Santa Maria Segreta
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Premessa
Ricordo ancora oggi (parlo di qualche annetto fa), le prime volte che, arrivato a Milano dalla provincia, giravo per la città, quanto mi avessero colpito e fatto un certo effetto, i nomi particolari e direi pure ‘strani’, attribuiti a certe chiese, e conseguentemente a certe vie del centro che, da loro, prendono il nome.
Facendo riferimento ad alcune chiese dedicate a Maria, vengono loro, a volte, accostati dei nomi o degli attributi molto strani o, quanto meno, originali, ad esempio : Santa Maria Fulcorina, Santa Maria Podone, Santa Maria Segreta, per citarne solo alcuni. Cosa vuol dire Fulcorina? Che significa Podone? Perché poi Segreta? Ricordo che stupito, mi facevo simili domande, ogni volta che mi accadeva di posare lo sguardo sulle targhe di qualcuna di quelle vie. In realtà, a quanto pare, per nessuna di loro ci sono certezze assolute.
Santa Maria Fulcorina
La chiesa di Santa Maria Fulcorina, oggi non più esistente, si trovava in una piazzetta che corrisponderebbe all’attuale passaggio per andare in Piazza Affari. Parzialmente demolita nel 1809, è stata totalmente distrutta quando, negli anni ’30, è stata realizzata la Borsa e la piazza relativa. La chiamavano anche Santa Maria Falcorina o ancora Santa Maria Folcolina, tempio che parrebbe risalire all’anno 810. Sembra sia stata fondato dal conte Fulco o Falcuino oppure Folco, da cui deriverebbero le varie versioni del nome attribuito a quel luogo di culto.
Nulla è certo comunque: persino i documenti ufficiali relativi a questo tempio, pare discordino addirittura sulla sua data di fondazione, riportando la stessa, chi all’anno 810, e chi, quasi due secoli dopo, al 1007!
Paolo Morigia (1525 – 1606), storico gesuita milanese, scriveva nel 1595, che il nome di Santa Maria Fulcolina, deriverebbe da quello del nobile milanese Fulco; secondo invece Carlo Torre, altro storico che si preoccupò di documentare questo tempio, il generoso benefattore che lo fece costruire, sarebbe stato il conte Folco, un nobile cavaliere francese.
Come si vede da quanto detto, queste notizie, non essendo concordanti, non sono certe, e pertanto vanno prese per quello che possono valere.
Santa Maria Podone
Questa è l’attuale antica chiesa (oggi di culto greco ortodosso), presente in piazza Borromeo, esattamente di fronte all’ingresso dell’omonimo palazzo.
Per il nome attribuito alla chiesa di Santa Maria Podone, si può dire altrettanto. La chiamavano anche Santa Maria Pedone. Ce lo conferma sempre il Morigia, secondo cui, in quel medesimo periodo, un altro nobile milanese, tale Pedone, avendo probabilmente da farsi perdonare qualcosa, avrebbe fatto edificare la chiesa, con questo nome.
Comunque sia, indipendentemente da chi siano stati fondati questi templi (Fulcorina e Podone), pare appurato da entrambi gli storici, che, consuetudine a quei tempi, fosse quella di denominare le chiese, accostando al nome di Maria, quello del casato d’appartenenza degli aristocratici che le avevano fatte costruire a loro spese.
Santa Maria Segreta
Diversa e più intrigante, appare invece la denominazione di questa chiesa.
Sempre secondo il Morigia, una serva, di nome Secreta, avrebbe fatto erigere nelle vicinanze, la chiesa di Santa Maria Secreta. Cosa questa che appare poco credibile, non essendo realisticamente possibile che un’inserviente, pur ammettendo facesse, d’abitudine, il mestiere più antico del mondo, potesse riuscire ad avere tanti soldi da poter fare edificare una chiesa, a remissione dei propri peccati.
Altrettanto poco credibile appare la versione di qualche altro storico secondo cui, a far costruire questo tempio, nell’anno 836, sarebbe stata una nobildonna, che avrebbe richiesto di mantenere rigorosamente l’anonimato (da qui, la giustificazione del termine ‘segreta‘). Perché poi una benefattrice dovrebbe vietare venga ricordato il suo nome? Si tratta naturalmente di ipotesi, senza il minimo riscontro.
