per la riorganizzazione dei teatri nazionali (1797-1798), e poi, l’istituzione di una commissione per il miglioramento degli spettacoli (1801), della quale facevano parte l’economista e letterato Angelo Petracchi, il celebre pittore e scenografo Andrea Appiani e il conte Carlo Brentano de Grianty.

Fu proprio il conte Carlo Brentano Grianta o de Grianty – come amava firmarsi lui – un letterato, appassionato uomo di teatro, a concepire l’idea che la soluzione per risollevare le sorti del teatro d’opera, sarebbe stata quella d’istituire a Milano un conservatorio di musica. Questo progetto sostanzialmente mirava alla formazione di compositori e di figure di alta professionalità da impiegare nei teatri, nelle orchestre, nelle cappelle cittadine, ovvero ad un sistema di integrazione fra la Scuola di musica e la città. Fu lui, il principale sostenitore del sistema teatrale italiano, durante la prima parte del periodo napoleonico. (1796 – 1804: Repubblica Cisalpina ).

Che significa esattamente il termine “Conservatorio”?

A volte, l’abitudine a sentir pronunciare un vocabolo, si dà per assodato un certo significato, senza pensare all’etimologia del termine stesso. Nel caso della parola conservatorio, ad esempio, viene spontaneo associare il termine, ad una scuola di musica, ove si formano musicisti e cantanti e dove è possibile ascoltare dei concerti, ed è effettivamente corretto! Ma vi siete mai chiesti perché si chiama con simile termine? La curiosità porta a scoprire, spesso, degli aspetti, che non ci si attende di trovare …

Conservatorio deriva da ‘conservare’ …. Se torniamo indietro nel tempo, quando cioè questo vocabolo è stato inizialmente coniato, i suoi primi due significati, come si vede qui sotto, non avevano proprio nulla a che fare con la musica … erano istituzioni di carità pubblica … il termine stava ad indicare “un convento di monache […] dove si educano e quindi si custodiscono le fanciulle di civil condizione” o addirittura ….. un “ricovero per poveri“!

… ed è solo il terzo significato (comunque posteriore), che l’Accademia della Crusca attribuisce alla “conservazione della musica in tutta la sua purezza”.

Del resto anche l’a’Enciclopedia Treccani, alla voce “conservatorio, recita così:

“La parola conservatorio, ha originariamente il senso di asilo, ospizio, orfanotrofio. Tali infatti furono, appunto in Italia, i primi conservatori: luoghi cioè dove si “conservavano” i giovanetti senza genitori: a essi s’insegnava a leggere e a scrivere, si dava il modo di apprendere qualche mestiere e, a quelli che mostravano disposizioni speciali, s’impartiva anche un’educazione musicale. Questo fu il carattere dei più antichi conservatori di Napoli e di Venezia, i quali ultimi portavano anzi il nome di Ospedale”

Istituzione e nome, con l’aggiunta dell’attributo musicale, furono poi ripresi anche fuori d’Italia, ovunque sorgesse un’importante scuola di musica o di arte drammatica, mentre il carattere assistenziale, proprio dei primi conservatori, venne perdendosi attraverso i tempi. Nei nostri giorni infatti, la maggior parte degli istituti che si chiamano ancora ‘conservatorio‘ restringe la propria organizzazione a quella di un centro didattico dove s’insegnano le discipline atte a formare compositori, maestri di musica, virtuosi cantori e strumentisti.

I Conservatori più antichi

Napoli, già nel Cinquecento, i conservatori sorsero come istituti di beneficenza, per avviare a un mestiere gli orfani: tali furono il Conservatorio di Santa Maria di Loreto (1535), quello della Pietà dei Turchini (1573), quello di Sant’Onofrio (1578), quello dei Poveri di Gesù Cristo (1589), trasformatisi poi in collegi, dedicati anche all’insegnamento della musica. Venivano infatti impartite nozioni di catechismo e anche di canto, per poter fornire cantori durante le processioni, negli oratori o nelle ‘scholae cantorum’ delle varie chiese.

