La Torre Civica
Sommario
ToggleE’ quella torre, oggi inglobata nel palazzo dei Giureconsulti, lungo l’attuale via Mercanti, esattamente di fronte al Palazzo della Ragione. Il basamento della Torre Civica è particolare, avendo una nicchia che ospita dal 1833, la statua raffigurante un improbabile Sant’Ambrogio vestito alla romana. La voce popolare lo battezzò subito “Sant Ambroeus cunt i tètt” … data la convinzione, si trattasse di una statua ‘riciclata’. Ma su questa storiella divertente, tornerò fra poco.
La Torre non dimostra assolutamente i suoi 748 anni! Effettivamente risale nientemeno che al 1272! E fin da subito, divenne Torre civica, simbolo del potere comunale.
La Torre civica. laddove presente, è legata alla vita civile di una città. Le sue campane sono destinate a scandire i momenti della vita quotidiana civile. Si differenzia dal campanile solo perchè quest’ultimo, oltre alla scansione delle ore della giornata, essendo abbinato sempre ad una chiesa, è strettamente legato alla vita religiosa. cioè i rintocchi delle sue campane, richiamano il popolo per la celebrazione di cerimonie religiose.
Nel basso medioevo, le torri civiche si diffusero ovunque ci fosse un governo comunale. Normalmente, erano più alte o imponenti delle altre torri eventualmente presenti in città, e stavano a sottolineare la superiorità del governo comunale sui palazzi nobiliari dei più facoltosi cittadini del posto. Queste torri, ebbero un ruolo importante nella vita cittadina e divennero, ben presto, monumento simbolo anche della potenza economica e militare delle città: quanto più alta era la torre civica, tanto più potente era la sua città. Tali costruzioni, si possono vedere ancora oggi, in quasi tutta l’Italia del centro e del nord, come pure nel resto dell’Europa centrosettentrionale, laddove ebbe modo di diffondersi, in quel periodo storico, la forma di governo civico cittadino.
1233 – Milano aveva già la sua torre civica
Agli inizi del XIII sec., Milano, naturalmente, non fu da meno delle altre città comunali, a dotarsi di una torre civica. A dire il vero, se la trovò casualmente già pronta, nel corso dell’acquisizione delle costruzioni esistenti nell’area in cui, secondo il progetto elaborato, si era previsto la costruzione del Broletto e della nuova cittadella municipale. Si trattava della antica torre dei Faroldi, una torre che, al momento della decisione di demolire la casa-fortino dell’antica famiglia nobile locale e le altre costruzioni intorno, fu preservata dall’abbattimento, ancora per una quarantina d’anni, visto che la sua presenza non disturbava la costruzione nuovo Palazzo della Ragione. Così, avendo anche le campane, assolse alla funzione di torre civica provvisoria.
Nel 1270 circa, costruirono sul lato nord della Piazza del Broletto Nuovo un palazzo per conto della Credenza di Sant’Ambrogio, noto anche come palazzo di Napo Torriani, allora, centro del potere guelfo della famiglia nobile dei Della Torre.
La Credenza di Sant’Ambrogio era un’associazione di membri delle classi borghesi e popolari (in prevalenza artigiani e bottegai), fondata nel 1198, per la tutela dei diritti di quella classe lavoratrice Era conosciuta come espressione del popolo mercantile, ma di fatto era guidata dalla classe capitaneale: il suo capo era detto “Capitano del popolo”, carica ricoperta inizialmente da Dando Marcellino, podestà di Genova.
Dal cronista milanese Galvano Fiamma (1283-1344), si apprende che essa aveva la sua più antica sede in una casa munita di una torre che era prima della famiglia Bottazzi e che, secondo le ricerche fatte dallo storico Giorgio Giulini (1717-1780), era situata in parrocchia di S. Galdino, all’angolo delle vie dette appresso del Rebecchino e dei Mercanti d’oro. [rif. Treccani]
Fino ad allora, il potere comunale cittadino, era stato appannaggio esclusivo dell’aristocratico commune militum, (capitanei, valvassori e cives) .