Molto più accettabile, pare invece un’altra tesi: quella della chiesa, sorta sulle rovine di un antico tempio pagano di epoca romana. Per la precisione, si tratterebbe di un sacello (in latino, secretum) dedicato a Demetra. .
Ndr.- Sacèllo [dal latino sacellum, diminutivo di sacrum «recinto sacro» (neutro sostantivato dell’agg. sacer «sacro»)], nell’antica Roma, era un piccolo recinto rotondo o quadrangolare a cielo aperto, con un altare consacrato ad una divinità. [ rif. Treccani ]
Il culto per questa dea greca Demetra, oppure per Cerere (suo corrispettivo nome romano), era molto importante per la società romana, visto che Demetra (o Cerere) era una divinità ‘Madre Terra’, dea della fertilità, nume tutelare dei raccolti, ma anche dea della nascita, poiché tutti i fiori, la frutta e gli esseri viventi, erano ritenuti doni di tale divinità.
Fu Sant’Ambrogio, negli anni del suo episcopato, ad ordinare la demolizione dei templi pagani e la costruzione di chiese e basiliche cristiane: alcune di queste, sorsero sullo stesso luogo dove, in precedenza, erano stati eretti templi pagani, mentre in alcuni casi furono i templi pagani stessi, ad essere convertiti in luoghi di culto cristiano.
La vecchia chiesa
L’antica chiesa di Santa Maria Segreta, che sorgeva nei pressi del Cordusio, venne costruita una prima volta nell’anno 836, e poi totalmente ricostruita nello stesso sito, nel XVIII secolo, su disegno dell’architetto Giulio Galliori (1715 – 1795), in stile barocco.
Ndr. – Pensando che questa chiesa, a fine Quattrocento, si trovava ai margini del giardino di caccia del Castello Sforzesco, pare davvero incredibile come, da allora, si sia sviluppata la città.
Riuscire a trovare questa chiesa, oggi in via Santa Maria Segreta, è impossibile, perché non c’è alcun tempio in quella strada! C’era effettivamente ancora fino all’inizio del secolo scorso, una parrocchia, con questo nome, ma poi si è spostata, cioè ha traslocato! Intendiamoci meglio sui termini: per ‘parrocchia’ intendo non solo la comunità di persone, ma anche, l’edificio-chiesa. Si è trattato di un ‘trasloco’ nell’autentico senso della parola. E’ un caso davvero ‘unico’ di trasferimento ‘fisico’ di una chiesa, da lì dov’era, ad altra zona della città (in Piazza Tommaseo per la precisione) a poco più di 1,5 km dal luogo originario!. La vecchia parrocchia di Santa Maria Segreta è stata definitivamente soppressa con decreto del 3 giugno 1910 dell’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari. Pertanto, a partire dal giugno del 1911, la chiesa barocca è stata letteralmente “smontata” pezzo per pezzo (ove possibile), e demolita per la parte restante, per lasciare il posto all’ampliamento del palazzo delle Regie Poste, divenuto insufficiente per le esigenze di una città, che, in quel periodo (ai tempi della prima industrializzazione), era in forte espansione demografica.
Il progetto urbanistico
Completata la sistemazione di Piazza del Duomo, della Galleria Vittorio Emanuele II, della Piazza della Scala e di via Mercanti, nel trentennio fra il 1880 ed il 1911, il successivo intervento di ‘maquillage’, coinvolse la zona Cordusio-Castello.
Nel progetto dell’Amministrazione Comunale, avendo deciso di operare una pesante ristrutturazione di tutta quella zona (la creazione dell’ellisse in piazza Cordusio, l’apertura di via Dante e così via.), era previsto lo smantellamento delle vecchie case di quella fascia e la costruzione al loro posto, di nuovi, imponenti palazzi (quello della Borsa anzitutto – Palazzo Broggi – in Piazza Cordusio). Questo avrebbe comportato la necessità di liberare quella zona, facendo ‘migrare’ le famiglie di nobili e borghesi che, prevalentemente, abitavano in zona Cordusio e limitrofe, spostandole naturalmente altrove, in altra zona parimenti appetibile. Cosa questa estremamente complessa, da far ‘digerire’ anche psicologicamente, a quanti avrebbero dovuto necessariamente trasferirsi. Questo,perché, non essendoci più spazio in città, si era dovuto optare per una zona libera ancora scarsamente abitata, appartenuta fino a pochi anni prima al Comune di Corpi Santi che, dal 1873 appena stato inglobato nella città. Era in effetti abbastanza vicina al centro, a ridosso dei Bastioni (le cinquecentesche mura spagnole che, giusto in quegli anni, a cominciare proprio dalle parti di Porta Magenta, avevano iniziato a smantellare).