Anche a Venezia sorsero, con scopo analogo, istituti musicali denominati “Ospedali”: Ospedale della Pietà, dei Mendicanti, degli Incurabili, dei Ss. Giovanni e Paolo.

A Palermo , tra il 1617 e il 1618, fu istituito Il primo Conservatorio (più vicino a quello che intendiamo noi oggi): nacque come orfanotrofio conosciuto con il nome di Orfanotrofio del Buon Pastore de “Li Spersi Mascoli” (cioè dei trovatelli)., dove venivano educati i bambini abbandonati, che mendicavano per strada. I giovani trascorrevano il loro tempo libero cantando canti e recitando salmi, tanto che alla fine del XVII secolo coloro che mostravano buone capacità erano chiamati a presentare il loro talento nelle funzioni religiose, specialmente nelle messe.

Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo

Nel 1721, vi si intraprese, oltre all’insegnamento dei mestieri, anche quello della musica . Dal 1747 poi, il Buon Pastore diventò scuola esclusiva d’insegnamento musicale, svolgendo un ruolo prezioso nella vita culturale della città.
Diventato poi statale, dopo l’Unità d’Italia, è l’attuale Conservatorio Alessandro Scarlatti di Palermo.

Il primo esempio di Conservatorio statale (laico) di tipo moderno, si ebbe con la fondazione del Conservatoire national de musique di Parigi, avvenuta nel 1783, come Scuola Reale di canto e declamazione, e nel 1792, come scuola degli strumentisti della musica. L’inaugurazione effettiva avvenne nel 1795, in pieno periodo della Rivoluzione francese,

I più vecchi Conservatori di musica in Italia (prima di quello di Milano).

  • 1721 – Palermo (Scarlatti, ex-Vincenzo Bellini)
  • 1777 – Mantova (Lucio Campiani)
  • 1788 – Perugia (Francesco Morlacchi)
  • 1804 – Bologna (Giovanni Battista Martini)
  • 1808 – Napoli (San Pietro a Majella)

In realtà, non esiste in assoluto un Conservatorio migliore di altri, in Italia, Vi sono alcuni più rinomati: ad esempio l’Arrigo Boito di Parma, in cui si trova anche un’area dedicata al museo e un importante archivio storico o il Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli. Altri Conservatori molto conosciuti sono il Santa CeciliaRoma, il Giuseppe TartiniTrieste, il Luigi Cherubini Firenze, il Pierluigi da PalestrinaCagliari e ultimo ma non meno importante degli altri, proprio il Giuseppe Verdi a Milano.

Il Conservatorio di Milano

Cosa c’entra con il Conservatorio di Milano, quanto raccontato sopra? Nulla, se lo guardiamo con gli occhi di oggi, ma quando è nato, agli inizi dell’Ottocento, per almeno un quarantennio, ha ricalcato, in chiave più attuale, quella forma di assistenzialismo che questo termine “significava” nei secoli precedenti.

Durante la dominazione degli Asburgo, l’arte musicale, almeno a Milano, non aveva mai goduto di particolari riguardi. L’imperatrice “illuminata” Maria Teresa d’Austria, aveva dato il via, nei suoi domini,(a partire dal 1773), ad una serie di riforme volte a creare un sistema d’istruzione primaria pubblica. Ciononostante, l’insegnamento della musica, intesa quale prodotto del genio, non era previsto nell’ordinamento, in quanto la materia era ritenuta non essenziale per la formazione degli artigiani e funzionari, di cui aveva necessità lo Stato, per poter funzionare.

Ndr. – A dire il vero, Sotto gli Asburgo, la prima Scuola di Musica della Lombardia, nacque a Mantova. L’atto ufficiale che la istituì, fu il Regio Dispaccio di Maria Teresa d’Austria del 2 gennaio 1777.
E’ probabile che, se anche i milanesi glielo avessero chiesto, l’imperatrice avrebbe concesso pure a loro l’istituzione di un Conservatorio di Musica a Milano, ma in quegli anni, erano già paghi, avendo da poco ottenuto da lei, il permesso di costruzione proprio del Teatro alla Scala, dopo il devastante incendio doloso del Regio Ducal Teatro.

