Tristano Sforza: cosa non si fa per un fratello!
Sommario
TogglePremessa
A fine Medioevo, inizio Rinascimento, la necessità di mantenere la stabilità politica territoriale, induceva Re, Principi, Duchi, Marchesi a stringere patti di alleanza politico-militare con i vicini, a garanzia di non belligeranza. Non sempre, questo era sufficiente: bastava che morisse il Signore di turno e ne subentrasse uno nuovo, che i patti precedentemente stipulati, rischiavano di essere annullati. Per cui, per cementare ulteriormente gli accordi presi, una pratica molto comune, era quella della “promessa d’apparentamento“. I due signori, per mera convenienza personale, concordavano, alla presenza di testimoni, un contratto d’apparentamento fra i rispettivi figli ancora in tenera età, matrimonio che si sarebbe concretizzato anni dopo, quando la ragazza sarebbe stata in età da marito.
Pratica comune, soprattutto fra i potenti, era anche quella del cosiddetto matrimonio per procura, da noi oggi vietato, o comunque limitato a casi particolari e ben circostanziati.
Il matrimonio per procura è un atto in cui uno o entrambi gli individui che si uniscono in matrimonio, non sono fisicamente presenti durante la cerimonia, ma sono rappresentati da altre persone. In assenza di entrambi i partner si verifica il doppio matrimonio per procura.
Il matrimonio per procura è celebrato di solito quando una coppia desidera sposarsi, ma uno o entrambi i nubendi non possono partecipare per motivi quali il servizio militare, la reclusione o le restrizioni di viaggio; oppure quando una coppia vive in una giurisdizione in cui non può sposarsi legalmente. [ rif. Wikipedia ]
Uno dei rampolli della casata degli Sforza, un certo Tristano, passò alla storia per un episodio curioso.
Il fatto
Siamo nel 1468. Francesco Sforza, Duca di Milano, era morto da due anni. Al suo posto il nuovo Duca era il primo figlio maschio legittimo, Galeazzo Maria avuto da Bianca Maria Visconti, terza moglie di Francesco.
Il padre, quando lui aveva appena compiuto 6 anni, l’aveva promesso in matrimonio a Susanna, figlia di Ludovico III Gonzaga, per consolidare con il marchese di Mantova, un patto di alleanza militare. Il discorso poi, andato a monte a causa di una deformità della ragazza, avrebbe dovuto concretizzarsi con la sorella di lei, Dorotea. Ma andò male anche con lei perché, in attesa che raggiungesse l’età del matrimonio, Francesco aveva trovato per il figlio, un partito più ambizioso per non dire, prestigioso, rispetto a quello con i Gonzaga. Si trattava di Bona di Savoia. Un apparentamento con Casa Savoia avrebbe significato automaticamente un rapporto privilegiato con la Francia, visto che Bona di Savoia era la cognata del re di Francia Luigi XI. Svincolatosi in qualche modo, dal contratto stipulato con i Gonzaga, entrò in trattative col re di Francia per garantire al figlio maggior lustro, sposando Bona. La morte di Francesco Sforza bloccò le trattative per l’accordo di matrimonio del figlio Galeazzo Maria con la cognata del re, che erano già in via di definizione.
Bona, sedicesima di diciannove figli di Anna da Cipro e Ludovico di Savoia, rimasta orfana della madre nel 1462, quando aveva 13 anni, era cresciuta, da allora, alla corte del cognato Luigi XI.
(Il re di Francia aveva sposato Carlotta, una delle sorelle maggiori di Bona)
Le trattative per il matrimonio ripresero poi con Tristano, il più anziano degli oltre trenta figli naturali che Francesco Sforza aveva avuto con le sue varie favorite nelle relazioni extra-coniugali.
Morendo, il padre aveva affidato a lui, proprio perchè il più anziano , il compito di concludere con la Corte francese, il contratto matrimoniale per il ventitreenne fratello Duca,(ben 22 anni più giovane di lui).