Nei primi decenni del Duecento, la Credenza di Sant’Ambrogio assurse alla cogestione del potere comunale con la classe aristocratica dominante e cominciarono, fin da subito, a nascere i problemi. Inizialmente solo scaramucce verbali fra i consoli rappresentanti di classi sociali così diverse. Successivamente, si scatenarono vere lotte di popolo tese a tutelare i propri diritti, contro le classi più abbienti che, cercavano di difendere i privilegi acquisiti negli anni. Ci fu quindi una lunga serie di battaglie che culminarono, nel 1225, con la vittoria della Credenza ed il decisivo ridimensionamento del potere dei capitanei.
Quale conseguenza di questa vittoria, anni dopo, la Credenza decise di creare la nuova sede proprio di fronte al Palazzo della Ragione, all’interno della cittadella municipale, quasi a voler rimarcare l’antagonismo col potere aristocratico e a controllarsi l’un l’altro da vicino.
Ormai in crisi, nel 1240, la fazione nobiliare subì una scissione guidata da Pagano della Torre, il quale confluendo nella Credenza di Sant’Ambrogio venne, dalla stessa, nominato podestà. Il della Torre governò la città fino alla sua morte avvenuta il 6 gennaio 1241. Da allora, con la successiva nomina di Martino della Torre, nipote di Pagano ad “anziano” della Credenza i Della Torre instaurarono, a Milano, la prima forma di governo signorile.
1272 – Il passaggio di testimone alla nuova Torre Civica
Nel 1272, Napo Torriani, (Napoleone Della Torre), succeduto nella carica, alla morte di Martino, aveva cominciato ad apportare migliorie in città. Fece lastricare le strade di accesso alla piazza del Broletto, e ordinò la costruzione di una Torre come simbolo di potere, a fianco del nuovo palazzo della Credenza.
Poiché in cima alla nuova Torre era stata collocata la “Zavataria”, (una doppia campana chiamata così, perchè regalata alla cittadinanza, dal podestà Zavatario della Strada, alla fine del suo incarico nel 1263), la nuova costruzione era in grado di assolvere alle stesse funzioni di torre civica, svolte fino ad allora dall’antica torre dei Faroldi, ormai malandata, che infatti, quello stesso anno, venne demolita.
A cosa servivano la torre e le campane?
Le sue campane notificavano al popolo particolari eventi della vita quotidiana in città. Ad esempio, l’apertura delle porte dei vari sestieri (al levar del sole) e la loro chiusura alla sera, all’ora del coprifuoco (al tramonto). Diversamente, il suono delle campane poteva enfatizzare eventi speciali, come l’annuncio di vittorie, il saluto della città all’arrivo di un ospite illustre. la presenza di un incendio o ancora l’ accompagnamento, con mesti ritocchi, degli ultimi momenti di vita di un condannato a morte.
La Torre Civica non scandiva le ore della giornata. Questo compito era lasciato ai campanili delle numerosissime chiese presenti in città.
Inizialmente, in assenza di orologi meccanici. ci si affidava alle meridiane cioè all’ora solare la cui durata variava a seconda della stagione.
Nel Medioevo, si calcolava il tempo in maniera molto diversa da come siamo abituati oggi. La durata delle ore, all’epoca, non era esattamente regolare, ogni 60 minuti: capitava infatti che in estate un’ora diurna superasse i 75 minuti, a fronte di ore notturne di appena 35 minuti… Tutto questo, perché il dì e la notte erano divisi in 12 ore ciascuno. Il giorno iniziava al sorgere e finiva al calar del sole. Pertanto d’estate la durata delle ore diurne si dilatava, mentre d’inverno si restringeva, dilatandosi invece quello delle ore notturne. La durata di ogni ‘hora’ variava con la stagione.
All’esterno della Torre Civica si issava un gabbione di ferro destinato ai nemici della patria o chi si era macchiato di qualche delitto particolarmente odioso. I malcapitati venivano lasciati morire d’inedia, alla vista di tutti, sotto le intemperie, il gelo o il sole cocente, supplizi questi che potevano durare a lungo (intere settimane). Chiaramente il gabbione voleva essere un deterrente anticrimine. un monito per i ‘ben pensanti’, un modo, indubbiamente efficace, per indurre la gente, al rispetto delle leggi.