Favorendo la distinzione di classe sociale, lo studio della musica (sempre sotto gli Asburgo), era previsto solo nella formazione della classe dirigenziale. L’arte della musica era quindi appannaggio o dei nobili (che spesso la praticavano a livello dilettantistico), oppure di persone appartenenti a ceti meno abbienti che però ne facevano strumento di lavoro (ad esempio, i musici professionisti).

Inoltre, fino ad allora, e in particolare nel nostro paese, il compito della formazione musicale era stato appannaggio esclusivo della chiesa; l’assegnare tale compito ad una istituzione pubblica di Stato, aveva, al tempo, una valenza laica ed anticlericale.

I princìpi illuministici prima e quelli rivoluzionari poi (soprattutto in Francia), avevano smosso alle fondamenta il sistema antico, riconoscendo all’educazione musicale – per l’importanza politica che aveva assunto il teatro d’opera – lo strumento per consolidare alla base, la produzione musicale utile allo Stato.

Fu tuttavia proprio negli ultimi anni della prima dominazione austriaca in Lombardia, che iniziò a prendere corpo l’idea di creare una scuola di musica a Milano, idea che si sarebbe tradotta in realtà, solo con l’arrivo di Napoleone in Italia, sulla scia dell’analogo Conservatorio musicale inaugurato a Parigi, il 3 agosto 1795.

Il progetto de Grianty’

In data 24 agosto 1803, il conte Carlo Brentano de Grianty, in qualità di Direttore Generale dei Regi Teatri e degli Spettacoli, propose al vice presidente della Repubblica Cisalpina Francesco Melzi d’Eril, l’apertura di un Conservatorio “a riparo del minacciato intiero decadimento dell’arte musicale”. Essendo l’opera lirica considerata, allora, un ottimo strumento di propaganda, l’idea fu accolta favorevolmente. Ottenutane l’approvazione, de Grianty presentò dopo pochi giorni (il 5 settembre 1803), un dettagliatissimo progetto d’istituzione del Conservatorio (che lui chiamava “luogo pio”), che prevedeva l’accoglienza (presso il chiostro della chiesa di Santa Maria della Passione) di un totale di 36 studenti (24 maschi e 12 femmine), per un periodo di formazione non superiore al decennio. Era organizzato a convitto, aperto ad ambo i sessi, prendendo a modello, più o meno gli stessi canoni gestionali dell’orfanotrofio maschile di San Pietro in Gessate, l’unico di Milano, che, a seguito della riforma teresiano-giuseppina, era stato strutturato per l’addestramento dei giovani ospiti alle varie attività manifatturiere ed artigianali.

Il Conservatorio di Milano

I dettagli riportati in quel progetto – evidente frutto di studio accurato, indice questo, che l’idea stava maturando da tempo – prevedevano davvero tutto: costi, stipendi, incarichi, orari, programmi, alloggi, arredamento, uniformi, biancheria … addirittura regolamento disciplinare, e accortezze su come tenere separati gli studenti dei due sessi. [Ndr. – La virtù prima di tutto!]
Ciò significava che, non appena individuata la sede adatta, si sarebbe potuti partire subito. Pure il fatto che gli allievi potessero essere ospitati in una struttura soppressa, starebbe ad indicare che la soluzione prospettata – ovviamente copiata dall’orfanotrofio milanese che utilizzava il monastero soppresso dei Cassinesi di San Pietro in Gessate“suonava” come suggerimento di immediata fattibilità per colui che avrebbe dovuto prendere la decisione definitiva (ovviamente, se ci fosse stata la volontà politica di farlo).