Per invogliare la gente a trasferirvisi, non restava che presentare il progetto di un nuovo quartiere abitativo signorile, visto come un allargamento del centro, e quindi studiato di conseguenza, con servizi annessi (l’Istituto scolastico delle Marcelline, ad esempio), eleganti edifici, ampi spazi e lussuose ville con giardino, costruiti in stile liberty, seguendo i dettami della moda architettonica di quegli anni. Essendo a due passi a Porta Magenta, (ex-Porta Vercellina) lo avrebbero chiamato quartiere Magenta. Per invogliare alla migrazione le numerose famiglie di imprenditori borghesi, che abitavano in piazza Cordusio e strade limitrofe, il trasferimento in quel quartiere, avrebbe consentito ai titolari delle imprese, di raggiungere più agevolmente e velocemente le sedi dei loro stabilimenti, sorti proprio in quegli anni, nella cintura attorno alla città.
La borghesia, la professionalità e la fabbrica: il quartiere nacque dunque come espressione, anche urbanistica, di una fase innovativa della storia della città.
La nuova chiesa
Il nuovo quartiere abitativo stava per sorgere di fianco al Parco Sempione (lato sud-ovest), all’altezza della attuale Triennale e della Torre Branca, al di là della ferrovia [ndr. – A due passi da lì, c’è oggi la stazione Cadorna delle FNM (Ferrovie Nord Milano)].
Una volta “disegnato” il nuovo quartiere, secondo una concezione urbanistica elegante ed ariosa, ci si rese conto della mancanza di un luogo di culto in zona: le famiglie che dovevano trasferirsi dal Cordusio, non si persero d’animo.: al motto di “La nostra chiesa viene con noi”, decisero, di far traslocare da via Santa Maria Segreta, pure la loro chiesa parrocchiale, accollandosi in gran parte, l’onere finanziario per la ricostruzione dell’opera, nel nuovo quartiere Magenta.
Su un terreno adiacente alla nuova piazza Tommaseo, ceduto dal Comune alla parrocchia, iniziarono a partire dal 1910, gli studi per la costruzione di un nuovo tempio, ad ‘immagine e somiglianza’ del precedente. Il progetto fu messo a punto dall’architetto Augusto Brusconi, (professore di architettura presso il Politecnico di Milano e soprintendente ai monumenti per le province lombarde).
Perfezionati gli adempimenti burocratici per ottenere le debite autorizzazioni ecclesiastiche e governative al trasferimento della Parrocchia nel rione di nuova edificazione, la prima pietra fu posata e benedetta dal Cardinal Ferrari, nel maggio 1911 , anche se la costruzione effettiva della nuova chiesa, iniziò realmente nel 1912. Pur non essendo terminata del tutto, venne aperta al culto, già nel 1918.
Ispirandosi alla chiesa demolita, Augusto Brusconi più che copiare fedelmente l’esterno, prestò particolare cura nel riprodurre, specialmente all’interno, il volto familiare della chiesa demolita: quindi, mantenne l’ambiente ad una sola navata, come lo era nella precedente, e poi i medesimi marmi, gli altari, gli arredi antichi, prelevati dal vecchio sito e riutilizzati per ricreare nel nuovo edificio, l’atmosfera dell’antica chiesa.
L’antica parrocchiale di via Santa Maria Segreta, fu definitivamente abbandonata il 6 giugno 1910 e, come già detto, la sua demolizione effettiva iniziò l’anno successivo. In attesa del completamento della nuova chiesa in Piazza Tommaseo, venne creata lì vicino, una chiesetta provvisoria, i lavori per la costruzione della quale, iniziarono nel luglio del 1910 e si completarono nell’arco di alcuni mesi. La chiesa provvisoria venne chiusa al culto il 28 giugno 1918, ma per almeno altri sei mesi, venne ancora utilizzata come deposito militare, prima della sua demolizione definitiva.
L’architetto, pur mantenendo le antiche forme barocche, volle dare alla facciata, un’impronta decisamente più monumentale, rispetto a quella della precedente. Quasi certamente, prese a modello, l’imponente facciata della chiesa di Sant’Alessandro, nella omonima piazzetta.