La decadenza della Signoria dei Torriani
Nel 1276, Milano fu teatro di violenti scontri dovuti all’ esasperazione della gente già salassata di tasse per sostenere le guerricciole dei Torriani, che miravano al controllo di gran parte del Nord Italia. Nel caso specifico, la goccia che fece traboccare il vaso, fu l’annuncio del ‘fodro’, che venne giustamente interpretato dal popolo, come ulteriore balzello. Bastò questo annuncio a scatenare una sommossa in armi, che Napo Torriani represse nel sangue.
‘fodro’ era il diritto degli ufficiali pubblici e del Signore, quando andavano in missione, di farsi dare gratuitamente dalla popolazione foraggio e biada per i cavalli.
Questo futile evento segnò l’inizio della fine della reggenza della famiglia Della Torre sulla città di Milano. La battaglia di Desio del 1277, vide infatti il prevalere dei Visconti (ghibellini) sull’opposta fazione dei Torriani (guelfi). Napo, catturato, e imprigionato al Castel Baradello di Como, fu rinchiuso per diciotto mesi, fino alla morte, in una gabbia di ferro appesa alle mura esterne della torre del Castello di Como.
La caduta dei Torriani provocò la progressiva decadenza della Credenza che si estinse definitivamente nel 1299.
Per altri duecentocinquant’anni, da allora, la Torre Civica continuò a scandire la vita civile della città.
Anni 1560 – 1610
Papa Pio IV, al secolo Giovanni Angelo Medici, (lo zio di Carlo Borromeo) sponsorizzò nel 1560, con una somma di 5000 scudi, la creazione di una sede ove poter formare i nuovi amministratori pubblici dello Stato. La scelta ricadde sul vecchio palazzo della Credenza, da tempo in disuso., da ristrutturare completamente, oltre alla costruzione di un’ala nuova. Quest’ultima, inglobando l’antica Torre Civica, avrebbe sostituito le vecchie case dei Notai. Nel nuovo palazzo, avrebbe avuto la sua sede il Collegio dei Nobili Dottori (una sede di potere).
Esaminando il primo progetto del Seregni, si può notare, alla destra della nuova costruzione in stile manierista, la torre civica e gli edifici dei notai, come dovevano essere ai tempi.
Nel 1562, Vincenzo Seregni, direttore della Veneranda Fabbrica del Duomo, iniziò la costruzione il nuovo palazzo dei Giureconsulti, a progetto ben lungi da essere quello definitivo.
Tra richieste di implementazioni e modifiche varie, riuscì, a lavori già iniziati, a stendere il progetto definitivo appena nel 1568. Il palazzo avrebbe occupato l’intero lato nord della vecchia piazza dei Mercanti (oggi, via Mercanti), inglobando, a metà della sua facciata, l’antica Torre Civica.
La costruzione comunque andò molto per le lunghe anche a causa dello scoppio di due epidemie di peste (1575 e 1630). Per il completamento del palazzo, si dovettero attendere quasi 100 anni. La sua inaugurazione avvenne verso la metà del ‘600 e l’edificio divenne sede della scuola per i “burocrati” di Stato di allora.
Pur mantenendo la struttura originaria, la torre venne consolidata, esteticamente abbellita e totalmente integrata nello stile manierista della facciata del palazzo.
Sotto la ‘Zavataria’, il Seregni fece collocare un orologio, mentre, in una grande nicchia, sul basamento della torre, venne inizialmente posata, la statua della dea della Giustizia , a simboleggiare la vocazione del luogo, deputato, con i suoi tribunali, all’esercizio della giustizia sia in campo civile che penale.
Le dicerie maligne sulla statua ‘riciclata‘
1611 – La dea della Giustizia diventò Filippo II
Ed è intorno alla sorte di questa statua che ci fu tutto un fiorire di dicerie spesso divertenti. Tutto nacque il giorno in cui, nel 1611, i milanesi si accorsero che la statua della dea aveva cambiato brutalmente i connotati. Era stata sostituita da un’altra statua simile, ma raffigurante la burbera figura del re Filippo II di Spagna, allegoria della Prudenza, (opera dello scultore Andrea Biffi).