Per rendersi conto del livello di dettaglio, davvero incredibile, a cui arrivò il conte de Grianty nella stesura del progetto presentato, qui di seguito, a titolo di esempio, riporto lo stralcio di uno dei tanti capitoli) in cui si giunge persino (vedi la XII nota) alla definizione delle pietanze da erogare alla mensa del convitto (tenendo ovviamente un occhio ai costi).

Ndr. – Notare che questo stralcio fa parte del documento presentato al Vice Presidente della Repubblica Cisalpina Melzi d’Eril per l’approvazione, in data 5 settembre 1803.
Il collegio avrebbe aperto i battenti, esattamente 5 anni dopo!

Osservazioni sopra l’economico del Conservatorio e Musica


I. Avere un locale il più lontano che si può dai rumori e se fosse combinabile questo locale ex-religioso dove trovandosi già le camere divise e i luoghi di radunanza per gl’alunni poco costarebbe l’addattamento; dove vi fosse qualche spazio per ortaglia onde provedere di legumi, verdura, insalate etc. il Conservatorio; e giardino o cortile capace a lasciar passeggiare gl’alunni, separatamente però i maschi dalle femmine, nei giorni che non devono uscir di casa.

II. Provedere a tutte le spese primarie per la fondazione del luogo cioè: mobili, biancheria, letti guarniti, batterie di cucina, servizii di peltro, vetri, posate etc. più ogni sorte di strumenti, musica, carta, qualche libro, vestiario d’uniforme tanto per gl’alunni maschi che femmine ed altri oggetti necessarii.

III. Mantenimento per i 36 alunni di tavola, candele, foco etc.

IV. Stipendiare due capellani per la messa quotidiana, per insegnare la dottrina cristiana nei giorni festivi, a leggere ed a scrivere, pranzare con loro, ed assistere nella giornata alla camerata dei ragazzi ed accompagnarli quando sortono di casa.

V. Mantenere otto persone di servizio cioè: un ispettore per le scuole che abbia anche l’ispezione economica del Conservatorio; due uomini per servire la tavola, pulire la camerata dei ragazzi, pettinarli di minuto almeno due volte la settimana perché si mantenga la proprietà da cui in gran parte dipende anche la salute; una donna che invigili la condotta delle ragazze, loro insegni a cucire, ripassare la biancheria, pranzi con loro e le accompagni sortendo; altra donna che serva la tavola, pulisca la camerata delle figlie e le pettini di minuto come sopra; un uomo alla cucina per lavare pulire ed assistere al cuciniere e che potrà anche avere la cura della cantina; un cuciniere ed un portinaio che sappia anche far da sartore per accomodare gl’uniformi de ragazzi.

VI. Ricognizione annuale per un medico, chirurgo e capo chirurgo.

VII. Ricognizione per un cassiere e ragionato che dovranno venire al luogo pio, il primo tre volte alla settimana ed il secondo una volta il mese per fare il bilancio delle spese e presentarlo mensualmente al direttore.

VIII. Il mantenimento della cappella o chiesa.

IX. Vi sarà un direttore disciplinare ed economico. [articolo aggiunto in seguito (corretta la numerazione seguente)]

X. Ad economizzare un soggetto, il primo professore o sia maestro della composizione, oltre i suoi appuntamenti [sc. lo stipendio] avrà un decente quartiere nel Conservatorio (facendosi cucina però a sue spese) ed invigilerà al buon ordine del luogo. Egli avrà il titolo di Rettore, a lui si riferiranno occorrendone gl’inconvenienti; presiederà in capo alla condotta ed allo studio degl’alunni e farà i suoi rapporti al direttore quando facesse bisogno di qualche providenza sì per il Conservatorio quanto per gl’alunni, i professori maestri, gli ripetitori, insegnanti etc