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Nel 1924, sul lato destro della chiesa, in corrispondenza dell’ingresso laterale su via Ludovico Ariosto, venne anche ricostruita, ad opera dell’architetto Paolo Mezzanotte, la bella ed armonica facciata della chiesa di San Giovanni Decollato alle Case Rotte, demolita nel 1906, per fare spazio alla costruzione del nuovo edificio della Banca Commerciale Italiana di Piazza della Scala. Con quest’ultima opera, nonostante non poche controversie e rilevanti difficoltà economiche connesse anche con la guerra, dopo varie peripezie, la costruzione della chiesa poté dirsi finalmente completata: era il 18 ottobre 1924. La chiesa fu consacrata nel maggio del 1935 dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster.
Rimanevano ancora da fare degli affreschi sulle volte soprattutto in zona tiburio ma, per questo, bisognerà lasciar finire la seconda guerra mondiale e per portare a compimento l’opera, attendere la fine degli anni ’50.
presente sull’altare maggiore
Opere d’arte
E’ indubbiamente importante, il patrimonio di opere confluito il secolo scorso, nell’attuale chiesa di Santa Maria Segreta. Esso proveniva dalle varie chiese via via soppresse in quel periodo in zona Cordusio: la chiesa di San Vittore al Teatro, situata nell’antica contrada omonima, tempio demolito nel 1911 (provengono da lì, gli angeli-musici del Luini presenti nelle lunette dell’attuale cappella-battistero); la chiesa di San Michele al Gallo in Piazza Mercanti; la chiesa San Nazaro in Pietrasanta, all’angolo fra Piazza Cordusio e via Meravigli; oltre ovviamente a tutte le opere presenti nella vecchia parrocchiale di Santa Maria Segreta.
La chiesa conserva davvero un ‘segreto’ prezioso, decisamente particolare, per non dire davvero unico nel panorama artistico ambrosiano. Si tratta di un bellissimo retablo (pala d’altare) del XV secolo: è l’Incoronazione della Vergine, dipinto a tempera e olio su tavola (circa 200 x 170 cm), di scuola napoletano-aragonese con influssi fiamminghi, conservato oggi in una saletta climatizzata nella bellissima Sacrestia di questa parrocchia.
IL RETABLO DELL’INCORONAZIONE DELLA VERGINE
Raffigura l’Incoronazione della Vergine come Regina del paradiso, operata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo (sotto forma di colomba sopra il suo capo), alla presenza di san Giovanni Battista, san Girolamo e vari angeli del paradiso. E’ una pala dalla grande ricchezza simbolica: il pittore, tramite l’abito, che la Vergine indossa (stesso abito del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo), intende descriverla come Sposa, Madre, e Figlia della Trinità: Sposa dello Spirito Santo, Madre del Figlio di Dio, e Figlia del Padre celeste.
L’opera è attribuita al pittore Pietro Befulco, detto ‘Pietro Buono’, artista salernitano operante a Napoli, tra il 1471 e il 1506, alla corte di re Ferdinando I (Ferrante), e poi di suo figlio, Alfonso II d’Aragona. In quel periodo i Re aragonesi a Napoli, al pari di quanto fece Ludovico il Moro a Milano, si erano attorniati dei maggiori architetti e pittori dell’epoca per riqualificare artisticamente la città. La data dell’opera è certa avendo addirittura trovato l’atto notarile datato 5 ottobre 1492, in cui l’artista Pietro Buono si impegnava con il committente (il priore , lo spagnolo fra’ Martino de Frexinal, dell’ordine degli Eremitani) della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, a realizzare, per 50 ducati d’argento, il retablo dell’Incoronazione della Vergine, sormontato da altri due pannelli più piccoli, il primo raffiguranti la flagellazione di Cristo alla colonna (oggi visibile a Napoli al Museo e Real Bosco di Capodimonte), e il secondo, una lunetta andata purtroppo perduta, con la Crocifissione.
