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Qual è la più antica guglia del Duomo di Milano?

Il Duomo di Milano, per molti, è un capolavoro di arte gotica noto per i suoi incredibili giochi di pizzi e merletti in marmo di Candoglia. Questa sontuosa cattedrale sembra tessuta nel bianco, con guglie eleganti che coronano la facciata e le terrazze, ciascuna decorata con statue di santi che vigilano sulla città. Tra queste, la Guglia Maggiore, sovrastata dalla “Madunina“, è la più famosa di tutte.

Eppure, non tutti sanno che queste guglie non sono solo un elemento estetico, ma nascono anche per stabilizzare la struttura complessiva, fornendo contrappesi essenziali per compensare la spinta laterale esercitata dalla cupola del tiburio e dalla sovrastante Guglia Maggiore.

La guglia Carelli G6; tra storia e leggenda

Tra le 135 guglie, una merita particolare attenzione: la “Guglia Carelli”, conosciuta anche come G6. Costruita a cavallo fra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento, è la prima guglia del Duomo, una sorta di pioniera tra le sue “sorelle” gotiche. La sua posizione è facilmente identificabile: guardando dal retro della Cattedrale, sul lato nord, alzando lo sguardo alla terrazza absidale del Duomo, all’inizio di Corso Vittorio Emanuele II.

La Guglia Carelli svetta per 17 metri e ospita, in cima, una statua di San Giorgio, riconoscibile perché tenendo con la sua sinistra una lunga asta con un vessillo, con la sua posa, sembra voler dominare la città.

La posizione delle 135 guglie – La guglia Carelli è la G6

L’attuale statua di San Giorgio è, in realtà, una copia realizzata negli anni Cinquanta del secolo scorso dallo scultore Mario Bassetti, per preservare l’originale di Giorgio Solari, eretta nel 1403 a diciassette anni dall’inizio dei lavori, quando, la copertura della sola zona absidale della nuova Cattedrale, era appena stata ultimata.

Il volto del Santo, narra la tradizione, porta i lineamenti di Gian Galeazzo Visconti, il potente signore di Milano e uno dei promotori della costruzione della Cattedrale. Gian Galeazzo, divenuto Duca nel 1395, non visse però abbastanza a lungo per vedere la guglia completata, morendo di peste nel 1402 all’età di cinquantun anni, appena un anno prima del completamento della guglia e della posa della statua alla sua sommità.

Marco Carelli: il ricco mercante senza scrupoli

Ma chi era Marco Carelli a cui la guglia è dedicata?

Marco Carelli, figura ambigua e controversa, fu un mercante e finanziere milanese nato attorno al 1320, noto per la sua abilità negli affari e per il suo spirito spregiudicato. Tra tenute e terreni nel contado, e case di proprietà sparse per Milano oltre a un mulino ed un impianto per la lavorazione della lana, Carelli aveva costruito un patrimonio fondiario di tutto rispetto. Commerciava in lane e spezie orientali a tinture e persino si dedicava al commercio di schiavi, un’attività quest’ultima, all’epoca, considerata una fonte di ricchezza accettabile, se non addirittura prestigiosa. Pur essendo sposato, manteneva un harem di giovani concubine. Quando si stancava delle ragazze, le liberava, dando loro anche una piccola dote perché potessero maritarsi con qualche giovane in città.

Nonostante i suoi metodi discutibili, Carelli era un uomo devoto e generoso verso la Chiesa. Fin dall’inizio della costruzione del Duomo, Carelli sostenne il progetto con donazioni cospicue e crediti. Quando morì a Venezia nel 1394, lasciò alla Veneranda Fabbrica del Duomo tutti i suoi averi – una fortuna stimata in 35.000 ducati d’oro, equivalenti a oltre 30 milioni di euro attuali, cifra assolutamente astronomica per quei tempi. Questa eredità, forse per redimere una vita dai risvolti oscuri, fece di lui il più grande benefattore nella storia della Cattedrale.

Alla sua morte, la moglie, Flora Liprandi, si trovò non solo totalmente esclusa dall’eredità, ma anche con la responsabilità delle giovani concubine che attendevano l’assegno promesso come buonuscita. Costretta ad implorare la Veneranda Fabbrica del Duomo, per un sostegno, le venne restituita unicamente la sua dote che era stata affidata al marito al momento del matrimonio.
In onore della generosità di Marco Carelli, la Veneranda Fabbrica fece traslare la sua salma a Milano per un funerale solenne, seppellendolo nella chiesa di San Babila e successivamente trasferendo le sue spoglie in un sarcofago all’interno del Duomo.

Il trattamento speciale riservato a Marco Carelli dalla Veneranda Fabbrica – dal trasporto della sua salma a Milano, alla messa e al funerale solenne tenutosi in San Babila – non fu solo un atto di riconoscenza, ma una strategia ben studiata. L’intento era infatti quello di attirare l’attenzione degli altri cittadini facoltosi e incentivarli a lasciare donazioni di pari importanza alla Fabbrica del Duomo, garantendo loro, alla morte, un trattamento simile. Per i deputati della Fabbrica, il prestigio conferito a Carelli rappresentava un esempio significativo e un richiamo per altri potenziali benefattori, rendendo il Duomo non solo un simbolo di fede, ma anche di memoria duratura per chi avesse contribuito alla sua realizzazione.

