San Tomaso in Terramara
Sommario
ToggleLa storia parla originariamente di questa chiesa (X sec.), come di una cappella gentilizia privata della famiglia dei Sigerii (San Tommaso in Cruce de Sigeriis). Presso questa cappella, si dice, abbiano trovato, successivamente, rifugio sia il clero che i fedeli fuggiti dalle campagne, in seguito alle invasioni ungariche o saracene del XI secolo.
Davvero strano il nome dato a questo luogo … Terramara! L’appellativo di terra amara o di terra mala starebbe quindi ad indicare o il ricordo della località di origine degli sfollati (Terramara) o probabilmente il loro triste passato. Più di una fonte, comunque, riporta che l’area dietro il Cordusio, fosse adibita all’esecuzione delle condanne a morte dei criminali. Da qui, anche il nome dato a questa chiesa nei secoli successivi (San Tomaso in Cruce Sichariorum), con l’ulteriore interpretazione di Terramara come Terra Mala (terra cattiva), data la sua vicinanza al luogo delle esecuzioni capitali. Comunque non esiste una spiegazione certa di questo nome. Il conte Giorgio Giulini, storiografo milanese del XVIII secolo (che, combinazione, nel 1780, venne sepolto proprio in questa chiesa), scriveva in proposito:
«Vediamo altresì che si trova dentro la città un sito chiamato Terra mala, da cui ha preso la denominazione la chiesa di san Tomaso soprannominata in terra mala, ora corrottamente in terra mara. Si può stabilire sicuramente che il sito della città , chiamato fin dal secolo XI Terra mala, abbia dato il soprannome alla chiesa di san Tomaso; per qual ragione poi quel sito cosa venisse addomandato, io non so dirlo, perchè i motivi che volgarmente se ne adducono, non sono appoggiati ad alcun sodo fondamento»
Fra le tante chiese del centro di Milano, questa di via Broletto, proprio a due passi da Piazza Cordusio, passa facilmente inosservata. Nonostante la presenza del pronao imponente in stile neoclassico, la chiesa si mimetizza perfettamente nell’ambiente circostante, al punto che da lontano, difficilmente si nota. In effetti, non è una delle chiese indicate nei percorsi dei normali circuiti turistici poiché, rispetto ad altre, indubbiamente molto più ricche d’arte, questa risulta essere abbastanza anonima, almeno in apparenza.
La costruzione originaria, come detto, risalirebbe alla fine del X sec. ed appare nell’elenco delle parrocchie del sestiere di Porta Comasina. Purtroppo non c’è più traccia di quella chiesa. Allora, aveva un orientamento opposto rispetto all’attuale. Dove oggi c’è l’abside, allora c’era l’ingresso principale e viceversa. Lì, davanti al vecchio ingresso, c’era una strada che usciva dalla città, verso nord in direzione Como … la porta Comacina medioevale infatti, non era distante da quel punto, max 300 m (all’all’incrocio fra via Mercato e via Pontaccio / via Tivoli).
La chiesa che vediamo oggi, fu ristrutturata (o forse più propriamente, ricostruita) nel 1576 da G. Meda, per ordine di Carlo Borromeo. E’ un misto di architettura cinquecentesca e neoclassica.
La facciata, completata nel 1827, su progetto di Gerolamo Arganini, è costituita da un portico a sei colonne ioniche che reggono un frontone triangolare, che, in parte, nasconde una finestra semicircolare. Internamente, la chiesa si presenta a navata unica con cappelle laterali: termina in un’abside semicircolare, con un altare neoclassico del 1779 progettato da Giuseppe Zanoia.
Più che per le architetture, questa chiesa è nota a fedeli sia per le devozioni che per una lugubre leggenda.
E’ una chiesa cattolica, frequentata prevalentemente dalla comunità filippina della città. E’ stata una parrocchia della Diocesi di Milano dal XV sec. fino al 1955, anno in cui è stata declassata, sotto l’allora Arcivescovo Montini, ad una Rettoria della vicina parrocchia di Santa Maria del Carmine e Cappellania della comunità dei fedeli filippini milanesi.
Rettoria è definita una chiesa che, pur trovandosi in un territorio parrocchiale, non svolge funzioni di parrocchia e dipende dalla chiesa parrocchiale del luogo, per quanto riguarda le questioni canoniche e le direttive pastorali.
Cappellania è invece un Ente ecclesiastico costituito in seguito a donazione o lascito da parte di un fedele, le cui rendite sono destinate al culto
Dal punto di vista architettonico, non ha nulla di particolare: esteriormente in stile neoclassico, perfettamente incastonata nel grigiore calcareo delle costruzioni di quella via piuttosto stretta percorsa dai tram.
Questa chiesa ha comunque un paio di caratteristiche che mi sembra interessante evidenziare, e che, sotto un certo punto di vista, la rendono unica.
Pala d’altare
in una cappella a sinistra entrando, una pregevole pala d’altare del 1610, attribuita a Giulio Cesare Procaccini raffigurante la Gloria di San Carlo Borromeo assunto in cielo.
L’impronta
L’impronta del piede di Gesù Cristo (vestigium pedis), è scolpita su una lapide in marmo. E’ visibile a muro, in basso, alla sinistra dell’altare della cappella dell’Immacolata: Federico Borromeo, nipote di Carlo, la collocò in quel posto nel 1597. Nonostante le ricerche in proposito, non sono, al momento, riuscito a trovare una motivazione plausibile che giustifichi il perchè sia stata posta in questa chiesa.