Quando sia arrivata qui a Milano, e quale sia poi stata la circostanza storica per cui questa rarissima pala d’altare napoletana di fine Quattrocento, sia finita a Santa Maria Segreta al Cordusio, rimane un mistero fitto, ancora oggi irrisolto. Nel tentativo di trovare una soluzione a tutto ciò, vi è chi ipotizza che Befulco, per un certo periodo sia venuto qui a Milano alla Corte di Ludovico il Moro. Non è naturalmente da escludere a priori questa eventualità, tuttavia, finché non si trovano elementi di riscontro effettivi, sono tutte belle parole che lasciano il tempo che trovano. E’ un caso naturalmente, ma se questa parrocchia si chiama Santa Maria Segreta, e pure cela questo mistero, mai denominazione simile, risulta più azzeccata!
Sempre nel tentativo di capire come mai questa pala d’altare sia finita a Milano, quanto segue, serve unicamente (a chi non ne conosce la storia), ad avere un’idea del tenore dei rapporti fra Ducato e il regno di Napoli, in quel periodo piuttosto turbolento, della storia di Milano.
PILLOLE DI STORIA – TORBIDI INTRIGHI A GIUSTIFICAZIONE DEL LEGAME FRA MILANO E NAPOLI.
Nel gioco di apparentamenti, al solo scopo di creare nuove alleanze, Ferdinando I (Ferrante), re di Napoli, aveva concordato, nel 1465, con Francesco Sforza, allora duca di Milano, il matrimonio fra il proprio figlio Alfonso II (1448-1495), allora duca di Calabria, con Ippolita Maria Sforza, figlia che Francesco, aveva avuto dalla sua terza moglie, Bianca Maria Visconti. Esisteva quindi all’epoca, una tacita alleanza fra Napoli e Milano.
Morto Francesco Sforza nel 1466, era diventato duca di diritto, il figlio primogenito Galeazzo Maria, che dieci anni dopo il suo insediamento, venne brutalmente assassinato in un agguato. Suo figlio, Gian Galeazzo Maria Sforza divenne duca al suo posto, ma, essendo ancora troppo giovane, la reggenza venne presa ad interim dalla madre del piccolo, Bona di Savoia.
Più tardi, nel 1479, il quinto figlio di Francesco, Ludovico Sforza (1452-1508), allora duca di Bari, riuscì a persuadere Ferrante d’Aragona, che covava torbidi sogni di conquista del ducato di Milano, a dargli una mano per ottenere il controllo della città, ai danni della reggente cognata Bona di Savoia, in cambio di un matrimonio spregiudicato (fra primi cugini), tra suo nipote Gian Galeazzo Maria e la nipote di Ferrante, Isabella d’Aragona (figlia di Alfonso II e di Ippolita Maria Sforza): episodio interessante, quanto poco noto. L’invasione dell’Italia da parte di Carlo VIII, scatenata dalla politica spregiudicata di Ludovico il Moro, mise fine ai sogni di gloria di Alfonso II d’Aragona, nel 1495.
Fra le altre opere, sono sicuramente degne di nota, un busto marmoreo di Madonna con Bambino di scuola campionese (fine XIV secolo), i pulpiti lignei disegnati da Luigi Canonica, la splendida sagrestia con arredo in legno e lampadario di Murano settecenteschi. E poi l’icona bizantina, che appartenne a San Carlo Borromeo (vedi foto sopra). donata alla chiesa dal Cardinale Ildefonso Schuster, in occasione della sua consacrazione. Infine è da rilevare l’apporto variegato alla decorazione interna degli artisti “da chiesa” dei primi decenni del Novecento: del valtellinese Eliseo Fumagalli, del milanese Aristide Albertella, del piemontese Luigi Morgari, del bergamasco Vanni Rossi della Scuola Beato Angelico, del piemontese Franco Vasconi e del messinese Antonio Filocamo. Tutti questi interventi documentano significativamente la ramificazione del gusto artistico-iconografico della lunga stagione che precede le svolte del Concilio Vaticano II (1959) o immediatamente le segue.
In primo piano, il ‘badalone’, grande leggio di legno austero e massiccio, che si pone al centro del coro.
Questo ‘badalone‘, in particolare, ha un leggio girevole e un mobiletto alla base, dove vengono custoditi i tomi.
Una ‘chicca’
Entrando in chiesa, nell’ultima cappella a destra, è possibile vedere un altare con una statua molto antica, davvero unica: quella dell’Angelo Custode, con tanto di ali e parrucca!
Non solo oggi, ma anche ai tempi di Ariberto di Intimiano, capitava che il tempo, spesso, facesse le bizze: il perdurare troppo a lungo di tempo bello, portava alla siccità, in caso contrario, alle inondazioni: in entrambi i casi, comunque, chi ne soffriva particolarmente, erano le coltivazioni ed i raccolti.