Sarcofago di Marco Carelli realizzato da Filippino degli Organi da Modena e Jacopino da Tradate
Lapide riferentesi al Carelli (sopra il sarcofago)

San Giorgio: il guerriero dei Visconti

In cima alla Guglia Carelli, San Giorgio pare osservare Milano dall’alto. Patrono della cavalleria e dei soldati, questo Santo era particolarmente venerato dai Visconti.

San Giorgio è raffigurato come un crociato: in piedi, con un portamento fiero, indossa una corazza, stivali e guanti, ed è ritratto mentre guarda avanti con vigile attenzione. Pronto con la destra a sguainare la spada, con la sinistra regge un’asta con un vessillo, simbolo della sua protezione su Milano.

Se oggi San Giorgio è il patrono d’Inghilterra, del Portogallo, della Lituania, di intere regioni spagnole, e di città italiane come Genova, Ferrara, Reggio Calabria e Campobasso, nel Trecento, era il Santo guerriero dei Visconti, il protettore dei cavalieri, armaioli, soldati, arcieri e sellai.
All’epoca, la decisione da parte della Veneranda Fabbrica di porre alla sommità della prima guglia del Duomo, la statua di questo Santo, voleva essere un chiaro omaggio al Duca Gian Galeazzo Visconti, essendo stato, proprio quest’ultimo, a volere la costruzione in marmo di questa Cattedrale.

Il culto di San Giorgio si diffuse rapidamente a partire dal V secolo. Narra la leggenda che il Santo, nato in Cappadocia e martirizzato sotto l’impero di Diocleziano, sconfisse un drago che terrorizzava la città di Silene, in Libia. Questo racconto epico lo vede protagonista mentre salva la figlia del re dalla furia del drago, domandolo e liberando la città.

Anche gli affreschi nella Cappella funebre dei Visconti a Sant’Eustorgio rappresentano il Santo nell’atto di domare il drago, mentre veglia sui sepolcri di Stefano Visconti e Valentina Doria, nonni di Gian Galeazzo Visconti, il primo Duca di Milano.

Cappella Viscontea di Sant’Eustorgio
San Giorgio doma il drago – lunetta Cappella Visconti a Sant’Eustorgio

San Giorgio e la leggenda del drago

San Giorgio, nato in Cappadocia (l’attuale Turchia) nel 275 d.C. e martirizzato sotto l’imperatore Diocleziano, è una figura diffusa nel cristianesimo. Il culto del santo si estese rapidamente dal V secolo: pellegrini diretti a Gerusalemme si fermavano alla basilica di Lydda, costruita sulla sua tomba, per pregare e venerare la sua memoria. Già nel VI secolo, chiese dedicate a lui apparvero in Europa, da Napoli a Ravenna, fino all’Inghilterra anglosassone. La sua festività si celebra il 23 aprile, data che tradizionalmente segna il suo martirio nel 303 d.C.

San Giorgio che doma il drago

Nell’iconografia occidentale, San Giorgio appare comunemente raffigurato nell’atto di brandire una spada (o di usare una sottile lancia) per domare un ferocissimo drago che, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, infestava le acque di un lago terrorizzando la popolazione della città di Silene, in Libia.
Per placarlo, gli abitanti erano arrivati al punto di immolargli quotidianamente una vittima scelta a sorte tra i giovani del luogo. Un giorno la sorte cadde sulla figlia del re. Poiché nessuno degli abitanti poteva esimersi dall’ottemperare a questo sacrificio, neanche il sovrano avrebbe potuto sottrarre la propria figlia da quel destino nefasto. Quando vittima e parenti in lacrime, si recarono sulle rive del lago, prima che la giovane fosse sacrificata, un cavaliere coraggioso, San Giorgio, apparve per affrontare la bestia e, con la sua spada, riuscì a domarla, ammansendola al punto da lasciarsi catturare dagli abitanti del luogo. Proclamata al popolo la sconfitta del mostro feroce nel nome di Cristo, San Giorgio, riuscì a convincere il re e il suo popolo alla conversione al cristianesimo, mediante il battesimo.

Naturalmente, la leggenda differisce dalla realtà storica. Nel IV secolo, il rifiuto di fare sacrifici agli dei equivaleva ad autodenunciarsi “cristiano” e quindi autocondannarsi a morte.. San Giorgio, infatti, affrontò con forza e serenità le atroci torture prima di essere decapitato, facendo di lui il simbolo del martirio cristiano non solo in Occidente, ma anche nella chiesa d’Oriente che lo venera come grande martire,.

Le conseguenze dell’ultima guerra

La statua originale di San Giorgio. al Museo del Duomo

Durante i bombardamenti su Milano dell’agosto 1943, anche il Duomo fu gravemente colpito. Con riferimento alla guglia “Carelli“, la statua di San Giorgio, che, dal 1403, stava in cima a quel pinnacolo, cadde rovinosamente dalla sua sommità, sulla terrazza sottostante, rimanendo seriamente danneggiata. Nell’impatto, finirono infatti in mille pezzi entrambe le gambe e la spada alla sua destra, mentre parte della testa venne addirittura tranciata via di netto.
Dopo un radicale e lungo intervento di restauro, effettuato facendo la saldatura del capo e la totale ricostruzione delle parti andate irrimediabilmente distrutte, si decise, per preservarla, di trasferire l’antica statua al Museo del Duomo, facendone fare una copia, da riposizionare in cima alla “Guglia Carelli“.

Così oggi, l’opera originale (del 1403), alta oltre 2 metri, e realizzata interamente in marmo di Candoglia, si trova esposta all’ammirazione dei visitatori, nella Sala delle Origini, al Museo del Duomo.

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