L’impronta si rifà ad un’antica tradizione (vestigium pedis), oggi per lo più sconosciuta, quasi ad indicare la traccia di un passaggio ….
E’ una sorta di simbolismo … impronte, riferite a diversi episodi della vita di Cristo o dei Profeti oppure dei Santi.
In Italia, a parte questa, ce n’è solo un altra, a Roma, presso la chiesetta di Santa Maria in Palmis (Quo Vadis), sull’Appia antica. (La tradizione narra che san Pietro, fuggendo dalla persecuzione di Nerone, abbia avuto in quel punto la visione di Cristo il quale gli abbia chiesto Quo Vadis? Domanda questa, che san Pietro interpretò come invito a tornare indietro, per farsi martirizzare)
Altrove, in giro per il mondo, si possono trovare altre impronte simili, celebre ad esempio è quella di Gerusalemme, l’edicola dell’Ascensione. (Quella pietra è motivo di speciale adorazione da parte dei cristiani poiché rappresenterebbe l’ultimo punto sulla terra nel quale pose piede il Verbo incarnato, prima di ascendere al cielo).
l’Immacolata incoronata
La seconda scultura interessante è la statua della Vergine. Questa statua con tutta la teca lignea che la conteneva, fu portata in questa chiesa, con una solenne processione, il 15 dicembre 1887, dalla vicinissima chiesetta di San Nazaro in Pietrasanta. Per qualche anno, venne collocata sull’altar maggiore, mentre, dall’inizio del 1900, fu sistemata in via definitiva nella prima cappella a destra, entrando in chiesa.
La chiesetta di San Nazaro in Pietrasanta (300 mq in tutto), si trovava all’angolo fra l’attuale via Dante e via Meravigli, dove oggi sorge la casa Broggi. Questa chiesa antichissima, fu rifatta più volte nel corso del secoli. Nonostante fosse stata ristrutturata di recente, venne ugualmente demolita perchè il nuovo piano regolatore Beruto (1884), prevedeva la realizzazione della via Dante, come strada di collegamento diretto fra il Duomo ed il Castello. In quell’occasione venne sventrato l’intero quartiere intorno all’area del Cordusio.
La corona che si vede in capo alla Vergine, le fu posata, da San Carlo Borromeo in persona.
Altra particolarità, questa statua è stata recentemente violata. Se confrontiamo fra loro le due immagini qui sotto, non è difficile scoprire cosa manca all’immagine di destra. A sinistra si vede il Bambino Gesù con le braccine tese ai piedi della Madonna che lo guarda amorevolmente, immagine sparita a destra, grazie al furto sacrilego (probabilmente su commissione), operato da qualcuno che, evidentemente, aveva bisogno di soldi.
Sia l’impronta del piede di Cristo, che la statua della Madonna, sono motivo di particolare adorazione da parte dei fedeli.
Il pavimento
Molto particolare il motivo bucolico del mosaico a pavimento lungo la corsia centrale della navata
motivo floreale a pavimento altri disegni a pavimnento disegno a pavimento
La leggenda
L’altro motivo per cui è nota questa chiesa, è una truce leggenda che coinvolge la figura del Duca di Milano, Giovanni Maria Visconti (figlio di Gian Galeazzo Visconti). Siamo nei primi anni del 1400 …
Si narra infatti, che il signore di Milano, al ritorno da una battuta di caccia, passando a cavallo fra le misere case, a ridosso della porta Comasina. sentì pianti angoscianti provenire dalla finestra di un casolare. Incuriosito, messere arrestò il suo cavallo e mandò un servo al suo seguito, a verificare il perchè di tanta mestizia.
Al suo ritorno, il servo riferì di una donna distrutta dal dolore a causa della morte, proprio quel mattino, del figlioletto di dieci anni deceduto probabilmente della stessa malattia che aveva ucciso il padre, un mese prima. A parte il dolore per la morte, anche per il fatto di non avere denaro sufficiente per dare al bimbo degna sepoltura poiché il prete della chiesa di san Tomaso (la parrocchia da cui dipendeva) , si rifiutava di celebrare il funerale senza compenso adeguato. Udito il racconto, Giovanni Maria, essendo lì di strada, si presentò personalmente al parroco , ingiungendogli di provvedere a fare il funerale l’indomani mattina, sventolandoglì davanti al naso una borsa colma e monete.
Giovanni Maria , l’indomani mattina, si presentò in chiesa con i suoi armigeri, per presenziare al funerale del piccolo, travestito da mendicante, assieme ai suoi soldati, per non farsi riconoscere dal parroco.
Dopo l’ultima solenne benedizione i becchini calarono il corpo del giovinetto nella fossa scavata di fresco. A questo punto Giovanni Maria decise di svelare la sua identità. Si avvicinò al prete, gli sfilò dalla tasca la borsa con i soldi che il giorno prima gli aveva affidato e la dette al suo servo perché la consegnasse alla madre del ragazzo. Quindi tornò ad occuparsi del prete. Uno sguardo ai suoi soldati ed il sacerdote, per il suo precedente rifiuto di effettuare le esequie senza compenso, si trovò scaraventato nella fossa assieme al cadavere e sepolto vivo ……
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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