Era naturale quindi, che il popolo spesso invocasse l’Angelo custode, con novene e processioni, affinché facesse piovere o tornare il sereno, a seconda dei casi. Ed ecco quindi il perché di un altare dedicato a lui. Non è ben chiaro: forse gli angeli inizialmente erano due (uno per invocare il sole, l’altro per la pioggia).
La cosa era comunque folcloristica, nel senso che su richiesta del podestà, il curato provvedeva a far rivestire la statua dell’ Angelo Custode, con abiti diversi, spesso sgargianti ,a seconda si volesse invocare la pioggia o il sole. La sua parrucca poi veniva accuratamente pettinata facendo arrivare in chiesa, dalla bottega del Cordusio, un parrucchiere, pagato dal Comune, proprio per questo specifico servizio. Il suo incarico era, beninteso, rigorosamente affidato per diritto ereditario e consisteva nel pettinare ,di volta in volta, la parrucca dell’Angelo, appena un capello fosse andato accidentalmente fuori posto, in modo che la statua si presentasse sempre in perfetto ordine. Questa veniva quindi esposta sul sagrato, dinanzi alla porta del tempio, per impetrare la tanto sospirata pioggia oppure il bel tempo, a seconda del bisogno. A questo punto, iniziavano i riti propiziatori. E se il tempo continuava a fare le bizze e non cambiava? Beh, in quel caso il popolo aveva sempre a disposizione due possibili capri espiatori con cui prendersela: o il curato, reo di aver sbagliato la scelta dell’abito che aveva fatto indossare alla statua, oppure il parrucchiere, per la ciocca di capelli della parrucca che, per un improvviso colpo di vento, era magari andata fuori posto! Questa pratica alto-medioevale, andò avanti immutata fino a circa metà dell’Ottocento!
Come strada, Santa Maria Segreta, ricorda qualcosa …
Santa Maria Segreta non è però solo conosciuta per la sua chiesa traslocata, come visto sopra, all’inizio del secolo scorso, ma, reminiscenze scolastiche, mi portano indietro negli anni, ai tempi ormai lontani, in cui a scuola gli insegnanti facevano studiare a memoria interi brani dei Promessi Sposi. Chi, non è più giovanissimo sicuramente ricorderà:
Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e golfi a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi ad un tratto, a restringersi a prendere corso e figura di fiume ….…
Da I Promessi Sposi – Cap. I – Alessandro Manzoni
La rivolta del pane
La digressione su questo romanzo, che, per i fatti ivi descritti, ha una valenza storica, essendo realmente accaduti, mi porta a ricordare, il famoso episodio della rivolta del pane di quel 11 novembre 1628 chiamata anche il tumulto di San Martino (capitoli XII e XIII del romanzo) ove la folla, inferocita per il proibitivo aumento del prezzo del pane, stava andando a stanare a casa sua, il Vicario di provvisione per fargliela pagare cara, in quanto reo, secondo loro, di quell’aumento spropositato. Dove abita il Vicario? Proprio in un palazzo signorile all’inizio di Santa Maria Segreta!
I FATTI
Una Giunta nominata dal governatore don Gonzalo, riunitasi d’urgenza il 10 novembre, aveva decretato un aumento delle quotazioni del pane. Il giorno successivo, la folla era insorta e aveva distrutto il Prestino di Porta Orientale. In seguito si era spostata al forno del Cordusio e presso Santa Maria Segreta, alla casa del Vicario di Provvisione Lodovico Melzi, ritenuto responsabile della carestia, e sostenitore dei fornai. La sua casa che era stata presa d’assalto, era stata naturalmente danneggiata.
Un altro fatto clamoroso, 11 anni prima
Questo Vicario che, come si è visto non brillava per simpatia, si era già fatto notare, in precedenza, per un altro evento che lo aveva messo in una luce ‘sinistra’.
Nella stessa casa dell’inviso Lodovico Melzi in Santa Maria Segreta, abitava pure Luigi, l’anziano padre dell’odiato Vicario di provvisione, una persona amabile molto in vista ed influente ,essendo stato, per molti anni, senatore del Ducato di Milano …. Ebbene, sia lui che il malvisto figlio, undici anni prima (cioè nel 1617), erano stati coinvolti, insieme ad altri nomi illustri, in un episodio davvero incredibile che, per la sua assurdità, vale davvero la pena di raccontare.