XI. Le figlie dovranno in qualche ora del giorno ricevere la biancheria del Conservatorio, ripassarla ed accomodarla.

XII. Il mantenimento dei 36 alunni, dei due sacerdoti e delle otto persone di servizio sarà come siegue: il luogo pio darà una zuppa per collazione la mattina durante sette mesi d’inverno, cioè dal primo novembre a tutto maggio; dal primo giugno a tutto ottobre un pezzo di pane con qualche frutta; per pranzo una minestra, un piatto di carne a lesso di quattr’once [110 grammi ca.], ed un altro piatto o di legumi o di verdura o di farinacci a vicenda, aggiungendo nei giorni festivi e di solennità due fettuccie di salame o un qualche fritto di poco conto o altro equivalente; per cena una minestra od un’insalata e nei giorni di grasso una piattanza e nei giorni di magro qualche frutta; alla mattina un mezzo boccale di vino, ed alla sera una zaina [antica misura dei liquidi usata nel milanese corrispondente a circa 20 cc, ovvero un bicchiere]. Rapporto ai sacerdoti ed alle persone di servizio la tenue differenza del vitto di questi si vede dagl’allegati che s’inseriscono n. 1 e 2 e dove, in questo secondo allegato, si trova tutta la spesa per il vestiario di detti alunni sì maschi che femmine.

XIII. Finalmente le spese annuali per la manutenzione del locale che verrà destinato per questo Conservatorio.

Parto lungo e difficile, l’approvazione del progetto

A tanta solerzia nella presentazione del progetto, non ne seguì altrettanta, nella risposta da parte del Governo. Non si seppe più nulla! Fu forse cestinata, senza neppure essere esaminata? No! Più probabilmente, fu dimenticata in un cassetto! Certo è che non è ben chiara la motivazione per cui, nel giugno dell’anno successivo (1804), de Grianty uscì improvvisamente di scena, dimettendosi da tutti i suoi incarichi e dimostrando anche disinteresse totale nei confronti del progetto per il conservatorio presentato l’anno precedente, quasi la cosa non gli interessasse più: dicerie riferivano che si fosse offeso, perché aveva avuto sentore che il Ministero (che non mancava di tributargli frequentemente lodi e plausi per il suo operato), in realtà, gli stesse tramando alle spalle, cercando qualcun altro che lo sostituisse nel suo incarico di Direttore Generale dei Regi Teatri e degli Spettacoli.

Durante l’estate (1804), con Napoleone primo console a Parigi, il ministro dell’Interno Daniele Felici ripropose così com’era, il piano de Grianty, piano che, il 13 settembre 1804, venne effettivamente approvato. Mentre si attendeva la stesura del decreto ufficiale, qualcuno sollevò dei cavilli sul regolamento presentato, per cui tutto si bloccò un’altra volta, in attesa di verifiche su analoghi regolamenti sia presso il Conservatorio di Napoli che il Conservatoire di Parigi. Nel frattempo, un nuovo progetto (redatto da Luigi Lambertenghi) e presentato da Ferdinando Marescalchi, ministro a Parigi per le Relazioni estere della Repubblica Cisalpina Italiana, venne scartato, per la non immediata fattibilità che invece garantiva quello di de Grianty.

Il 26 maggio 1805, Napoleone si autoincoronava Re d’Italia.  Il Paese, con l’avvento di Bonaparte (visto inizialmente come liberatore avendo cacciato gli austriaci) e la conseguente proclamazione della Repubblica Cisalpina, sicuro della semplice influenza francese, si era cullato nel sogno della libertà riconquistata, dopo secoli di dominio straniero. Ora, viceversa, con la proclamazione del Regno (il 17 marzo 1805), era risprofondato nella delusione più cocente per essere nuovamente dominato, questa volta dall’Impero transalpino. il senso di sconforto causò una generale perdita di fiducia nel progetto per il Conservatorio, che venne naturalmente accantonato a tempo indeterminato.