Per onorare l’impegno assunto col padre in punto di morte, Tristano andò quindi in Francia, per concludere gli ultimi dettagli della trattativa. Si trattava di concordare anzitutto la dote che la sposa avrebbe portato alle casse del Ducato (100.000 ducati d’oro, sborsati in ugual misura sia dallo Stato francese, che da Casa Savoia), in secondo luogo, l’appannaggio annuo per le spese spicciole della futura Duchessa (15.000 ducati d’oro) ed infine, la data dell’arrivo della sposa a Milano, in modo da poter organizzare, alla presenza di tutti gli ambasciatori, il matrimonio del Duca, in pompa magna. Definiti questi ultimi aspetti, non restava che firmare il contratto matrimoniale fra Bona e Galeazzo Maria, rimasto a Milano per impegni istituzionali improrogabili. Si trattava, in definitiva, di apporre per conto del fratello, una semplice firma su alcuni documenti. Fatto questo, sarebbe rientrato subito a Milano, per altri impegni che lo attendevano. Mai avrebbe sospettato che la firma di quei contratti, in Francia, venisse intesa come l’accettazione di un ‘matrimonio per procura‘, e che quindi, la cosa prevedesse tutta una serie di conseguenze.
Secondo la consuetudine della Corte francese infatti, il matrimonio per procura, a differenza che altrove, richiedeva, a corollario della firma per procura, un vero e proprio rito, inteso a simulare il matrimonio vero. Era praticamente una sorta di rappresentazione teatrale, ispirata al simbolico realismo di una cerimonia nuziale. Evento questo, che, proprio perché a corte, si svolse con i fasti previsti per un matrimonio reale, con tanto di invitati, il 10 maggio 1468 nel Chateau d’Amboise, residenza prediletta del sovrano.
Si iniziò anzitutto con la cerimonia religiosa nella cappella del Castello, con tanto di messa officiata dal cardinale, la sposa in abito bianco tempestato di diamanti, accompagnata all’altare dal re, suo cognato. Tristano, poverino, comprensibilmente imbarazzato, si trovò a questo punto, costretto a presenziare alla cerimonia imposta dal protocollo di Corte. Facendo buon viso a cattivo gioco, dovette assumere le veci dello sposo, attendendo la futura cognata, mai vista prima, ai piedi dell’altare della Cappella. Esattamente come in un vero matrimonio in chiesa, seguì lo scambio degli anelli, come se lui fosse il vero sposo. Poi, altro momento di palese ‘imbarazzo, quando il cardinale invitò la sposa a baciare lo sposo. Lei, spigliata, la prese allegramente, lui un po’ meno, impacciato, anche perchè sposato (con Beatrice d’Este (1427 – 1497) , la figlia di Nicolò III d’Este) …
Finita finalmente la cerimonia farsa, poteva mancare il classico interminabile banchetto? Naturalmente no! Per lui, l’unico lato che avrebbe potuto essere piacevole in questa faccenda, era che lei era davvero bellissima, come effettivamente tutti asserivano, però …. i due erano dei perfetti estranei che, il caso aveva voluto, s’incontrassero per questa farsa e non era scattata naturalmente alcuna scintilla (per lo meno da parte di Tristano)! Era quindi difficile riuscire a simulare per ore, per due che non si conoscono affatto, la classica intesa degli sposini innamorati, davanti agli invitati, pronti a marcare, magari con un applauso, ogni loro minimo sguardo languido o gesto confidenziale. Lui, oltre tutto, era un vecchio rispetto a lei, e avrebbe potuto tranquillamente essere suo padre! Tristano aveva ben quarantacinque anni suonati, mentre Bona di Savoia, ne aveva solo diciotto! Insomma, un’autentica farsa! L’uno vicino all’altra, mano nella mano, col sorrisetto di circostanza stampato sul viso, per tutta la durata dell’infinito banchetto, tentando di dimostrare davanti a tutti, un’improbabile, affettuosa intesa.