Una vicenda paradossale
Le cronache locali riportano che, all’apice della strada, (all‘epoca non esisteva la numerazione per le case), in Contrada Santa Maria Segreta, abitava il nobile Luigi Melzi (1554 – 1629), senatore del Ducato di Milano.
PRECISAZIONI SUL COGNOME DELLA FAMIGLIA MELZI
(I fatti di questa vicenda si riferiscono agli anni 1616 – 1617)
Relativamente a Luigi Melzi, patrizio milanese, il cui nome compare in questa storia, il 30 dicembre 1619, venne creato appositamente per lui, il titolo di conte di Magenta.
Gaspare, ottavo conte di Magenta, nel 1750, sposò Maria Teresa d’Eril, figlia ed erede del marchese di Fuente Sagrada, e i discendenti, da allora, adottarono il doppio cognome di Melzi d’Eril.
Francesco Melzi d’Eril, nono conte, divenne vicepresidente della Repubblica Italiana sotto Napoleone Bonaparte nel 1802, e gran cancelliere del Regno d’Italia nel 1805.
In quella casa, accadde un fatto di cronaca, che fece, ai tempi, molto scalpore soprattutto per l’importanza e la fama dei personaggi coinvolti: esponenti sia della famiglia Melzi, in anni di grande ostentazione sociale, sia di alcuni dei più eminenti medici e studiosi dell’epoca, quali Lodovico Settala e Giovanni Battista Selvatico, fisici collegiati.
La vicenda sfociò in un processo che, come infiniti altri, sarebbe finito nel dimenticatoio per sempre, se non fosse stato proprio per la notorietà del soggetto. Al senatore Melzi, era stata consegnata infatti, probabilmente per uso personale, una copia degli atti giudiziari che riguardavano, la sua persona, redatta dai notai incaricati della verbalizzazione, copia tanto più preziosa, in quanto, essendo stata trovata nella biblioteca personale dei Melzi, riuscì a scampare indenne al rogo volutamente appiccato all’archivio dell’Inquisizione milanese nel 1788, per cancellare le tracce delle nefandezze compiute nel corso dei secoli passati. La vicenda del processo è pure citata (senza nomi), da Alessandro Manzoni nel capitolo XXXI de I Promessi Sposi.
DA CRONACA DI MILANO DEL 3 GIUGNO 1788:
Nel cortile del convento di S. Maria delle Grazie vengono bruciate, tra il 3 giugno e il mese di agosto 1788, tutte le carte dell’Inquisizione milanese. Andavano dal 1314 al 1764, (quattrocentocinquant’anni di condanne a morte).
Il processo fu intentato il 26 dicembre 1616 da Lodovico Melzi (il famoso Vicario di provvisione) e dalle sorelle monache Margherita e Faustina, contro la domestica di famiglia, tale Caterina Medici, da loro accusata di maleficio a carico del padre Luigi, sofferente da qualche tempo, di disturbi gastrici.
In realtà il motivo di tutta questa assurda cattiveria nei confronti della quarantatreenne Caterina Medici da Broni, era un modo come un altro, per cercare di cacciarla da casa. Essendo Caterina un soggetto presumibilmente piuttosto piacente, i figli del senatore Luigi Melzi, si erano resi conto che il loro padre, allora sessantaduenne, si era realmente invaghito di lei. Considerata la grande differenza sociale tra i due, (lui senatore, lei una domestica), avevano tentato in tutti i modi di convincere il padre ,che la donna lo avesse sedotto con “arti magiche”.
Caterina, (di Broni) già dal 1612, si era trasferita a Milano, per lavorare come domestica prestando servizio presso diverse famiglie dell’alta borghesia locale. Era stata pure in casa di un pezzo grosso, un certo Vacallo, Capitano di Giustizia del Ducato. A dire il vero, era durata poco a servizio da lui. Il capitano se l’era presa con lei, adducendo a giustificazione del licenziamento della giovane, il fatto di essere stato vittima di un incantesimo amoroso, ordito proprio dalla Medici, volto a farlo cedere dinanzi alle avances di una delle sue altre domestiche, tale Caterinetta da Varese, che , pare, si fosse perdutamente innamorata di lui.