Fu Pietro Moscati, il direttore generale della divisione istruzione pubblica del Regno d’Italia, a riproporlo l’anno successivo, il  6 novembre 1806: presentò il piano di de Grianty (sostanzialmente invariato come contenuti), ma formalmente trasformato in una ipotesi di decreto, diviso in 23 punti, omettendo furbescamente la reale paternità del progetto e anzi, presentandolo come fosse il proprio. Ma anche questa volta questo piano, rimase lettera morta. Lasciato passare un altro anno, lo ripresentò una quarta volta nel luglio 1807, e finalmente la proposta venne accolta, discussa ed accettata e il relativo decreto, pubblicato in via definitiva il 18 settembre 1807. Erano passati quattro anni esatti da quel 5 settembre 1803, quando de Grianty aveva presentato quel progetto, la prima volta. Anche Milano avrebbe avuto finalmente il suo Conservatorio!

La convinzione, da diversi evidenziata, che si vorrebbe far dipendere la nascita del Conservatorio di Milano da quello di Parigi, trova fondamento su tre elementi più appariscenti di altri: la vicinanza delle date di fondazione, la presenza in Italia, proprio in quel periodo, di un governo francese e infine il riconoscimento, complice la Rivoluzione, di un nuovo corso dell’insegnamento musicale in Europa.

Decreto di fondazione del Conservatorio

Come visto, risulta datato il 18 Settembre 1807, il decreto di fondazione del Conservatorio di Milano. La disposizione recava in calce la firma di Eugenio de Beauharnais, il ventiseienne figlio adottivo, che Napoleone – dopo essersi incoronato Re d’Italia, nel 1805 – aveva insignito del titolo di Viceré, decidendo governasse su Milano e sul resto della Lombardia, come suo sostituto, mentre lui era impegnato nelle varie campagne militari in Europa.

Il Viceré Eugenio de Beauharnais

Il locale detto della Passione, recitava, in uno dei suoi articoli, quell’ordinanza di fondazione dell’istituzione, “è destinato a Conservatorio, istituito col presente decreto. Questo locale sarà distribuito in modo che gli allievi dei due sessi, siano assolutamente separati tanto nell’alloggio, quanto per gli esercizi e le ricreazioni.”

In pratica, in quel decreto, si sanciva che l’ex-convento (attiguo alla chiesa di Santa Maria della Passione), requisito dai francesi già durante la campagna d’Italia nel 1796 – 1797 e convertito dal demanio in magazzino bellico (deposito di armi e salmerie), venisse trasformato in un Conservatorio di Musica. Pare comunque che la scelta della sede fosse ricaduta su quel posto, in quanto ritenuto adatto al contesto essendo “lontano dalle distrazioni e dallo strepitio della città”.

Ndr. – Il convento attiguo alla chiesa di Santa Maria della Passione, era stato per secoli. proprietà dei Canonici Lateranensi, che furono malamente sfrattati poi, nel dicembre del 1782, in pieno periodo di Avvento, dall’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, perché essendo il loro operato ritenuto ‘inutile’, quel luogo sarebbe stato utilizzabile in maniera più proficua come ospedale militare.

La struttura convertita in scuola-collegio sarebbe stata fruibile da ambo i sessi. Le ragazze, a differenza dei maschi, si sarebbero dedicate esclusivamente ai corsi di ballo e di canto rimanendo invece escluse da quelli di strumento (eccetto forse lo studio dell’arpa).

L’inaugurazione

Dopo nemmeno un anno di lavori di adeguamenti e ristrutturazione interna per il cambio di destinazione d’uso, il 3 settembre 1808, giorno dell’onomastico del Viceré, con una solenne cerimonia alla presenza anche del Ministro dell’Interno, Ludovico di Breme, il Real Conservatorio di Milano veniva ufficialmente inaugurato, aprendo i battenti alla scuola-convitto di musica per aspiranti musicisti. Pur essendo ubicato in una ex-struttura religiosa, nel solco della politica anticlericale napoleonica, il Conservatorio mantenne fin dall’inizio, un carattere laico, a differenza di quelli napoletani e di quello veneziano, di approccio tipicamente filoreligioso.

Il frontespizio dell’ingresso del Conservatorio di Milano

Per la lettura della seconda parte di quest’articolo, cliccare sul seguente link:
Le origini del Conservatorio di Milano (2a parte)

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