Questo fatto creò, comprensibilmente, molto scalpore, non per il soggetto in sé, legittimo peraltro (essendo stato duca di Milano dal 1540 fino alla sua morte nel 1598), quanto per la rapidità con cui la nuova statua, prese il posto della precedente. Poichè non si riteneva possibile che per la realizzazione della nuova statua fosse sufficiente così poco tempo dalla data dell’ordine, cominciarono a serpeggiare voci di un sicuro riciclaggio della statua della dea della Giustizia. Voci di popolo ovviamente … ma insistenti al punto che i più maliziosi, soffermandosi a guardarla, a parte la testa, ovviamente diversa, riuscivano a vedere, sotto quell’ampia tunica, le tracce mascherate delle fattezze inequivocabilmente femminili della dea della Giustizia! Probabilmente tanta fantasia … e dire che la statua doveva essere riuscita bene …. se addirittura ne parlò il Manzoni, nei Promessi Sposi, per bocca di Renzo, nel suo primo viaggio a Milano
…… ‘quel viso serio, burbero, accipigliato, e non dico abbastanza, di don Filippo II, che, anche dal marmo, imponeva un non so che di rispetto, e, con quel braccio teso, pareva che fosse lì per dire: ora vengo io, marmaglia’.
1797 – Filippo II diventò Marco Giunio Bruto
Passarono altri centosettant’anni (1797) e un bel giorno, al posto di Filippo II, nella stessa nicchia, ecco comparire, con un cipiglio totalmente diverso ed un pugnale al posto dello scettro, la figura di Marco Giunio Bruto, uno dei congiurati che assassinarono Giulio Cesare.
Che c’entrava Marco Giunio Bruto con Milano? Assolutamente nulla, ma simbolicamente rappresentava l’anelito di libertà contro la tirannide … l’eco della presa della Bastiglia… e infatti siamo negli anni della costituzione della Repubblica Cisalpina.
Come documentò sempre il Manzoni, nei Promessi Sposi, questa nuova statua non ebbe vita lunga: durò in quella nicchia, ai piedi della torre, al massimo un paio d’anni, poi … nel 1799, fu ‘tirata giù’ di forza, dopo l’arrivo degli austro-russi, da qualcuno che doveva avercela con Marco Bruto … evidentemente altri ideali politici …. Venne semidistrutta, trascinata in giro per la città, seminando pezzi ovunque … mani, braccia, piedi, testa … il busto, integro, venne scaraventato chissà dove …
1833 – La statua di Sant’Ambrogio: non andò tutto liscio …
Poi, dopo più di trent’anni da quando la nicchia era rimasta vuota, ecco comparire, nel 1833, una nuova statua di Sant’Ambrogio, il patrono di Milano (quella che si vede oggi).
Cronache dell’epoca riferiscono che fosse stata donata alla città, da un certo Giuseppe Fossani, che l’aveva recuperata da qualche parte …. Il restauro della statua era stato affidato ad un giovane scultore (33 anni), tale Luigi Scorzini …. evidentemente allora, non ancora affermato. Fatti i lavori, un fortuito incidente durante il trasporto della statua dal laboratorio dello scultore alla Torre Civica , tranciò di netto la mano destra che, finìta a terra, si frantumò in mille pezzi. Rifatta la mano “alla bell’e meglio”, e riattaccata al braccio, la statua finalmente arrivò intera a destinazione nella allora, piazza dei Mercanti. Non era ancora finita! Al momento di posarla nella nicchia semicircolare, non vi entrava, avendo la statua una base quadrata …. Insomma anche la sua collocazione fu problematica !
Ma perché la chiamano ancora oggi “Sant Ambroeus cunt i tètt” (Sant’Ambrogio con le tette)?
La statua di Marco Bruto andò distrutta, ma …. il suo busto si salvò, e, a detta dei maligni, questo è sempre quello della dea della Giustizia, abilmente camuffato sotto le generose pieghe di quella ampia tunica per alimentare ad arte le fantasie malate e perverse di chi voleva trovare, ad ogni costo, motivo di scandalo.
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
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