Il senatore Luigi Melzi, appartenente ad una delle famiglie più in vista della città meneghina, avuta notizia degli spiacevoli fatti occorsi alla donna nel breve periodo in cui era rimasta in casa Vacallo, il 15 agosto 1616, aveva accolto di buon grado Caterina nella sua dimora perché governasse la sua casa. Fu Varallo stesso che, venuto a conoscenza che Caterina era stata assunta dal senatore, conoscendolo, andò a trovarlo qualche mese dopo, riuscendo a persuaderlo che i mali di stomaco, che da qualche tempo stavano affliggendo il senatore, fossero dovuti alla presenza in casa di quella malefica donna. Accusa questa, sostenuta pure dagli illustri medici Lodovico Settala e Giovanni Battista Selvatico che, non riuscendo a far guarire il paziente, con gli intrugli che gli suggerivano, si erano, pure loro, convinti che quei dolori fossero diretta conseguenza degli effetti di qualche maleficio. Si era, a quei tempi, non scordiamolo, naturalmente agli albori della medicina. .
Caterina, venne accusata quindi, di aver tramato alle spalle di questo suo nuovo padrone, per ottenere, questa volta lei stessa, dei favori sentimentali. La prova inconfutabile? Una testimonianza (non si sa di chi), secondo la quale sarebbero stati ritrovati nei pressi del cuscino solitamente utilizzato dal senatore tre cuori fatti con nodi di filo di refe, usati dalle donne per avvolgervi i capelli. Quadro indiziario questo, non solo discutibile, ma per noi oggi addirittura assolutamente ridicolo! Ma per la Santa Inquisizione, quella rappresentava una prova inequivocabile. La fine a cui Caterina andò incontro, fu davvero tragica: reclusa e torturata fino allo sfinimento, fu illusa che una falsa confessione, con tanto di rivelazione dei nomi delle sue altre presunte complici, le sarebbe valsa la salvezza, nonché il perdono degli enti ecclesiastici. Nulla di più falso naturalmente! La realtà fu ben diversa: dichiarata colpevole di stregoneria, il 31 gennaio 1617, il 4 marzo successivo, venne condotta alla Vetra, su un carro, sul quale, il suo corpo fu torturato con tenaglie roventi, e, in loco, venne strangolata e successivamente arsa su una baltresca, cioè un palco, innalzato per la prima volta, proprio per quella occasione, perchè ilpubblico potesse vedere meglio il supplizio.
L’avvenuta esecuzione della condanna della Medici, venne annotata nel Registro de’ giustiziati nella nobilissima scuola di San Giovanni Decollato detto alle Case Rotte dall’anno MCDLXXI in avanti (cioé dal 1471 al 1764).
«1617. Adì 4 marzo. Giustizia fatta su la Vetra; fu abbruggiata una Cattarina de Medici p. Strega, la quale aveva malefiziato il Senatore Melzi; et fu fatto una Baltresca sopra la Casotta; fu str[angolata su la detta Baltresca all’atto, che og’uno poteva vedere, e prima fu menata sopra un carro, et tenagliata. Sotto l’Off.o del Sig.r Capit.o di Giust.a; questa fu la prima volta che si facesse la Baldresca.»
Della sua struggente storia, a lungo rimasta nel dimenticatoio, non rimase che qualche sparuto documento. Poche, asettiche, crudeli righe che ne sancivano la malvagità e la “giusta” sorte. E dei suoi carnefici, una immeritata gloria, da purificatori dell’eresia.
Inutile dire che subito dopo la morte straziante di quella poveretta, il senatore guarì come per incanto, dai suoi ricorrenti dolori di stomaco, tanto è vero che morì di vecchiaia ben 12 anni più tardi, il 16 luglio 1629, otto mesi dopo dopo la famosa rivolta del pane. Aveva settantacinque anni!
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Note:
Indirizzo:
Chiesa Santa Maria Segreta
via G. B. Bazzoni 2 (piazza Tommaseo) – 20123 Milano
Come arrivare:
Metropolitana MM1 (Linea rossa) – fermata: Conciliazione
La Chiesa è aperta tutti i giorni dalle 7.30 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 19.45
Visite
Le visite sono su appuntamento.
Si prega di scrivere a : segreteria@santamariasegreta.it
Orari della Segreteria:
lunedì, martedì, mercoledì: 16.30-18.30
venerdì: 9.00-12.00
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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