Ma non era finito tutto lì, con quel banchetto. Il bello sarebbe dovuto ancora venire! Il protocollo imponeva infatti che il matrimonio, anche se per procura, dovesse essere consumato da colui che rappresentava il vero sposo!
Quando, salutati gli invitati, gli sposi si trasferirono negli appartamenti reali messi a loro disposizione, Tristano presentò a Bona lo scrigno con i gioielli, che Galeazzo Maria gli aveva affidato, perché glieli consegnasse, come dono da parte sua. “Dulcis in fundo“, i due ‘neo-sposini’ vennero accompagnati nella sontuosa camera da letto reale, approntata appositamente per loro!
Già, in condizioni normali, fra due sposi ‘autentici’, la cosa sarebbe stata imbarazzantissima, poiché il protocollo di Corte imponeva, per i soggetti di rango, la presenza ingombrante di ‘testimoni oculari’ che certificassero che il matrimonio era stato effettivamente consumato.
In questo caso particolare, pur trattandosi solo di una simulazione teatrale, era imbarazzante comunque, anzitutto perchè bisognava spogliarsi in pubblico, e poi perché a presenziarvi, c’era il re in persona, oltre a vari funzionari di Corte, come da prassi.
I due, dopo qualche reticenza, si distesero pertanto sul letto matrimoniale a baldacchino, prudentemente appena discosti l’uno dall’altro e bene in vista, sopra le coperte.
L’imbarazzo, ovviamente, era alle stelle! Non tanto per lei, che la prese con allegria, sportivamente, come fosse un gioco, quanto per lui, che non aveva previsto tutta questa pantomima e, quello che è ancora peggio, non era per nulla interessato a lei. “Dovette toccare con la sua gamba nuda, quella nuda di lei, ginocchio contro ginocchio”, insomma, tutto lì, nulla di eclatante, ma il gesto, di per sé, serviva a rappresentare, davanti ai presenti, in quel caso particolare, la consumazione del matrimonio.
Tornato a Milano, Tristano “dovette” raccontare al fratello come erano andate effettivamente le cose, temendo che s’infuriasse con lui perché geloso. Per lui che aveva vissuto quell’esperienza in prima persona, era stato un trauma scioccante, ma raccontata la cosa a posteriori, tutto sommato era da prendersi con una grande risata. Anche il Duca ne fu molto divertito e a dispetto di quanto Tristano si aspettasse, e non sembrò per nulla geloso.
Le sghignazzate di Galeazzo Maria erano peraltro, del tutto giustificate. Conoscendo bene le tendenze di suo fratello e ascoltando il suo racconto, il Duca “s’immaginava perfettamente” la scena e l’imbarazzo che Tristano doveva aver provato …. Sarebbe stato sicuramente molto diverso, indubbiamente più piacevole e meno imbarazzante per lui se, a giacere su quello stesso letto, al posto della bellissima futura cognata, ci fosse stato il paggio che sapeva lui ….! E’ vero che Tristano era sposato con Beatrice d’Este, ma aveva “dovuto” farlo solo per compiacere suo padre, ma era altrettanto vero che- da sempre, si era dichiarato omosessuale!
Classe 1941. Laureato in ingegneria elettronica: triestino di nascita, milanese di adozione. L’interesse per la storia, l’arte e la natura, ha sempre destato la mia curiosità e passione, fin da giovane. Ora che non lavoro più, e posso dedicare maggior tempo ai miei hobbies, mi diletto a fare ricerche storiche sulla città, sui suoi costumi, sui suoi monumenti, su come viveva la gente, sugli aneddoti poco noti, sui personaggi che, in vario modo, hanno contribuito a rendere Milano, la città che è oggi, nota in tutto il mondo.
Cosa stai cercando?
Mappe personalizzate di Divina Milano
Scopri curiosità, personaggi e luoghi sulla nostra mappa. Cliccando sulle icone leggi un piccolo riassunto e puoi anche leggere tutto l’articolo.
Il centro
Il Castello